Minima Cardiniana 295/3

Domenica 4 ottobre 2020, San Francesco d’Assisi

FRATELLI TUTTI
A proposito della nuova enciclica di papa Francesco, il cui testo è da oggi presente online, ecco un’impressione a caldo anche alla luce degli ultimi avvenimenti.

DAVID NIERI
FRATELLI TUTTI, IN UNA MODERNITÀ CHE CI VUOLE FRATELLI DI NESSUNO
Domenica 4 ottobre, San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Una ricorrenza diversa dalle altre, innanzitutto perché proprio ieri, sabato 3 ottobre, papa Francesco ha firmato la sua terza enciclica – sulla tomba di San Francesco –, Fratelli tutti, che arriva dopo Lumen Fidei (2013) e la bellissima Laudato Si’ (2015), che in pochi, in fin dei conti, hanno letto ma che in molti hanno criticato.
Fratelli tutti – il cui testo è già disponibile online – ha come temi centrali l’amicizia sociale e la fraternità; il titolo trae spunto dagli scritti di San Francesco, che esortava i fratelli, già nel 1221, a seguire e ad assumere come esempio il buon pastore, che, per salvare le sue pecore, sostenne la passione della croce. Lo stesso papa Francesco, in Amoris Laetitia, sosteneva: “La relazione tra i fratelli si approfondisce con il passare del tempo, e il legame di fraternità si forma in famiglia tra i figli, e se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace”. Una vera e propria pedagogia del quotidiano, in cui la fratellanza diviene lotta per la giustizia sociale e cura del Pianeta. Al netto della “cultura dello scarto”, dell’indifferenza che si manifesta nella “guerra mondiale” che si combatte “a pezzetti”, soprattutto nelle periferie esistenziali, nelle disuguaglianze sempre più acuite, nell’enorme e sempre più evidente divario tra i pochi privilegiati e i troppi emarginati. Una modernità il cui unico comandamento – scritto stavolta non su una tavola, bensì sui monitor di Wall Street – si dipana su quel fine supremo dell’“Io” che pare declinarsi nella “trinità” contemporanea: profitto, benessere, superamento di ogni limite.
Una ricorrenza diversa dalle altre, dicevamo. Sì, perché la celebrazione del povero – per scelta – di Assisi arriva in un momento particolare della nostra storia. Siamo ancora in piena emergenza virus, anche se non più reclusi all’interno delle nostre abitazioni. Il fatto è che questo “post”, che ancora non possiamo definire tale, sta già presentando il conto. Ed è un conto salatissimo.
Parliamoci chiaro: il Covid ha mostrato chiaramente i preoccupanti limiti di un sistema economico-sociale che pareva – a detta di molti – destinato a raggiungere lo zenit delle magnifiche sorti, anche se in realtà, da almeno tre decenni, il benessere “occidentale” ha iniziato gradualmente a scemare, mostrando inevitabili segni di cedimento. Che forse, in molti, non abbiamo voluto vedere, né tantomeno analizzare.
Il Covid-19 – un virus particolarmente aggressivo a livello di contagio, ma relativamente debole in termini di mortalità, lo dico con il massimo rispetto nei confronti di chi è stato personalmente colpito – ha lavorato su un terreno fragile, poco fertile e in secca dal punto di vista umano. È stato, è e sarà (ancor più) un disastro. Guardiamoci intorno: aziende che chiudono (stamattina, per esempio, ho letto della Rifle, lo storico marchio di jeans di Barberino del Mugello) o si ridimensionano; tasso di natalità in discesa libera (per il terzo anno consecutivo, ma il 2020 sarà ancor peggiore); la Caritas che ci informa che le richieste di assistenza (con file sempre più lunghe alle mense) sono triplicate dal mese di marzo; il 35% dei giovani dai 25 ai 35 anni non lavora, non studia, non cerca; alcune proiezioni ci parlano di 2 milioni di nuovi disoccupati nei prossimi mesi.
No, non è andato tutto bene (e bene non andrà). Non ne siamo usciti migliori, anzi. Basta leggere la cronaca quotidiana dei massacri, degli omicidi (causa “troppa felicità” delle vittime), degli stupri, della puntuale inosservanza delle norme sanitarie. Un degrado sociale che rischia di essere amplificato da un altro dramma: il rischio, assai concreto, di nuove povertà.
E allora, come se ne esce? Nessuno, ovviamente, ha in mano la bacchetta magica o la giusta ricetta.
Forse, però, bisognerebbe iniziare ad ascoltare papa Francesco: tutti – perché è a tutti che si rivolge –, a partire magari da chi lo considera (dall’interno) l’apostata, l’anticristo, o peggio, Satana in persona. Perché così a lui si rivolgono molti cattolici, integralisti o meno. Bergoglio, lo sappiamo bene, proviene dalla “fine del mondo”: è un papa gesuita che predica amore, uguaglianza, misericordia e fratellanza. Apostata, a mio modestissimo parere, è il buco nero nel quale l’Occidente è malamente precipitato, la folla che lo condanna inneggiando a Barabba, che oggi ci invita ad abbracciare l’individualismo, l’indifferenza, la religione del Nulla, la sfrenata rincorsa al piacere personale, ovvero tutti quegli ingredienti di un “ideale” portato all’eccesso, il liberalismo senza libertà. La stessa folla che, per esempio, offende il neogovernatore della Toscana, Eugenio Giani, “colpevole” – come osa? – di ringraziare la Madonna di Montenero per la vittoria alle elezioni (la stessa che, al contrario, inneggia al leader della Lega che brandisce il rosario per accaparrarsi qualche voto in più). Quella che crede che l’immigrato sia un nemico, un pericolo per l’“identità occidentale”– quale? –, e che tre barconi rappresentino un rischio per la coesione sociale – quale? È qui che si manifesta, in tutta la sua evidenza, il limite di una politica ormai ridotta a manichino del potere economico di turno, nell’ottica di un capovolgimento del “primato”: è l’economia che detta i tempi alla politica, non viceversa. E ne detta anche l’agenda, che ci vuole avversari su tutti i fronti, nemici del prossimo e nemici di noi stessi.
Fratelli tutti: da qui è necessario ripartire, per lo più in un periodo come quello che stiamo attraversando. Riscoprendo la comunità, i valori fondamentali, la solidarietà, la compassione, la condivisione. Papa Francesco invita tutti – “persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose” – ad accogliere il suo messaggio e a metterlo in pratica: sta a noi decidere se ascoltarlo o meno.