Minima Cardiniana 164

5 marzo 2017 – Prima domenica di Quaresima

DOVEROSO IMPEGNO

“C’E’ DEL MARCIO NELLA MARCA”

Il titolo di questa piccola nota parafrasa, è evidente, un celebre verso dell’Amleto di Shakespeare per introdurre in modo “leggero”, con un filo di humour, un tema molto serio: a modo suo, tragico. Da qui il riferimento, in apparenza gioioso, al massimo tragediografo dell’Europa moderna.

C’è del marcio nella “Marca”: la nostra bella, gloriosa marca d’Ancona, che ha dato il nome alla regione delle Marche, la patria di Matteo Ricci e di Giacomo Leopardi, la terra  tanto ricca di devoti santuari, di splendidi monumenti, di magnifici panorami, di splendidi vini. In una grande città marchigiana, sede di un’illustre Università, si sta svolgendo un corso di aggiornamento di Storia medievale dedicato ai professori di scuola secondaria e tenuto da illustri docenti: durante il quale, tuttavia, si è tentato di “sdoganare” la bislacca, peregrina teoria partorita dall’ingegnosa mente di un erudito locale, un peraltro degnissimo anziano sacerdote. Che cioè Aquisgrana, la città di Carlomagno e della Santa Cappella, la capitale simbolica d’Europa (ricordate il Premio Carlomagno istituito decenni fa all’alba di quell’Unione Europea ch’è ormai al tramonto?) sia non già dov’è sempre stata, nell’attuale Repubblica Federale Tedesca, bensì in una località picena. Alcuni docenti di scuola media superiore hanno abboccato all’amo, e rischiano magari di trasmettere questo contagio pseudoculturale ai loro ignari allievi. Peraltro, la diceria circolava da tempo.

Risum teneatis, amici. Invece no. Perché non c’è assolutamente nulla da ridere. E io, poi, in tutto questo che cosa c’entro?

Nulla. Io non c’entro proprio nulla. Solo che sono un cittadino onesto e un pubblico funzionario consapevole dell’importanza di esser tale in una società civile che va male anche perché troppi suoi colleghi non fanno correttamente il proprio dovere. E un vecchietto ingenuamente donchisciottesco, un diciannovenne rimasto tale da 684 mesi che si ostina a combattere contro i mulini a vento.

Ed ecco i fatti. Da circa una settimana vengo bersagliato da e-mail che mi pervengono appunto dalla bella città marchigiana in questione (per il momento non farò nomi). Colleghi e colleghe che si rivolgono a me disorientati e sgomenti riferendomi come durante il corso di aggiornamento non solo si sia sostenuto e divulgato la peregrina teoria di un’Aquisgrana nelle Marche (dove quindi il grande imperatore vero o supposto “Padre dell’Europa” avrebbe risieduto e sarebbe stato sepolto all’evidente secolare insaputa di papi, cardinali, arcivescovi, vescovi, abati, imperatori, re, nobili, mercanti e pellegrini, tutti ostinatamente volti a cercarlo nella Germania renana), ma si siano addirittura offesi e intimiditi coloro che reagivano esprimendo incredulità o chiedendo almeno prove plausibili dell’incredibile assunto.

Ho risposto ad alcuni di questi colleghi, consigliando loro di render pubblica la cosa, di coinvolgere i docenti universitari locali, al limite di sollecitare inchieste scolastiche e ministeriali. E’ impensabile che docenti impegnati in un corso di aggiornamento si trovino dinanzi a simili enormità.

Ovviamente, sono arrivate a questo punto anche le repliche dei paladini della marchigianità carolingia: alcune offensive e (nelle intenzioni) perfino intimidatorie, altre sinceramente offese e recriminatorie (ma come si permette, lei è un barone borioso, s’informi, venga qui a discuterne con noi se ne ha il coraggio, esca dalla sua Turris Eburnea eccetera). E’ buffo che certa gente sopporti tranquillamente, senza dar mostre di essersene neppure accorta, il silenzio sprezzante dei veri baroni che, quelli sì, non perderebbero nemmeno un minuto del loro prezioso e strapagato tempo con questo Lunpenproletariat  di manovali della screditata scuola secondaria, mentre poi dimostra astio e rancore su chi li giudica invece degni di attenzione e in diritto di ricevere magari una smentita, ma accompagnata da impegno e da rispetto.

E allora, cari e saccenti colleghi marchigiani di scuola media convinti di aver la verità carolingia in tasca, me voilà. Ho risposto a una di voialtri, una signora che non posso purtroppo qualificare come “gentile” e non posso definir “cara” ma che comunque stimo una collega. Lunedì 13 contavo di restar al mattino nella bella Bologna per riposarmi e farmi i fatti miei per poi prendere, a metà pomeriggio, il treno per Sant’Elpidio. Invece ne prenderò uno al mattino presto e verrò, a spese del mio portafogli e del mio tempo, gratis et amore Dei et Italicae scholae, a discutere con voi nell’ora e nella località che voi – compatibilmente con gli orari e gli itinerari ferroviari, che sono costretto a rispettare – avrete la bontà d’indicarmi. Salterò se necessario pranzo e cena: parleremo di Carlomagno, esamineremo insieme le vostre ipotesi, se ne sarò convinto farò pubblica e doverosa  ammenda (avere su ciò al mia parola d’onore di professore e gentiluomo) e se invece saprò dimostrarvi l’infondatezza del vostro assunto non pretenderò alcuna scusa: ma sarò pago dell’avervi dato una piccola lezione di serietà, di correttezza, di serenità, di rispetto e di umiltà. Siete in grado di accettare la sfida? FC