Minima Cardiniana 269/7

Domenica 16 febbraio 2010, Santa Giuliana

IN MEMORIAM
MARCO INVERNIZZI SU GIOVANNI CANTONI
Ho conosciuto Giovanni Cantoni all’inizio degli anni Sessanta, a Firenze: ci presentò un comune amico, Attilio Mordini. In seguito ci siamo visti più volte e parlati spesso, anche a lungo. L’ho sempre sinceramente ritenuto un amico e credo che questi fossero i suoi sentimenti nei miei confronti. Per lungo tempo ci siamo tenuti in contatto attraverso un altro amico comune: il grande, indimenticabile, insostituibile e mai, mai troppo rimpianto Marco Tangheroni.
Con Marco discutemmo a lungo dell’ipotesi che io potessi aderire al sodalizio ch’egli amava e che Cantoni guidava,
Alleanza Cattolica. Decidemmo di comune accordo che ciò sarebbe stato inopportuno: pur sentendo vicini i militanti di quel gruppo, non sottovalutavo i motivi di reciproca esitazione. Forse una differente posizione sul piano ecclesiale; senza dubbio un differente approccio al problema dell’Occidente contemporaneo, per loro apostata e colpevole finché si voglia me pur sempre l’ultimo brandello sia pur adulterato di quel che resta oggi della civiltà cristiana e pertanto da tutelare cercando di migliorarlo dall’interno, secondo me invece irrimediabilmente apostata, anticristiano e prigioniero del più cupo e violento materialismo che la storia abbia mai conosciuto, con l’aggravante di un’apparente libertà religiosa che ne fa un lupo in veste d’agnello; e altresì una diversa posizione rispetto al valore delle religioni non cristiane, in particolare dell’Islam. Ciò non ha mai, da parte mia, provocato un venir meno della disponibilità al confronto sincero e al cordiale colloquio.
Avrei voluto far visita a Giovanni Cantoni, negli ultimi tempi della sua dimora terrena. Ancora una volta, amici comuni mi facevano presente che le circostanze rendevano sconsigliabile e obiettivamente arduo ad effettuarsi un incontro nelle condizioni che si prospettavano. È purtroppo sempre più frequente il fatto che ostacoli di vario genere rendano impossibile l’ultimo saluto a qualche amico sul punto di lasciarci. È una delle esperienze più gravi dell’invecchiare: e lasciano dentro il peso di non riuscir a trovare sufficienti e accettabili giustificazioni.
Non vedo più da molto tempo Marco Invernizzi, ma non ho dimenticato le passate occasioni di collaborazione: spero che non le abbia dimenticate neppure lui. Credo che ciascuno di noi cerchi in buona fede di
bonum certamen certare, e le diversità d’impostazione che ritengo di rilevare tra noi non sono certo tali da farmi ritenere che ormai ciascuno di noi militi nello schieramento opposto all’altro. Accolgo quindi con grande piacere l’invito di un altro amico comune, e ospito un suo ricordo di Cantoni. Spero che da parte sua non gli dispiacerà che il suo nome figuri su una testata come i Minima Cardiniana, dove – se la segue – senza dubbio avrà letto molteplici cose che non gli avranno dato fastidio (o, almeno, spero).

