Minima Cardiniana 304/3

Domenica 6 dicembre 2020, II Domenica d’Avvento

CHI L’AVREBBE MAI DETTO: L’ITALIA HA UNA POLITICA ESTERA
MANLIO DINUCCI
LA BOMBA È PRONTA: TRA BREVE IN ITALIA
Un video, pubblicato il 23 novembre dai Sandia National Laboratories, mostra un caccia Usa F-35A che, volando a velocità supersonica a 3000 metri di quota, lancia una bomba nucleare B61-12 (dotata per il test di testata non-nucleare).
La bomba non cade verticalmente ma plana, finché nella sezione di coda si accendono dei razzi che le imprimono un moto rotatorio e la B61-12 (guidata da un sistema satellitare) si dirige sull’obiettivo che colpisce 42 secondi dopo il lancio.
Il test è stato effettuato il 25 agosto nel poligono di Tonopah nel deserto del Nevada. Un comunicato ufficiale conferma il suo pieno successo: si tratta della prova di un vero e proprio attacco nucleare che il caccia effettua a velocità supersonica e in assetto stealth (con le bombe nucleari collocate nella stiva interna) per penetrare attraverso le difese nemiche.
La B61-12 ha una testata nucleare con quattro opzioni di potenza selezionabili al momento del lancio a seconda dell’obiettivo da colpire. Ha la capacità di penetrare nel sottosuolo, esplodendo in profondità per distruggere i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee.
Il programma del Pentagono prevede la costruzione di circa 500 B61-12, con un costo stimato di circa 10 miliardi di dollari (per cui ogni bomba viene a costare il doppio di quanto costerebbe se fosse costruita interamente in oro).
È stato ufficialmente annunciato che la produzione in serie della nuova bomba nucleare comincerà nell’anno fiscale 2022, che inizia il 1° ottobre 2021 (ossia tra undici mesi).
Non si sa quante B61-12 verranno schierate dagli Usa in Italia, Germania, Belgio e Olanda per sostituire le B61 il cui numero effettivo è segreto. Foto satellitari mostrano che sono stati effettuati lavori di ristrutturazione nelle basi di Aviano e Ghedi in preparazione dell’arrivo delle nuove bombe nucleari, di cui saranno armati gli F-35A della US Air Force e, sotto comando Usa, quelli dell’Aeronautica italiana.
In quale situazione si troverà l’Italia, una volta che saranno schierati sul proprio territorio gli F-35A pronti all’attacco nucleare con le B61-12, è facilmente prevedibile. Quale base avanzata dello schieramento nucleare Usa in Europa diretto principalmente contro la Russia, l’Italia si troverà in una situazione ancora più pericolosa.
Dipenderà ancor più di prima dalle decisioni strategiche prese a Washington, che comportano scelte politiche ed economiche lesive della nostra sovranità e dei nostri reali interessi nazionali.
Dovrà accrescere la spesa militare dagli attuali 26 a 36 miliardi di euro annui, cui si aggiungeranno secondo i piani oltre 60 miliardi stanziati a fini militari dal Ministero dello sviluppo economico e tratti (più gli interessi) dal Recovery Fund.
L’Italia violerà ancor più di prima il Trattato di non-proliferazione, al quale ha aderito nel 1975 impegnandosi a “non ricevere da chicchessia armi nucleari né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente”.
Rifiuterà ancora di più il recente Trattato Onu sulla abolizione delle armi nucleari, che stabilisce: “Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi”.
Per gettare un sasso nell’acqua stagnante di un parlamento che tace su tutto questo, l’on. Sara Cunial (Gruppo Misto) ha presentato una interrogazione a risposta scritta alla Presidenza del Consiglio e ai Ministeri della Difesa e degli Esteri.
Dopo aver esposto i fatti sopracitati, l’interrogazione chiede “se il Governo intende rispettare il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, ratificato dall’Italia nel 1975; se intende firmare e ratificare il Trattato ONU sulla abolizione delle armi nucleari, che entra in vigore nel 2021; se intende far sì, in base a quanto stabiliscono tali trattati, che gli Stati Uniti rimuovano immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinuncino a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari”.
