Minima Cardiniana 295/7

Domenica 4 ottobre 2020, San Francesco d’Assisi

LAST, MA FORSE NON TROPPO LEAST
MUCH ADO ABOUT NOTHING
Non vorrei parlarne: ma ho ricevuto centinaia fra lettere, telefonate e messaggi informatici diretti (per non parlare di quelli che mi sono giunti attraverso indirette sollecitazioni) che mi chiedevano chiarimenti circa un messaggio pervenuto all’amico e collega Marco Tarchi ch’era gravemente oltraggioso e offensivo nei miei confronti e che Tarchi ha parzialmente diffuso inviandone alcuni stralci a suoi corrispondenti senza accompagnarlo da alcun commento.

A mia volta, ho ricevuto per via indiretta quel documento, che Tarchi non aveva inviato a me (ignoro il motivo di tale omissione, che non mi sembra realistico attribuire a dimenticanza). Ho chiesto a Tarchi l’identità del mittente, ed egli ha rifiutato di rivelarmela: è suo totale diritto, in quanto la missiva era provata e diretta a lui, né egli aveva l’autorizzazione di divulgarla; anzi, mi ha dichiarato che l’averlo fatto con altri era stato, da parte sua, involontaria scorrettezza (quest’ammissione gli fa onore). Gli ho chiesto allora di farmi pervenire il testo intero del messaggio ricevuto omettendo il nome dell’autore: ha parimenti rifiutato, e trattandosi appunto di lettera privata ha parimenti diritto di mantenere il riserbo. Gli ho allora chiesto d’invitare almeno il mittente del documento in questione di essere lui stesso a inviarmelo per conoscenza. Tarchi ha rifiutato ancora e io non posso certo obbligarlo a un gesto che magari potrebbe creargli imbarazzo o disagio.
Sono amico di Tarchi dalla metà degli Anni Settanta; ho collaborato a molte sue iniziative e sono sostenitore delle pubblicazioni da lui promosse, “Trasgressioni” e “Diorama letterario”. Conosco e ammiro molti suoi lavori e sono lieto che l’Università pubblica ne abbia riconosciuto il valore assegnandogli una cattedra di prima fascia. Debbo dire che, negli ultimi anni, le nostre rispettive visioni del mondo – che hanno radici e basi molto simili – si sono alquanto allontanate specie su alcuni punti: per esempio sul problema islamico, sull’indirizzo della Chiesa sotto il pontificato di papa Francesco, sulla questione dei migranti: forse in tutto ciò vi sono un “prima” e un “dopo”, un
tourning point costituito dall’ascesa di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio. Ciò ha dato luogo a qualche confronto e ad alcune divergenze: che abbiamo entrambi il diritto di mantenere e il dovere di chiarire quando le comunichiamo ai nostri rispettivi interlocutori, che sono in molti casi le stesse persone.
Ribadisco che a quanto mi risulta e per quanto mi concerne Marco Tarchi resta un amico carissimo: e io sono fedele alle amicizie. È ovvio che divergenze sul piano del pensiero e delle interpretazioni della realtà non possano né debbano dar luogo a forme di animosità o di ostilità personale di sorta: nemmeno se e quando vengono espresse in modo vivace e marcato. Aggiungo per dovere di chiarezza, di lealtà e di onestà intellettuale che ho il massimo rispetto delle posizioni di Marco Tarchi come politologo e quindi, anche se e quando mi càpita di divergere da esse, tengo sempre presente che le sue cognizioni in materia sono maggiori e migliori delle mie e sono sempre disposto a dichiarare i miei errori, quando mi senta ragionevolmente convinto che essi sono tali.
Quanto al mio anonimo detrattore, che ha a sua volta tutti i diritti di esser tale e che forse rientra nella cerchia delle mie conoscenze dirette, lo invito a riflettere sulla definizione di “vecchio vanitoso e vaneggiante” con la quale egli mi qualifica. Sono obiettivamente d’accordo sul primo elemento di essa (non ho mai sofferto di giovanilismo); concordo in buona parte sul secondo, per quanto la “vanità” è un difetto (e secondo me, cattolico, anche un peccato) difficile a valutarsi e ad analizzarsi tanto quando è la propria quanto quando la riscontriamo negli altri (gli chiedo quanto ritenga di esserne immune); quanto al terzo, gli auguro sinceramente – dal momento che ritengo sia abbastanza o alquanto più giovane di me – di arrivare alla mia età con il mio stesso grado di energia, di memoria e di lucidità intellettuale . Dico queste cose in quanto è comune parere mio, dei miei medici e dei miei conoscenti che fino ad oggi io sia titolare in considerevole grado di queste tre qualità: riguardo alle quali – sia chiaro – non mi attribuisco nessun merito e delle quali ringrazio ogni giorno con sincera umiltà il Signore.
D’altronde, è evidente che tutta questa faccenda sia, a dirla col vecchio Shakespeare, un “molto rumor per nulla”. Ma dal momento che ha disorientato e addirittura addolorato molte persone, propongo la meditazione al riguardo di un breve appunto dell’amico Alessandro Bedini, osservatore sereno, spassionato ed equilibrato della cosa nonché comune amico di Tarchi e mio.