MARCO INVERNIZZI
RICORDO DI GIOVANNI CANTONI
Giovanni Cantoni nasce a Piacenza nel 1938. Nella sua città originaria studia e comincia a lavorare e sempre a Piacenza si sposa con Sabina il primo maggio 1965, nel giorno e nel mese dedicato alla Vergine.
Avranno quattro figli e venti nipoti.
Negli anni Sessanta comincia a “pensare” a quella che sarà Alleanza Cattolica, partendo dalla sua conversione, religiosa e culturale, e dalla constatazione della mancanza in Italia di una formazione cattolica che “tenesse insieme” la fede e la vita, quest’ultima anche nella sua dimensione pubblica, cioè politica.
Nasce così lentamente e progressivamente, senza proclami e senza particolare enfasi, come era nel suo stile, quella “piccola realtà” come amava chiamare l’associazione, che non volle essere un movimento popolare ma una associazione di persone, da formare una per una, nella prospettiva del lungo periodo e non della conquista di una visibilità immediata.
Mentre sorgono in diverse città e paesi d’Italia i primi gruppi di “amici”, come venivano chiamati richiamando il leader delle Amicizie, il venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830), esce il primo numero della rivista Cristianità che Cantoni dirige fino a pochi anni fa, curandola nei minimi particolari oltre che nelle linee direttive.
Alleanza Cattolica copre un vuoto nel panorama del mondo cattolico italiano, ispirandosi a quella scuola contro-rivoluzionaria nata durante la Rivoluzione francese e mettendone in luce l’aspetto epocale, scuola che non era più rappresentata in Italia da molti decenni.
Giovanni Cantoni ha guidato l’associazione fino al 2016 avendo cura di mantenerla fedele alla sua ispirazione originaria di realtà che opera per diffondere la dottrina sociale della Chiesa nella prospettiva della regalità sociale del Signore Gesù e contemporaneamente ha sempre tenuto a che Alleanza Cattolica rimanesse in assoluta comunione con il Magistero pontificio, fedele a tutti i Pontefici e a ogni singolo Papa, “quel prete speciale vestito di bianco” come amava definirlo, al quale doveva andare l’obbedienza e la devozione di tutta l’associazione.
Giovanni Cantoni ci ha insegnato tante cose soprattutto nel campo della dottrina sociale della Chiesa e in quello della filosofia della storia, ma forse quello che più rimane del suo insegnamento riguarda il metodo, lo “stile” con cui ha sempre cercato di formare gli “amici” dell’associazione. Uno stile fatto di apostolato quotidiano, la “routine” come la chiamava, e di una straordinaria umiltà che si manifestava in tante piccole cose, ma estremamente significative, dal cercare sempre figure autorevoli nelle citazioni, da invitarci sempre a cercare gli “esperti” nelle singole materie trattate negli incontri pubblici, nel mettersi al servizio delle varie realtà con cui entravamo in contatto, appunto “per servirle” e non per “servirsene”.
La sua grande testimonianza possa continuare e raccogliere frutti attraverso la nostra militanza: questo credo sia l’impegno che ci dobbiamo assumere come militanti e soci della realtà alla quale ha dedicato e sacrificato la sua vita.
Piacenza, 18 gennaio 2020
Santa Prisca, martire di Roma
(www.alleanzacattolica.org)


