Minima Cardiniana 307/1

Domenica 27 dicembre 2020
Sacra Famiglia, San Giovanni Evangelista

EDITORIALE

UNA FESTA IN CIELO, ASPETTANDO LA STELLA DEI MAGI
Cari Amici,
formalmente, siamo all’ultimo numero dei MC dello scombinato, bisestile 2020.
Tuttavia con il 21 dicembre, solstizio d’inverno, siamo in realtà già entrati nell’anno nuovo. Siamo nelle fatidiche “Dodici Notti”, quelle care anche a William Shakespeare. Esse cominciano da quella tra il 24 e il 25 dicembre, notte di Natale, e da allora se ne contano 13 fino a quella tra il 5 e il 6 gennaio, la fatidica notte di Shakespeare.

Tra Natale ed Epifania, ogni giorno vale come un mese dell’anno: quindi da come va ciascun giorno si traggono auspici per il mese che viene: il 25 andrà come il gennaio, il 26 come il febbraio e così via.
Secondo la tradizione, il 25 dicembre è il giorno centrale della settimana solstiziale romana, che in età imperiale era dedicata al dio solare Mithra identificato con il
Sol Comes Invictus, il tempio del quale sorgeva dove ora è la chiesa di San Silvestro (esatto vertice a Roma di un triangolo gli altri due del quale sono il palazzo di Montecitorio e la basilica di Santa Maria in Via Lata). La notte centrale di quella settimana, tra il 24 e il 25, si dedicava alla glorificazione del genetliaco dell’imperatore, a sua volta – soprattutto durante il periodo dei Soldatenkaiser, la metà del III secolo d.C., e in particolare sotto Aureliano – adorato come incarnazione del Sol Comes Invictus, al quale corrispondevano il Baal Shamash di Emesa in Siria e l’Amon Ra-Jupiter-Helios di Heliopolis in Egitto.
Il culto solare-imperiale restò centrale in Roma, dove pertanto il giorno della Nascita del Cristo venne fissato al 25 dicembre per obliterare – mantenendone la forma calendariale – il Sole Imperiale, rendendone pieno e veritiero il culto con quello del
Christus Sol, figura del quale era il sole del cielo che dal solstizio invernale cominciava il suo corso ascensionale che dal 21-25 dicembre sarebbe giunto al 21-25 giugno, periodo solstiziale d’estate. I due solstizi, collegati rispettivamente al tropico del Capricorno e a quello del Cancro, erano rispettivamente la Ianua Ignis, che immetteva nel periodo dell’anno dominato dal calore e dalla secchezza (le due qualità del fuoco, a sua volta associato al sole), e la Ianua Aquae, che immetteva nel periodo dell’anno dominato dal freddo e dall’umido (le due qualità dell’acqua, a sua volta associata alla luna. I due pilastri solstiziali dell’anno vennero associati dalla vittoriosa fede cristiana ai due Giovanni (nome d’origine ebraica, ma “pseudoetimologicamente” collegato alle parole Ianua, con riferimento appunto ai solstizi, a anche Ianus, il dio connesso al greco Chronos che apre e chiude le porte dell’anno e per questo è dotato di doppio volto, vecchio quello posteriore che guarda al passato, giovane quello anteriore che guarda al futuro). Se l’Evangelista è il Giovanni che annunzia misticamente il Ritorno del Gran Re e quindi la Fine dei Tempi, e si associa per questo alla forza solare, il Battista, il cui arco semestrale freddo-umido è dominato dall’acqua, si collega all’elemento del battesimo e ci si aspetta che egli cali nella misura in cui cresce il Cristo. Le Cristianità orientali, per contro, restano estranee alla cosmografia sacrale incentrata su Roma e sul culto solare del sovrano, figura del Cristo; esse mantengono il loro legame sacrale con la grande divinità adorata nella Pars Orientis dell’impero e in particolare ad Alessandria e a Costantinopoli, Iside già nel mondo ellenistico identificata con Diana della quale si celebra la verginità e al tempo stesso la maternità: la s’invoca Signora della festività del 6 gennaio, dedicata alla consacrazione delle acque del Nilo, e la s’invoca quale Stella Maris: connotazioni poi passate alla Vergine Maria. In tal modo i cristiani orientali festeggiano contemporaneamente la festa gloriosa del Figlio e della Madre, la piane manifestazione della Sacralità Divina, quindi l’Epifania.
La “stella di Natale” ha pertanto una doppia identità: e difatti nella tradizione cristiana la di venera come astro ma anche come angelo, e sovente la si raffigura come un astro a otto raggi al cui interno è un angelo. In affetti, si tratta di un Messaggero divino: ch’è una sostanza separata e spirituale per gli ebrei, che conoscono direttamente la Verità divina e che, rappresentati dai pastori che nella notte di Natale vegliavano nei pressi della grotta di Betlemme, in quanto ebrei possono direttamente accedere al messaggio dell’angelo.