Mentre aspettiamo di leggere la risposta del Governo, negli Usa fanno gli ultimi test della Bomba, che ci verranno a mettere sotto i piedi.
(il manifesto, 1° dicembre 2020)

L’articolo di Manlio Dinucci, sempre preciso e puntuale, merita qualche nota: come sempre, ma oggi un po’ di più. Non è una presa di distanze: è, diciamo così, un “avviso ai naviganti”.
Non vi sono dubbi che l’Italia violerà di nuovo tacitamente – difficile dire se più di prima – il Trattato di non-proliferazione, così come continuerà a rifiutare il recente Trattato Onu sull’abolizione delle armi nucleari. In quest’ultimo caso si trova in “buona compagnia”: gli stati con armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) non hanno partecipato ai negoziati, così come gli stati parte di alleanze militari che includono la deterrenza nucleare quali quelli appartenenti alla NATO (a eccezione dei Paesi Bassi), la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia. Da notare che un paese in possesso di armi nucleari come Israele non ha mai aderito al Trattato di non-proliferazione.
Parlare di “scelte politiche ed economiche lesive della nostra sovranità e dei nostri reali interessi nazionali” è pleonastico: a livello politico, economico e militare il nostro paese non è più sovrano dal secondo dopoguerra. I fulmini di Sigonella e la ricerca di “terze vie” sono ormai un lontano ricordo, così come lo sono – purtroppo, ci viene da dire – le personalità politiche della prima repubblica artefici di tali iniziative, che hanno pagato a caro prezzo – e in modo diverso – questi sussulti di sovranità e amor patrio, gli stessi che pare appartengano anche all’onorevole Sara Cunial, ex pentastellata e attualmente nel Gruppo misto, ovvero colei che ha presentato un’interrogazione in merito alle armi nucleari installate sul territorio italiano.
Lodevole iniziativa, su questo non ci sono dubbi. Qualche perplessità si presenta tuttavia dando un’occhiata al curriculum politico della Cunial, che si distingue soprattutto per alcune prese di posizione sopra le righe che definire discutibili è un eufemismo. Espulsa dal M5S nell’aprile 2019 per una “crisi diplomatica” dovuta a una dichiarazione della stessa sul problema
xylella che colpì gli ulivi pugliesi alcuni anni fa, la Cunial si è espressa – presentando pure una mozione, rifiutata dalla Camera – in modo critico nei confronti della rete 5G. Ma ciò che più colpisce sono le sue posizioni rispetto alle vaccinazioni – un “genocidio gratuito”, secondo la sua stessa definizione – e, soprattutto, quelle relative all’emergenza coronavirus, a suo giudizio un complotto per l’instaurazione del “nuovo ordine mondiale”. Plateali – e pericolose, a nostro avviso – alcune esternazioni non proprio ortodosse, come un dpcm strappato dopo un duro intervento alla Camera durante il quale non ha esitato a criticare aspramente le iniziative del governo per contenere un virus “del quale si muore con le stesse probabilità di essere colpiti da un asteroide”, oppure la decisione di non indossare la mascherina e di infrangere puntualmente le limitazioni imposte. Non un grande esempio di civiltà, serietà e buonsenso da parte di un membro delle istituzioni.
Queste premesse sono necessarie per valutare la persona in oggetto. Che poi chiunque di noi possa sbagliare in certe cose e aver ragione in certe altre, è pacifico. Al solito, noi siamo dell’avviso di dar voce a tutte le proposte che ci sembrano interessanti, anche se e quando non le condividiamo
in toto o non le condividiamo affatto. Ma, proprio perché quelli che ci seguono appartengono a molti e differenti indirizzi politici, culturali, religiosi ed etici, è sempre bene esser chiari. La verità in tasca non ce l’ha nessuno: il diritto di esternare il proprio meditato pensiero e il dovere di rispettare il meditato pensiero altrui, quelli ce li abbiamo tutti.