BETTINO CRAXI
Non sono mai stato un craxiano (sono sì socialista: ma in un altro modo), non credo che Bettino Craxi fosse un angioletto, le sue sparate proudhoniane e soprattutto garibaldine non mi hanno mai trovato consenziente e la sua allure mussoliniana m’insospettiva, il team (o meglio la “ganga”: i riferimenti a Giusy non sono affatto causali) che lo circondava non mi è mai piaciuto, mi dava fastidio il suo anticlericalismo qua e là riemergente, trovavo che i suoi gusti in materia di signore e signorine compiacenti e/o scollacciate fossero comprensibili, perfino condivisibili, ma non troppo idonei a uno che chiaramente ambiva a proporsi come un leader di qualità – anche perché lo era.
D’altronde (e lo dico anche alla luce dei venti di guerra che stanno spirando oggi sul Mediterraneo, e che l’attuale governo italiano subisce con una leggerezza, un’incoscienza e una viltà davvero riprovevoli), ebbene sì, basterebbe l’episodio di Sigonella a imporlo alla nostra ammirazione e alla nostra gratitudine. Per un attimo, Craxi ci ha fatto di nuovo sentire fieri di essere italiani: sensazione che quelli della mia età (sono del 1940) non hanno quasi mai provato, né prima né dopo quell’episodio. Per il resto, il suo governo ebbe aspetti e momenti felici e la sua proposta politica, condivisibile o meno che fosse, era interessante. Ora, nell’
annum craxianum in corso, il ventennale della sua scomparsa, stanno uscendo valanghe di libri su di lui. Non ho letto tutto: ma, del non poco che ho visto, segnalo volentieri almeno Fabio Martini, Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Rubbettino) e Marcello Sorgi, Presunto colpevole. Gli ultimi giorni di Craxi (Einaudi).
A Firenze, il 22 aprile prossimo, ci sarà un convegno su Bettino Craxi. Alcuni organizzatori mi hanno chiesto di tenervi una relazione che dovrebb’essere un suo breve profilo configurabile come “bilancio storico”. Sono com’è noto un “cane sciolto”, e ritengo che chi ha fatto la scelta d’invitarmi sapesse e sappia che cosa faceva e a che cosa andava incontro. Non garantisco di riuscire a non pestar la coda a nessuno: anzi, farò il possibile per pestarne quante più mi sarà possibile. Grazie comunque a cari amici come Stefania Craxi, Riccardo Nencini e Gianni Bonini (e magari qualche altro che qui non nomino) per avermi offerto l’occasione di rendere omaggio a un politico e a un uomo che, perdinci, era dotato di attributi. Credo che sulla sua tomba, ad Hammamet, varrebbe la pena d’incidere l’epitaffio che papa Gregorio VII dedicò a se stesso: “Dilexi iustitiam, odivi iniquitatem, propterea morior in exilio”. Magari non era vero, ma era ben trovato (a proposito, su Gregorio VII leggetevi il formidabile libro di Glauco Maria Cantarella: l’amico Glauco non è riuscito a smuovermi dalla mia granitica e forse ottusa fedeltà all’imperatore Enrico IV, che Dio lo abbai in gloria, ma quel libro, ve lo assicuro, è una cannonata).

Minima Cardiniana 269/6

Domenica 16 febbraio 2010, Santa Giuliana

BUONE NOTIZIE DALL’IRLANDA
Ogni tanto ci si cava qualche desiderio e si riceve qualche soddisfazione. Quella della vittoria elettorale del Sinn Féin, giratela come volete, è una buona notizia: a che cosa poi porterà, e come le cose si evolveranno, è un altro discorso. Ma godiamocela in pace: evviva san Patrizio, il trifoglio, il whiskey e la Guinness.

