Minima Cardiniana 187/1

Domenica 12 novembre 2017 – San Giosafat

EXCUSATIO NON PETITA…

(…e auto) accusatio manifesta. Cari Amici e Corrispondenti, il Minimum Cardinianum di questa settimana esce, come altre volte è già accaduto e temo ancora di nuovo accadrà, con un forte ritardo. Per la verità, un incidente tecnico (il computer mi è entrato in panne da qualche giorno e ancora adesso ci sto lavorando grazie a una riparazione di fortuna: il che mi causerà molti ritardi a vari livelli del mio lavoro ancora per un paio di settimane, in attesa dei necessari pezzi di ricambio) mi ha nella fattispecie impedito di esser puntuale. Al di là di ciò, tuttavia, Vi segnalo che (come molti di Voi già sanno) il carico di lavoro che negli ultimi mesi ho dovuto affrontare è stato in effetti eccessivo anche per chi, come me, si considera in generale un buon lavoratore attento alla puntualità e all’esaustività. In particolare, sarò grato a quanti eviteranno nelle settimane future le telefonate, i messaggi e-mail e le richieste di manoscritti da esaminare o da inoltrare a editori. Le scadenze editoriali e giornalistiche per me giornaliere sono già ampiamente sufficienti a coprire ore e ore di un carico di lavoro che stento a sostenere. Chiedo quindi ai miei abituali oppure occasionali corrispondenti epistolari, cartacei e informatici, un po’ di pazienza e di comprensione. Ritardi e silenzi non dipendono da cattiva volontà. Grazie.

QUER PASTICCIACCIO BBRUTTO DE VIA MERULANA…

…no, Gadda non c’entra: anche se lo scenario urbano della Roma esquilina, tra Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano, è appunto quello. Sta capitando una cosa grave. Chissà perché, il “competente Ministero” (pare si dica così: non mi assumo responsabilità sull’aggettivazione relativa e il suo intrinseco valore) ha deciso di spostare il “Museo Tucci” (tutti lo conoscono così) dalla sua bella attuale sede, a due passi da Stazione Termini, a una nuova destinazione all’interno del quartiere EUR (dove invece sarebbe egli riaprire i molti musei che là sono insediati, e che da tempo sono chiusi oppure oggetto d’incurie: è così che la signora Boldrini e l’onorevole Fiano intendono portar avanti la loro crociata contro le memorie del fascismo, alcune delle quali sono monumenti insigni e pregevoli opere d’arte?). A proposito del Museo Tucci (ebbene sì. Onorevole Boldrini: un firmatario del “Manifesto della Razza” del ’38: che facciamo, lo degradiamo per questo sul campo nonostante i suoi grandi meriti scientifici?), le proteste si sono fatte sentire: ma i media le hanno praticamente ignorate e i politici hanno prudentemente volto lo sguardo altrove. Contro i cultori delle varie postverità-controverità e di quelle che il goldoniano Lelio definiva “spiritose invenzioni”, contro le bizze di ministri-primedonne e gli attacchi di bile di funzionari altezzosamente democratici che ritengono un personale oltraggio qualunque critica o anche qualunque semplice richiesta di chiarimento (“…il direttore sono mè…”), una studiosa seria e da sempre coraggiosamente “fuori dal coro” come Vittoria Alliata si è fatta sentire. A lei la parola, per spiegare che cos’è successo.  

“…Su mia richiesta, ‘L’ Espresso’ ha ripreso il mio pezzo DOPO la cosiddetta “replica” del Gambari, affidando all’eccellente Alessandra Mammì il seguito. Eccolo!!!”

http://mammi.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/11/01/la-brutta-storia-del-bel-museo-orientale/

La brutta storia del bel Museo Orientale

01 nov – Alessandra Mammì

Qualsiasi persona di buon senso affronta un trasloco solo quando sa dove andare.  Qualsiasi persona di buon senso, appunto. Ma nella brutta storia del Museo Orientale di Palazzo Brancaccio di buon senso se ne vede poco. Piuttosto siamo alla favola della ricottina. Si spegne (ieri  31 ottobre 2017) un museo storico e dall’indiscutibile fascino, s’imballano i suoi fragili capolavori perché un bel dì vedremo sorgere in quel dell’ EUR, il MUCIV: museo delle civiltà che consentirà  ( udite -udite) « le integrazioni multimediali, la realtà aumentata e  le sollecitazioni emozionali» come si legge dal documento del Ministero dei Beni Culturali promotore di tanta iniziativa a firma del futuro direttore del Museo delle Civiltà, Filippo Maria Gambari.

E dire che ai nostri occhi la visione di quei capolavori d’arte asiatica tra gli stucchi Settecento del Palazzo Brancaccio , era già una bella dimostrazione di realtà aumentata, per  non parlare della sollecitazione  emozionale provocata (una per tutte) da quella processione funeraria in ceramica invetriata della dinastia Ming contenuta in un baldacchino contro le pareti affrescate e i soffitti a cassettoni del nobile palazzo. Ma siamo gente semplice per la quale la raffica di statue bronzi, vasi, sculture, pitture, rarissimi reperti archeologici che arrivano dal Tibet  e dal Nepal, dall’Afghanistan e dalla Cina è bastante a creare emozione.

