Minima Cardiniana 290/3

Domenica 12 luglio 2020, San Gualberto

UNA FESTA IDENTITARIA CONTRO LE VERE IDENTITÀ
Avete seguito tutti, giorni fa, un paradossale evento presentatosi negli USA: si è celebrata, presidente Trump in testa, la grande festa dell’affermazione dell’identità americana, dinanzi ai volti dei Fondatori della patria scolpiti sul fianco di una montagna. Peccato solo che quella montagna, per un accordo siglato fra governo degli USA e alcune tribù di native Americans, alla “nazione americana” non appartenga; e che sia molto peggio di una gaffe paradossale il celebrare la propria identità calpestando quella altrui. Sentiamo Alessandro Martire, fiorentinissimo ma, al tempo stesso, detentore di una seria e obiettiva identità lakota.

ALESSANDRO MARTIRE
PER NON DIMENTICARE…
Finché l’erba cresce, il sole sorge e il cielo è blu
Con questa frase in corsivo, venivano siglati e resi efficaci i due trattati di Fort Laramie, quello del 1851 e quello del 1868. I trattati bilaterali fra più nazioni; da una parte i nascenti Stati Uniti d’America, dall’altra le nazioni indigene delle grandi pianure stipulavano quali dovessero essere i confini del grande territorio (riserva) indiano. L’area geografica interessata comprendeva, fra l’altro, una delle aree più sacre per i Lakota Sioux di Nuvola Rossa, Toro seduto e Cavallo Pazzo: le Paha Sapa in lingua Lakota, in inglese le Black Hills, per noi le Colline Nere, così chiamate dai Lakota per il colore bruno intenso dei pini ponderosa che ivi nascono. Di fatto, poi, nell’estate del 1874, il tenente colonnello George Armstrong Custer, in un’epica spedizione in quei territori, e al cui seguito vi erano vari prospettori minerari, scoprirono “la pietra gialla”, l’oro. Da quel momento il destino di quelle terre, dei Lakota e dei diritti che sarebbero dovuti scaturire dai predetti trattati di Fort Laramie, divennero… “polvere al vento”. Il resto è storia conosciuta.
Le celebrazioni del 4 luglio indette dal Presidente Trump, e la consistente presenza di americani esultanti, molti dei quali di stampo suprematista, proprio in quelle terre ed al Monte Rushmore, indicano ancora oggi la mancanza di rispetto e al contempo di conoscenza, sia della storia, sia delle loro origini.
I trattati di cui sopra vennero unilateralmente abrogati dal governo americano. Pratica legalmente illegittima sotto il profilo del diritto internazionale. Infatti, i trattati bilaterali fra nazioni sovrane non possono essere abrogati da una sola parte, ma occorre il consenso di coloro che originariamente li sottoscrissero. La Suprema Corte Americana sentenziò, alla fine di un lungo percorso giudiziario, l’illegittimità, da parte degli Stati Uniti, all’espropriazione forzata di quelle terre, sancendo un indennizzo economico a favore della Nazione Lakota e non solo, di oltre 350 milioni di dollari. Importo mai incassato dai Lakota, secondo la loro ferma convinzione che recita come segue: “Non vogliamo i soldi dell’uomo bianco, vogliamo la restituzione delle nostre terre sacre”.
Poi, come ci racconta l’Ill.mo Prof. Franco Cardini, uno scultore suprematista bianco ben pensò di “profanare” ulteriormente le ancestrali terre sacre dei Lakota, scolpendo i volti di quattro presidenti che concorsero al più grande genocidio-ecocidio ed etnocidio della storia delle Americhe e forse del mondo. Gli americani definiscono questa scultura “the Shrine of democracy”. Quanto di più storicamente inesatto fu mai affermato! Gli americani definiscono il volto di Abramo Lincoln e la sua persona, quale illuminato presidente che abolì la schiavitù degli afro-americani, definendo tutte le persone create eguali. Quanto di più inesatto! Fu proprio Abramo Lincoln a siglare, contemporaneamente a questo atto, senz’altro importante, il famoso “Homestead Act”, col quale si dava legittimità ai coloni bianchi di recarsi a ovest e prendere pieno possesso delle così dette “res nullius” o terre di nessuno, sebbene di quei territori, i Lakota e non solo, ne fossero i naturali custodi da migliaia di anni.
Gli americani non conoscono la propria storia. O forse la conoscono, ma hanno voluto relegarla negli anfratti più profondi dell’oblio, per vergogna di ciò che è stato fatto, da loro e dal nuovo potere costituito, ad oltre 500 nazioni che erano presenti in quel continente ben prima che il navigatore genovese – Cristoforo Colombo – vantasse l’assurda pretesa di averle scoperte!
Si pensi solo al fatto che l’aver permesso di scolpire quei volti, espressione, come detto, del più tragico genocidio-ecocidio ed etnocidio della storia, di fatto è l’espressione manifesta della negazione dei diritti umani, civili e spirituali di intere nazioni aborigene.
L’amministrazione americana e il presidente attuale non solo hanno proseguito in questo insensato percorso di disconoscimento della storia e dei diritti inviolabili dei popoli indigeni, ma il 4 luglio, pensate, Trump ha fatto intonare, poco prima dei fuochi di artificio, la famosa ballata dal titolo “garryhowen”, proprio quella che il famigerato massacratore di “indiani” George Armstrong Custer, faceva intonare al 7°, poco prima dei grandi massacri negli accampamenti Lakota, come quello sul fiume Washita.
Assurdità? No, realtà!
Questo è ciò che è accaduto appena sabato scorso, il 4 luglio 2020, alla presenza di una folla esultante e dove, ancora una volta, la polizia, i federali e l’esercito hanno impedito ai Lakota e ai rappresentanti delle altre nazioni indigene presenti di protestare, con cariche armate e gas lacrimogeni.
La storia non cambia. Si ripete. Inutili le tante dichiarazioni e promesse a una pacifica integrazione e riconoscimento dei diritti inviolabili delle etnie indigene, anzi, la conferma di un governo cieco e insensibile ad anni di atrocità.
Ma la domanda sorge spontanea: com’è possibile che si manifesti in America e nel mondo intero per le azioni illegali poste in essere da ufficiali di polizia che, recentemente, si sono macchiati dell’omicidio di George Floyd – l’afro-americano soffocato da un agente che, mentre portava a compimento il suo omicidio, con la mano in tasca mostrava tre dita unite, simbolo del Ku Klux Klan – e non si protesti in favore dei popoli amerindi che da secoli lottano per la loro sopravvivenza culturale, sociale e spirituale?
Si pensi solo che l’ambasciata americana, pochi anni or sono, ha pubblicato un testo sulla storia dell’America. Sapete quanto di essa è stato dedicato a raccontare dei popoli nativi? Solo 5 righe.
Questo la dice lunga, a conferma della mancata conoscenza americana della loro vera storia e la volontà di rimuovere, dai libri e dalla memoria, il più grande e vergognoso olocausto mai perpetrato dall’uomo che, in circa 500 anni, ha spazzato via dai 60 ai 70 milioni di persone dall’Alaska alla terra del fuoco, in nome di una civilizzazione e cristianizzazione forzata a fil di spada, esempio di un eurocentrismo cieco, predatore e arrogante, dove la religione ha giocato un ruolo fondamentale fino ai giorni nostri.
Si deve riflettere su questo, ci si deve interrogare affinché si possano avere una coscienza e una conoscenza che risveglino le anime delle nuove generazioni: conoscere la storia e i propri errori deve diventare espressione di progresso, democrazia vera e pace, di cui tanto nel mondo se ne sente necessità.
Ma noi, i Lakota Sioux, continuiamo a manifestare vigorosamente la nostra esistenza, il nostro diritto all’autodeterminazione e chiediamo il rispetto dei trattati a suo tempo firmati.
Termino con il manifesto redatto da noi Lakota Sioux e recepito da tutte le Nazioni indigene delle Americhe, ribadendo, oggi come ieri, la famosa frase di Tatanka Yothake (Toro Seduto), che, prima di morire, disse al suo popolo: “Continuate a sognare, perché quando finiscono i sogni, finiranno le speranze…”.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché ci hanno considerati animali, privi di un’anima, e ci considerano inferiori a loro, perché dicono che siamo feroci, ladri e traditori, perché ci accusano di crimini che loro stessi hanno commesso coi loro simili prima di invadere le nostre terre.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché hanno venduto i nostri figli per meno del costo di un vitello, perché hanno giustificato questi rapimenti come un bene per i nostri figli, affinché si integrassero, così ci hanno detto, nella loro civiltà, perché quei bimbi, crescendo, diventano schiavi di coloro che sfacciatamente li hanno poi chiamati figli; perché gli uomini vestiti hanno leggi per tutti ma non per questi rapimenti, questa vendita di esseri umani e la schiavitù che ne è derivata.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché hanno distrutto i miei mezzi di sostentamento naturale, ed ora mi fanno la carità, come ad un mendicante, perché si sono impadroniti di tutto il territorio di cui noi eravamo i custodi naturali, e noi non l’abbiamo né venduto né ceduto a nessuno, e tantomeno a dei nuovi colonialisti, perché oggi ci vogliono dare solo qualcosa come a dei mendicanti, e non pensano di restituirci ciò che era nostro,