DAVID NIERI
VENTI NAZIONALISTI NELLA REPUBBLICA D’IRLANDA
Tutto, probabilmente, è legato ai movimenti tellurici di assestamento scatenati dal terremoto Brexit. Ma il risultato delle elezioni tenutesi lo scorso 8 febbraio per eleggere i membri del Dáil Éireann, ovvero la camera bassa dell’Oireachtas, il Parlamento della Repubblica d’Irlanda, si pone come una chiave di lettura da non sottovalutare in vista di ulteriori scosse. Il quadro politico irlandese, fin dagli anni Trenta, è stato dominato dall’alternanza tra le due formazioni di centro-destra, Fine Gael e Fianna Fáil. Il terzo incomodo dell’ultima tornata si chiama Sinn Féin – “Noi soli” in traduzione italiana –, che non può essere etichettato semplicemente come “partito nazionalista di sinistra”. La sua ascesa vertiginosa – dieci punti percentuali rispetto alle elezioni del 2016 – rappresenta un chiaro segnale di insofferenza, anche se il 24,5% dei consensi (il Fianna Fáil, oggi guidato da Micheál Martin, ha ottenuto il 22,%, mentre il Fine Gael del primo ministro uscente Leo Varadkar un deludente 20,9), in base al sistema elettorale irlandese, non regalano a Sinn Féin un equivalente in numero di seggi: 37 dei 160 a disposizione, mentre Fianna Fáil ne ha ottenuti 38 e Fine Gael 35; ai Verdi andranno invece 12 seggi, ai laburisti e ai socialdemocratici 6.
Sarà, con ogni probabilità, un nuovo e rinnovato governo di coalizione a guidare il paese, con Leo Varadkar ancora in lista per il ruolo di premier. Ma l’esito del voto merita un’analisi più approfondita, soprattutto per meglio comprendere gli umori dell’elettorato.
Sinn Féin ha assunto la forma attuale negli anni Settanta durante la guerra civile in Nordirlanda, appoggiando l’IRA, l’esercito repubblicano, e presentandosi alle elezioni politiche sia in Ulster sia nella Repubblica d’Irlanda. La sua vertiginosa ascesa è una risposta alle politiche di austerità imposte dopo la crisi finanziaria del 2008 – della quale l’Irlanda, più di altri paesi, ha subìto le conseguenze –, che ha causato forti tagli alla spesa sociale. Un paese, dunque, socialmente provato anche se in salute a livello economico e con un tasso di disoccupazione sotto la media europea (4,8%, oltre la metà rispetto a quello italiano). Sarà l’effetto Brexit? La classe media e imprenditoriale è infatti preoccupata per il rischio dazi sulle esportazioni verso il mercato britannico, che ovviamente rappresentano una percentuale elevatissima.
Ma la fascia della popolazione che più ha manifestato il proprio consenso nei confronti di Sinn Féin è quella giovanile (un elettore su tre tra i 18 e i 24 anni). Un dato significativo che tende a rafforzare la richiesta del partito, già formalizzata dalla leader McDonald, di tenere un referendum sull’unificazione dell’isola entro cinque anni. Che sia meglio un’Irlanda riunificata se la Brexit, in fin dei conti, non garantirà quel miglioramento auspicato? Staremo a vedere. Intanto, il premier britannico Boris Johnson ha un’altra gatta da pelare, dopo quella scozzese.

Minima Cardiniana 269/5

Domenica 16 febbraio 2010, Santa Giuliana

UN ALTRO EPISODIO DI LIBERTICIDIO NEL MONDO DELLA SCUOLA
Pubblico un articolo comparso su “Il Giornale”, un quotidiano che ormai da tempo non rispecchia più quasi per nulla le mie posizioni e le mie scelte ma al quale sono sentimentalmente legato: Indro Montanelli mi volle con lui nel 1982 e ci scrissi regolarmente e spesso fino al 1994. D’altronde sono un uomo di mondo e ho fatto il militare a Cuneo: so come vanno certe cose. Temo quindi che le cose siano andate proprio come Sablone le racconta, e in ogni caso sono certo della sua buonafede: ma non posso escludere – non ero presente ai fatti – che alcuni aspetti dell’incresciosa vicenda siano stati taciuti o fraintesi e che quindi le responsabilità di politici e di dirigenti scolastici di Civitanova non siano così pesanti come dall’articolo risulta. Certo che, se le cose stanno così, siamo non solo dinanzi a un intollerabile episodio di scorrettezza e di abuso di potere ma forse addirittura a un episodio configurabile come reato. Qui si è criminalizzato un docente che a casa propria, vale a dire nell’Istituto nel quale insegna, è intervenuto non solo a tutela di quel che a suo giudizio è la verità storica, ma anche in difesa dei suoi studenti, per proteggerli da una manipolazione ideologica che, oltretutto, rischia di compromettere sul suo luogo di lavoro il suo dovere d’insegnante. Che qualcuno, estraneo al mondo della scuola, si permetta di apostrofare in modo ingiurioso e intimidatorio un professionista che, nell’esercizio delle sue funzioni di docente, è anche pubblico ufficiale, è argomento di competenza della Procura della Repubblica.
Esprimo quindi formalmente al collega Matteo Simonetti tutta la mia personale solidarietà e mi metto a sua disposizione nel caso egli voglia reagire a un insulto che, attraverso di lui, è stato diretto alla scuola e a tutti gli insegnanti del nostro paese. Sul piano pubblico e intellettuale non dubito che, a Civitanova o altrove, vi saranno sedi nelle quali sarà possibile organizzare un incontro pubblico sull’accaduto e avverto il collega Simonetti che, ove ciò accedesse, sarei onorato di venir annoverato tra i relatori. Sul piano professionale gli chiedo di precisare l’ammontare dei danni economici ai quali l’ha esposto la scellerata censura comminata dall’Ufficio scolastico regionale in modo che una colletta organizzata tra i colleghi lo risarcisca (l’apro io mettendo a disposizione 500 euri e assumendomi la responsabilità di raccogliere i fondi che perverranno). Sul piano giudiziario esorto il collega a costituirsi parte lesa e a intraprendere tutti i passi che riterrà opportuni per ottenere piena soddisfazione. Sul piano politico esorto i senatori e i deputati eletti nell’area interessante la città di Civitanova ad attivarsi presso competente Ministero affinché sul fatto segnalato da Sablone sia fatta sollecita e piena luce, con esplicita condanna degli eventuali responsabili di un fatto che rappresenta l’ennesimo attacco alla dignità della scuola e alla libertà d’insegnamento nonché, più in generale, di pensiero e di parola.

