Agenda

Nulla da segnalare, questa settimana, sul piano delle attività pubbliche. Osserverò disciplinatamente il principio dell’autoquarantena. Approfitterò di ciò per sistemare un po’ cose e di carte, magari per dare un buon colpo al lavoro arretrato ch’è davvero troppo. Stamani ho seguito la messa e l’Angelus alla televisione. È un salutare esercizio di umiltà. Ma, prima di tutto, ne ho approfittato per mettere un po’ d’ordine anche nella mia coscienza di fedele e di cittadino.Permettetemi dunque una confessione di quelle che, dal momento che il mio vizio peggiore è la superbia, non sempre riesco a formulare. Sono in realtà convinto di essere uno studioso appena poco più che mediocre (nulla mi umilia e mi irrita più di sentirmi definire – come càpita da parte di qualche sprovveduto o di qualche sperticato adulatore – “un grande storico”), forse un discreto insegnante, un giornalista e scrittore abbastanza dotato ma che se si fosse impegnato in una direzione professionalmente più adatta a lui sarebbe riuscito a far un po’ meglio di quel che ha fatto. Ma sono una persona onesta, in tutti i sensi: soprattutto moralmente e intellettualmente. Il che – come concordemente mi hanno insegnato il mio miglior maestro di vita (mio padre), di studi (Ernesto Sestan) e di giornalismo (Indro Montanelli), sono uno abituato a farmi giornalmente il mio esame di coscienza – loro mi hanno insegnato di farmelo “da laici”, io me lo faccio da figlio della Compagnia di Gesù, secondo la rigorosa tradizione cattolica – e a chiedere scusa se e quando, purtroppo spesso, mi càpita di sbagliare. Ammettere i propri errori, e quindi rimettersi di continuo in discussione, è la prima regola della vita; ed è anche la sostanza di quell’oggetto misterioso che chiamiamo “cultura”.
Chiedo pertanto scusa a tutti i lettori, abituali oppure occasionali, di queste pagine. Nell’edizione di queste ultime due-tre settimane ho commesso due errori.
Primo. Ho chiamato qualche settimana fa
Coglionavirus una cosa che forse ha dato a qualcuno l’occasione di speculazioni di vario tipo, ma di per sé era ed è una cosa seria, da trattare con attenzione. Scusatemi. Non si eludono le cose serie con una battuta o con un gioco di parole. Anche ammesso che il Coronavirus non sia quella calamità che ormai molti dicono, terribile e preoccupante è stata la reazione di paura, di pànico e al tempo stesso di mancanza di solidarietà e di disciplina dalla quale in troppi si sono lasciati trascinare. D’altronde, le battute servono spesso a sdrammatizzare, a fornire l’adeguata misura di coraggio e di ottimismo che aiuta ad affrontarle. Quindi lavatevi le mani, usate l’amuchina, state a distanza di sicurezza, salutate romanamente se siete di destra, a pugno chiuso se siete di sinistra, altrimenti basta un “ciao”. E sinceri auguri.
Secondo. A proposito della questione incresciosa di Civitanova Marche, ho accordato spazio eccessivo alla voce di un signore a proposito del quale lascio a voi la scelta: o è uno che non capisce, o è uno che non vuol capire. Probabilmente, solo uno che ama farsi pubblicità. In ogni caso, basta tenerlo in vetrina: il “dialogo” diretto con lui si chiude per quel che mi riguarda con la puntata odierna.