ALESSANDRO BEDINI
DULCIS IN FUNDO, VEL IN CAUDA VENENUM?
Agli aficionados dei “Minima Cardiniana” non sarà certo sfuggita la vis polemica con la quale da più parti si sono commentati gli esiti della recente tornata elettorale amministrativa e specialmente di quelli che riguardano la Toscana. In particolare ha colpito una lettera, scritta da un anonimo a Marco Tarchi, illustre politologo, esperto dei fenomeni del populismo, nonché acuto commentatore. Nella lettera in questione sono contenuti veri e propri insulti nei confronti di Franco Cardini, definito, tra l’altro, “un vecchio vanitoso e vaneggiante”. L’accusa mossa a Cardini ha origine da una sua intervista al quotidiano “La Nazione”, dov’egli afferma dice di aver votato per il candidato del centrosinistra Eugenio Giani (peraltro suo personale amico) e di ritenere che la sua competitor, Susanna Ceccardi, sarebbe stata inadeguata a coprire il ruolo di governatore della Toscana.
Tarchi ha diffuso una parte della lettera ricevuta, dalla quale ha omesso alcuni brani, tra i suoi corrispondenti e interlocutori. Chi ha letto frettolosamente la sua missiva ha in un primo momento pensato che l’estensore della lettera da lui citata fosse stato proprio Tarchi. Egli, dal canto suo, aveva pur specificato di limitarsi a diffondere uno scritto non suo: ma forse l’equivoco è nato dal fatto ch’egli non accompagnasse quelle righe da alcun commento personale: dando adito, ritengo involontariamente, a un equivoco spiacevole ma ragionevole, che cioè tacendo egli intendesse mostrare il suo assenso nei confronti del giudizio espresso a carico di Cardini e decisamente offensivo.
Chi conosce Tarchi e il suo stile (in senso non solo letterario) non può aver dubbi al riguardo. Tarchi ha tutto il diritto di dissentire da colui ch’è un suo più anziano collega e soprattutto un vecchio amico anche usando toni forti, ma non certo a suon di insulti.
Purtroppo la lettera ha provocato malintesi al limite del vero e proprio incidente diplomatico. Soltanto l’intelligenza di Marco Tarchi e di Franco Cardini ha evitato che la polemica tra alcuni loro amici comuni sfociasse in qualcosa di più serio. I due si sono infatti chiariti, pur restando ognuno sulle rispettive posizioni. Essendo un sincero amico di entrambi non posso che rallegrarmi di ciò e credo che molti altri la pensino come me. Tuttavia in questa vicenda c’è una cosa che non riesco a digerire: chi è quel signore o signora che nascondendosi dietro l’anonimato si è permesso di insultare Franco Cardini e di manifestare un tale livore nei suoi confronti, mettendo in difficoltà le tante persone che conoscono ambedue? Correttamente Marco Tarchi non ce lo può dire, verrebbe meno alla riservatezza obbligatoria in questi casi. Rivolgo quindi un appello all’anonimo/a: si faccia avanti con nome e cognome! Bisogna sempre avere il coraggio delle proprie azioni, anche di quelle sbagliate. È una lezione che abbiamo imparato da Franco Cardini e da Marco Tarchi.

Sono riconoscente ad Alessandro per la sua testimonianza e ribadisco che la questione non mi ha turbato affatto. Sarei d’altro canto francamente curioso di conoscere in modo analitico e dettagliato, dall’autore della lettera che Tarchi ha portato a parziale conoscenza di alcuni, le ragioni che lo inducono a ritenere che io stia “vaneggiando”? In che senso? In che modo? A proposito di chi, di che cosa? Le questioni della mia candidatura a sindaco, ad esempio, furono a suo tempo chiarite: per cui le sue illazioni appaiono fuori tempo e fuori luogo. Venni invitato a presentarmi da illustri amici fiorentini, quali Giannozzo Pucci e Gianni Conti. Non ricevetti durante la campagna alcun appoggio “occulto”, tanto meno in danaro. La mia coscienza di essere una persona assolutamente onesta, di buona cultura, buon conoscitore di Firenze e in possesso di una certa competenza amministrativa (sono stato fra l’altro per due anni membro del CdA della Rai e per sei di Cinecittà) mi faceva ritenere di poter a buon diritto candidarmi a una prova che pur sapevo benissimo ardua. Grazie al “voto disgiunto” ricevetti una buona affermazione personale (oltre 10.000 voti), per quanto le liste che mi avevano presentato, non essendo giunte al 3% dei suffragi, non ricevettero consiglieri. La stessa legge del “voto disgiunto”, forse non ben congegnata, negò di conseguenza anche a me – nonostante la massa dei voti da me personalmente guadagnata – l’accesso al Consiglio Comunale: cosa che non ritengo in fondo una sfortuna perché da solo ben poco avrei potuto fare mentre avrei dovuto immettere molto impegno nell’onorare il mandato ottenuto.
E veniamo alla sostanza degli insulti rivoltimi. Essi comportano evidentemente delle critiche. Il mio carattere e la mia esperienza professionale m’inducono ad accogliere sempre di buon grado qualunque critica e, se e quando essa mi convinca, ad accettarla con umiltà impegnandomi a migliorarmi (ma può darsi che ciò sia parte della mia natura vanitosa). Certo è comunque che a questo punto egli dovrebbe accettare lo sviluppo degli eventi: quindi dichiarare la sua identità, divulgare il suo scritto, difendere il suo punto di vista, accettare il confronto. Lo ospiterò volentieri e senza commento alcuno sui “Minima Cardiniana”. Si faccia avanti, dunque. O è un Leone da Tastiera?