LUCA SABLONE
PROFESSORE CRITICA L’ANPI: UN MESE DI SOSPENSIONE E STIPENDIO DIMEZZATO
Il docente aveva contestato un incontro a scuola: “Un comizio senza contraddittorio”. Gli studenti si schierano a suo favore: “Questa è una soffocante censura”
Vietato criticare l’Anpi. Su segnalazione dell’Anpi di Civitanova, un docente è stato sanzionato per aver polemizzato contro la presentazione del libro Dopo Mussolini. I processi ai fascisti e ai collaborazionisti dello storico Andrea Martini tenutosi il 28 novembre scorso. Matteo Simonetti, professore di storia e filosofia nella scuola Leonardo Da Vinci, l’aveva etichettato come un “comizio senza contraddittorio”. Ma gli è costato caro: sospensione dall’insegnamento per 30 giorni e decurtazione dello stipendio del 50%. Come riportato da Libero, è questa la decisione intrapresa dalla direzione generale dell’Ufficio scolastico regionale.
L’incontro era riservato ai ragazzi frequentanti le classi quinte. Improvvisamente alcuni di loro avevano iniziato a lasciare l’auditorium, provocando l’irritazione degli organizzatori. Il prof, seccato dalla situazione, aveva espresso la propria posizione al termine del convegno: “Questo è un comizio, un dibattito a senso unico”. Parole che avevano provocato la dura reazione da parte di Pier Paolo Rossi, consigliere del Partito democratico: “Si vergogni, se lei oggi può dire quello che dice è solo perché siamo in democrazia e perché c’è chi ha lottato per ottenerla”.
In difesa del docente si erano schierati gli studenti della classe quinta N del Liceo Da Vinci di Civitanova. A loro nome Mattia Cervellini aveva scritto un posto su Facebook per tentare di ricostruire la vicenda: “Con la riduttiva espressione ‘chiamati a partecipare’ intendo sottolineare che il coinvolgimento di tutte le classi quinte dell’istituto era obbligatorio nonostante non fossero passate le adeguate circolari di preavviso nelle classi”. Un incontro che ha assunto una “evidente piega politica”. Il che ha scatenato “una reazione abbastanza forte da parte degli stessi studenti. Sono stati alcuni di loro infatti, a chiedere ai professori di poter andarsene… Al termine della seconda ora di convegno, erano pochi gli studenti rimasti, tra cui, quelli della mia classe”.