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché civili come dicono di essere, non si sono fatti scrupoli nello sterminarci sistematicamente, perché i loro scienziati hanno preteso di studiarci ed i loro politici ci strumentalizzano ed i loro giornalisti ci propagandano, ma ci lasciano morire, fisicamente e culturalmente

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché mi dissero che senza il loro DIO, senza i loro vestiti, senza la loro lingua, senza le loro leggi non avrei avuto diritto ad alcuna protezione legale, perché dopo averci dato i loro vestiti, il loro Dio, la loro religione, la loro cultura, ci hanno spogliato di tutto, perché hanno guardato alla nostra nudità con lo sguardo perverso dell’uomo vestito.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – ACCUSIAMO GLI UOMINI VESTITI
Perché hanno preteso e pretendono che si smetta di essere ciò che siamo stati, perché dissero che ci volevano assimilare, ma a che cosa? Perché hanno cercato di portarmi nella loro civiltà, per la porta di servizio, come dei loro schiavi, perché i nostri figli si sono dimenticati la loro lingua, la nostra storia e la nostra spiritualità, fino a vergognarsi dei loro padri. Perché ci hanno negato il diritto di essere uomini liberi.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – CHIEDIAMO CHE GLI UOMINI VESTITI ci ascoltino, Noi cacciavamo liberi nelle nostre terre, ora non più, noi eravamo i custodi di madre terra, ora non più, noi eravamo all’interno del Cangleska Wakan: il sacro cerchio della vita, ora non più, GLI UOMINI VESTITI hanno spezzato il sacro cerchio.

Noi Nazioni Indigene del Continente della Tartaruga – Chiediamo di essere ascoltati

Hecel lena Oyate ki Nipikteyelo: perché IL NOSTRO POPOLO VIVA.

Alessandro Martire Ota Au
Rappresentante in Italia e presso l’Alto Commissariato dei diritti dell’uomo della nazione Lakota Sicangu di Rosebud.