Comunque, la verità che sorprenderà qualcuno è questa. L’Italia ha una politica estera. Quella di un paese che, mancando di sovranità, sta accettando di diventare una rampa di lancio di ordigni anche nucleari in quanto è in mano a una classe dirigente (e non parliamo solo di quella politica, che è visibile, ma di alcuni gestori-finanziatori-mandanti dietro le quinte) che ha fatto scelte precise: il neoatlantismo “pacifista” e “democratico” che si sta profilando con la gestione Biden dopo il bislacco tentativo trumpiano di recuperare una
leadership mondiale unilateralistica fatta di “strappi” e di colpi di testa.
Lo dicevamo: nelle ultime elezioni USA avrebbe comunque vinto il peggiore: nel senso che le due parti in causa si apprestavano entrambe a scelte sbagliate e pericolose. Quelle di Trump sono state – per ora – evitate: o solo rimandate. Ora, con Biden, l’Atlantico si sta di nuovo stringendo, USA ed EU navigano di nuovo di conserva (ma la rotta la sceglie Washington). Dal momento che altro non possiamo fare, osserviamo con attenzione. L’immediata cartina di tornasole – sia una bomba a scoppio ritardato lanciata da Trump fra i piedi di Biden, sia una trovata dei democratici d’assalto agli ordini della solita Crudelia De Mon Clinton – è la nuova parola d’ordine isterica: attenzione! il grande pericolo mondiale sia sul piano nucleare sia su quello terroristico è l’Iran.
Già: è tuttavia un vero peccato che l’Iran, fedele a un principio molto preciso che vale per tutto l’Islam sciita (e solo per una parte di quello sunnita) può sostenere atti di guerriglia, ma terrorismo non ne ha mai fatto; mentre atti di terrorismo ne ha subito eccome (i perplessi rileggano lo splendido fondo di Riccardo Radaelli,
Anche questo è terrorismo, “Avvenire”, 1.12.2020, scritto all’indomani dell’assassinio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh, che ormai è universalmente dimenticato: v’immaginate l’accanito can-can mediatico che si sarebbe scatenato se i servizi iraniani avessero soppresso uno scienziato nucleare statunitense?). Ed è un vero peccato che fino a ieri l’amministrazione Trump, l’Arabia Saudita e Israele abbiano sostenuto che l’Iran ha un programma nucleare clandestino e lo sta portando avanti (il che ricorda molto le “terribili armi di distruzione di massa” dell’Iraq di Saddam Hussein nel 2002…). Ma gli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), i quali visitano regolarmente le installazioni nucleari iraniane, non hanno riscontrato irregolarità. Ma allora – si dirà – perché l’Iran non dà una decisa prova di buona volontà chiudendo definitivamente tutte le istallazioni ed eliminando i programmi nucleari? Ma perché, illustri Amici, tale paese – e il suo governo lo ripete da anni, senza che nessuno da noi lo stia a sentire – ha aderito al trattato internazionale di non-proliferazione, con ciò impegnandosi a non provvedersi di armi nucleari: ma il trattato, ovviamente, consente ai suoi firmatari di sviluppare un programma nucleare per usi civili, e di ciò l’Iran ha bisogno, e a ciò ha diritto, come qualunque altro paese nel momento in cui le riserve petrolifere rischiano di essere arrivate o sono già arrivate al “picco” e l’opinione pubblica mondiale, grazie a Dio, si è finalmente accorta di quanto un secolo e più di uso indiscriminato dell’energia petrolifera abbia irrimediabilmente compromesso l’equilibrio ambientale. Fakhrizadeh non era per nulla un Dottor Stranamore, era uno scienziato serio e responsabile che serviva lealmente il suo paese e collaborava con gli organi internazionali. È stato ammazzato vigliaccamente da una banda di gangsters: e voi, che vi siete di nuovo commossi di recente seguendo in TV la vicende del maxiprocesso di Palermo contro la mafia, sappiate che sul piano della politica internazionale noi siamo al livello dei Quacquaracquà che hanno retto il sacco agli assassini di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e del generale Dalla Chiesa.
Franco Cardini – David Nieri