Soffocante censura
Successivamente è arrivato il momento degli interventi. Il prof Simonetti “ha esordito dicendo che coloro che ancora oggi si definiscono fascisti hanno una visione estremamente anacronistica della realtà e sarebbe l’equivalente di definirsi giacobini”. Poi ha ribadito che, davanti a tematiche così delicate, è fondamentale garantire “una pluralità di opinioni e fonti, in linea con un vero approccio storiografico”. Il docente infatti ha affermato che “il valore di una democrazia sta proprio nel garantire la libera espressione del proprio pensiero, trascendendo ogni forma di componente politica”.
Le risposte ricevute sono state però tutt’altro che democratiche: “In una democrazia non tutte le opinioni possono essere accettate”; “Quando si parla di Resistenza non occorre una controparte”. All’uomo hanno tolto il microfono e “contro di lui si è schierato, maleducatamente, uno dei consiglieri comunali di Civitanova. Il docente è stato accusato di non essere degno di insegnare a noi studenti, di catechizzare pericolosamente, mettendo così in dubbio la sua serietà riguardo l’insegnamento”.
In seguito al prepotente comportamento, gli studenti hanno deciso di abbandonare l’auditorium: “Questa reazione decisamente impertinente e arrogante ha catalizzato una risposta da parte di noi studenti, che abbiamo preferito uscire dall’auditorium”. E alcuni ragazzi rimasti hanno sentito ulteriori attacchi provenire dai relatori: “Lei è un fascista e dunque se la prende”; “Nazista”. E in tutto ciò gli studenti sono stati accusati anche di “essere delle marionette, senza la minima capacità peculiare di ragionare”. Il ragazzo ha così concluso il suo post sul vergognoso comportamento tenuto dai relatori (e non solo) nel corso del convegno dell’Anpi: “Grazie a questo però, abbiamo capito quanto sia soffocante la censura, specialmente se giustificata dal buon nome della democrazia”.
(www.ilgiornale.it, 9 febbraio 2020)

Minima Cardiniana 269/4

Domenica 16 febbraio 2010, Santa Giuliana

… E DIFATTI…
A proposito di fake news e di giornalisti (e di politici) in vario modo “comprati”. Ammetto di essere un po’ superstizioso ma, se non altro perché faccio il medievista, ai profeti e alle profezie (a parte i casi biblici) non ho mai prestato troppo ascolto. In genere le profezie, specie quelle “di sventura”, se non sono roba post eventum sono bufale. Ma qualche eccezione c’è. Per esperienza e per molteplici prove raccolte, ho imparato a tener in gran conto le cose che a suo tempo diceva quell’inquietante personaggio ch’era Rol. Ebbene: circola proprio in questi giorni sui blogs la notizia ch’egli non si aspettasse nulla di buono per il periodo da qui al 2025, ch’egli avrebbe indicato come un anno “definitivo” (non chiedetemi in che senso…).
Sul futuro, c’è solo da studiare il presente in modo da poter azzardare qualche previsione plausibile, confidando – lo dico per chi come me è credente – nella misericordia divina. Certo è che, some stiamo vedendo fino dai giorni del ninth eleven 2001 e come stiamo constatando da quando a Washington si è insediato il gangster Chiomarancio, qualcuno sta preparando una nuova guerra. Quando, come, contro chi eccetera non è dato saperlo: ma come diceva il Divo Giulio (Andreotti) a pensar male si fa peccato, ma di solito si coglie nel segno. Rileggetevi, poche righe sopra, la recensione al libro di Ulfkotte, considerate che cosa ci dice qui sotto Manlio Dinucci e provate a ipotizzare chi è che la vuole, questa guerra. Funziona il totalizzatore: ricchi premi e cotillons.