Gente semplice che  evidentemente non comprende  la non tanto chiara «esigenza di avere visioni trasversali  rivolte a un utenza più ampia in una logica di presentazione non solo di oggetti ma di culture, civiltà  e occasioni di dialogo e relazioni interculturali» (cit. Mibact)

Comunque il Gambari ieri aveva i nervi tesi, di fronte al fin troppo educato  sit-in di protesta indetto dai  rappresentanti del comitato di quartiere, si è fatto vincere da un gesto di stizza e ha strappato via tutti i piccoli manifestini appesi con un ombra di scotch  a fianco del portone. “Affissione abusiva!!!” strillava nell’ androne del palazzo.

I signori del comitato di quartiere, gente colta e pacifica , cercavano di argomentare ma l’arte per la conversazione non  deve essere proprio la caratteristica del dottor Gambari che è andato via ancor più forte strillando “ io sono il direttore” e stritolando i manifestini.

Intanto nei saloni del museo ci si chiedeva perché sottrarre a queste sale, peraltro da poco restaurate, la splendida collezione donata dalla vedova di Giuseppe Tucci che nominò tanto museo erede universale.

Tucci scrittore, esploratore, orientalista, storico delle religioni e il più grande buddologo italiano e tibetologo del mondo ( Wikipedia dixit) costruì nella sua vita e nelle sue missioni in Oriente una straordinaria collezione di migliaia di pezzi che trovarono casa nelle sale di Palazzo Brancaccio e  non sappiamo quanto lui o la sua vedova avrebbero gradito veder trasferiti all’Eur in un posto che ancora non c’è, nel  probabile bianco chimico  più  luce a led dei faretti di un progetto omogenizzato e inutilmente tecnologizzato. Per di più quel palazzo dell’Inail che va completamente ristrutturato,  costa in affitto molto di più  del Brancaccio e  necessita di lavori preventivati già 10milioni di euro, tranne varianti in corso d’opera.

Sull’argomento Vittoria Alliata nelle pagine del “Venerdì” ha già scritto  un documentato pezzo che qui linkiamo, ma non aveva ancora ricevuto l’auto-intervista di Gambari che è apparsa sul sito del Mibact.

Lì si  dice che nel frattempo (cioè i prossimi mesi o forse anni che richiederanno i lavori)  le collezioni saranno esposte arotazione nel museo Pigorini,;  che i canoni di locazioni maggiorati saranno abbattuti dalla presenza di ristoranti e caffetterie ( che in quel dell EUR il Mibact immagina presi d’assalto da folle di orientalisti in gita),  che si avrà un montacarichi e un ascensore migliore ( con 10 milioni di investimento forse un montacarichi si riusciva a fare anche a Palazzo Brancaccio) e che  sarà  l’occasione «per far conoscere mondi lontani nel tempo e nello spazio in realtà vicini al nostro modo di vivere  così da creare l’atteggiamento e i presupposti per favorire il dialogo l’integrazione e le relazioni interculturali»

Ora se c’era un posto per favorire integrazioni e dialogo fra culture lontane questo di certo non è l’algido e borghese EUR , ma semmai l’ Esquilino: il quartiere di Roma  dove il museo risiede e che vanta una delle maggiori presenze di comunità non occidentali, soprattutto asiatiche. Come dovrebbe ben sapere il ministro Franceschini che in quel quartiere abita.

E si capisce allora la protesta degli abitanti che nel Museo Orientale avrebbero semmai visto  proprio un luogo per promuovere uno scambio e un confronto. Si capiscono le preoccupazioni degli specialisti che temono per il trasporto di queste fragilissime opere  e per i tempi incerti che li separano dal tornare di nuovo esposti. Si capisce il dispiacere di chiunque abbia visto questo museo dallo struggente fascino che nulla ha da invidiare al parigino Guimet, tranne la trascuratezza in cui finora è stato tenuto.

Un museo unico che porta con sé anche l’immagine perduta del viaggio e della scoperta e che rischia di finire chissà quando e chissà come, in un palazzo senza architettura e in un quartiere lontano dal centro, sotto un brutto acronimo MuCiv e molestato da inutile realtà aumentata e digitale supporto emozionale.  Va beh, opporsi è un dovere.”

 

***

        Cari Amici, non lasciate cadere quest’appello. Diffondetelo e mobilitatevi: scrivete, telefonate, manifestate in ogni modo. Non permettiamo che si violenti in questo modo infame il nostro patrimonio artistico e culturale, ma soprattutto la nostra memoria, la nostra dignità. Bisogna reagire alla dittatura del dispotismo demoburocratico, dei “fatti compiuti” e del silenzio mediatico.

PS – Comunque, per dovere di testimonianza, non concordo affatto col giudizio di Alessandra Mammì a proposito dell’EUR “algido e borghese”. Che lo abbiano fatto diventare così, può darsi: all’origine, era ben altro.