MANLIO DINUCCI
GRECIA. SVENDITA DI BASI MILITARI AGLI STATI UNITI
Il Parlamento greco ha ratificato l’“Accordo di cooperazione per la reciproca difesa”, che concede agli Stati Uniti l’uso di tutte le basi militari greche. Esse serviranno alle forze armate Usa non solo per stoccare armamenti, rifornirsi e addestrarsi, ma anche per operazioni di “risposta all’emergenza”, ossia per missioni di attacco.
Particolarmente importante la base aerea di Larissa, dove la US Air Force ha già schierato droni MQ-9 Reaper, e quella di Stefanovikio, dove lo US Army ha già schierato elicotteri Apache e Black Hawk.
L’Accordo è stato definito dal ministro greco della Difesa, Nikos Panagiotopoulos, “vantaggioso per i nostri interessi nazionali, poiché accresce l’importanza della Grecia nella pianificazione Usa”. Importanza che la Grecia ha da tempo: basti ricordare il sanguinoso colpo di stato dei colonnelli, organizzato nel 1967 nel quadro dell’operazione Stay-Behind diretta dalla Cia, cui seguì in Italia la stagione delle stragi iniziata con quella di Piazza Fontana nel 1969.
In quello stesso anno si installò in Grecia, a Souda Bay nell’isola di Creta, un Distaccamento navale Usa proveniente dalla base di Sigonella in Sicilia, agli ordini del Comando Usa di Napoli. Oggi Souda Bay è una delle più importanti basi aeronavali Usa/Nato nel Mediterraneo, impiegata nelle guerre in Medioriente e Nordafrica.
A Souda Bay il Pentagono investirà altri 6 milioni di euro, che si aggiungeranno ai 12 che investirà a Larissa, annuncia Panagiotopoulos, presentandolo come un grande affare per la Grecia.
Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis precisa però che Atene ha già firmato col Pentagono un accordo per il potenziamento della sua flotta di F-16, che costerà alla Grecia 1,5 miliardi di dollari, e che è interessata ad acquistare dagli Usa anche droni e caccia F-35. La Grecia si distingue inoltre per essere nella Nato, dopo la Bulgaria, l’alleato europeo che destina da tempo alla spesa militare la più alta percentuale del Pil (il 2,3%).
L’Accordo garantisce agli Stati Uniti anche “l’uso illimitato del porto di Alessandropoli”. Esso è situato sull’Egeo a ridosso dello Stretto dei Dardanelli che, collegando in territorio turco il Mediterraneo e il Mar Nero, costituisce una fondamentale via di transito marittima soprattutto per la Russia.
Inoltre la limitrofa Tracia Orientale (la piccola parte europea della Turchia) è il punto in cui arriva dalla Russia, attraverso il Mar Nero, il gasdotto TurkStream.
L’“investimento strategico”, che Washington sta già effettuando nelle infrastrutture portuali, mira a fare di Alessandropoli una delle più importanti basi militari Usa nella regione, in grado di bloccare l’accesso delle navi russe al Mediterraneo e, allo stesso tempo, contrastare la Cina che intende fare del Pireo un importante scalo della Nuova Via della Seta.
“Stiamo lavorando con altri partner democratici nella regione per respingere malefici attori come la Russia e la Cina, anzitutto la Russia che usa l’energia quale strumento della sua malefica influenza”, dichiara l’ambasciatore Usa ad Atene Geoffrey Pyatt, sottolineando che “Alessandropoli ha un ruolo cruciale per la sicurezza energetica e la stabilità dell’Europa”.
In tale quadro si inserisce l’“Accordo di cooperazione per la reciproca difesa” con gli Usa, che il Parlamento greco ha ratificato con 175 voti favorevoli del centro-destra al governo (Nuova Democrazia e altri) e 33 contrari (Partito Comunista e altri), mentre 80 hanno dichiarato “presente” secondo la formula del Congresso Usa, equivalente all’astensione, in uso nel Parlamento greco.
Ad astenersi è stata Syriza, la “Coalizione della Sinistra Radicale” guidata da Alex Tsipras. Partito prima di governo, ora all’opposizione, in un paese che, dopo essere stato costretto a svendere la propria economia, ora svende non solo le sue basi militari ma quel poco che resta della sua sovranità.
(il manifesto, 11 febbraio 2020)