Ma il Cristo nasce per tutte le genti: e ai pagani Dio non si rivolge con il diretto messaggio dei Suoi araldi, bensì con quello – misterioso ma perfettamente leggibile ai saggi – delle stelle. Ed ecco la stella, correttamente interpretata dai magi, sacerdoti mazdei che attendono alla fine di ogni ciclo storico la nascita di un nuovo Saoshihans, di un Restauratore dell’Ordine, che correggerà il ciclo del cosmo ormai usurato dalla vecchiaia e al posto dell’ultima era del Vecchio Ciclo (Età del Ferro, Età Nera cioè, in sanscrito, Kali-Yuga) restaurerà l’età dell’Oro del Nuovo. È ovvio che la Stella dei Magi non sia una cometa: corpo celeste al contrario interpretato come funesto. Vero è che alla fine del medioevo la stella di solito provista di otto raggi veniva raffigurata spesso con il raggio inferiore più lungo, che poteva suggerire l’immagine di una coda: ma si trattava semplicemente di raffigurare in forma grafica visibile il fatto che l’astro, giunto su Betlemme, indicava il luogo della nascita di Gesù. D’altronde i magi si aspettavano che il Saoshihans nascesse come una fiamma nuova che sprizzava da una roccia viva; e a Betlemme esisteva un santuario del dio Adone, ordinariamente identificato con Mithra, che i primi cristiani assunsero come luogo della nascita di Gesù. Fu solo ai primi del Trecento che il pittore Giotto, raffigurando al natività nella cappella degli Scrovegni a Padova, ebbe l’idea innovativa di presentare come stella di Natale la Cometa di Halley, ch’egli aveva visto di persona rimanendone molto impressionato in quanto apre che nel passaggio di quell’anno essa fosse particolarmente grande e fulgida. Da allora, l’astro natalizio è diventato nella nostra tradizione (come diceva Oscar Wilde, una tradizione è un’innovazione ben riuscita) una cometa.
Ma che cos’era davvero la stella dei magi? La critica contemporanea è inclina a identificare in essa un fenomeno celeste in effetti visibile sul cielo vicino-orientale intorno agli anni 8-7 a.C., che sono quelli del censimento di Augusto (il collegamento con il 752-753 a.U.c. fu calcolato erroneamente a quanto pare da un monaco-astronomo siriano, Dionisio “minore”: il quale avrebbe sbagliato di 7-8 anni per difetto il collocamento cronologico). Oggi si ritiene che la data più probabile della nascita di Gesù sia appunto il 7-8 a.C. data del censimento, corrispondente a circa 3-4 anni prima della morte di Erode, che si spenge appunto probabilmente fra il 4 e il 3 a.C.). Gesù sarebbe quindi nato probabilmente verso il 7-8 a.C., vale a dire attorno al 746-47 a.U.c.; e oggi dovremmo essere verso la fine del 2027. Non c’è ovviamente nulla di sicuro. Fra l’altro, la Chiesa non si è mai pronunziata a proposito della certezza storica della nascita e quindi della vita di Gesù: la sua vita come fatto reale, non mitico, è articolo di fede sancito nel 325 al concilio di Nicea. Come recita il
Synbolon di quel concilio, la vita di Gesù – nato da Maria Vergine, ucciso sotto Ponzio Pilato, risorto – è proposta come dogma, cioè come articolo di fede che dev’essere creduto reale e veritiero al di fuori e al di sopra della ragione. I cristiani non sanno che Gesù ha vissuto; credono, cioè hanno fede, nella Sua Nascita, Morte e Resurrezione, esattamente come recita il Synbolon niceno e come proclama il rito della messa.
Quanto al corpo celeste che ha annunziato la Nascita, tramontata l’ipotesi che si sia trattato di una Supernova (la luce di un corpo celeste esploso), oggi si tende a ritenere che si sia trattato della
Coniunctio Magna – come viene definita in astrologia –, quindi dell’allineamento sulla linea retta visibile da parte degli osservatori della terra dei due pianeti Giove e Saturno nel cielo della costellazione del Capricorno. Quest’anno l’allineamento si è prodotto non il 25, bensì il 21, data del solstizio: la Coniunctio Magna si è quindi riprodotta in un cielo dominato dalla “cuspide” (momento d’incontro) fra la costellazione del Sagittario e quella del Capricorno. Si tratta di un fenomeno raro, che non si ripeteva da circa quattro secoli: sul piano astrologico, dovrebbe trattarsi di un segno straordinariamente fausto che ha concluso l’Annus Horribilis, il bisestile 2020, dal quale astralmente siamo già fuori. In effetti, saggiamente, nel mondo medievale era diffuso (ad esempio a Roma, nel calendario pontificio) far cominciare l’anno nuovo dal Natale. Ma non era generale. A Bisanzio e a Venezia lo si faceva cominciare il 1° settembre, secondo una tradizione greca; a Firenze e a Pisa cominciava il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, ma a Pisa con un anno di anticipo rispetto a Firenze; nel mondo francese lo si faceva cominciare per Pasqua, col risultato d’una notevole confusione in quanto al Pasqua è una festa mobile. La restaurazione dell’antico calendario solare romano di 12 mesi dal 1° gennaio dovette farsi strada lentamente, fra il concilio di Trento e il XVIII secolo.
Grazie a Dio, ci sono comunque le dittature. Il calendario romano venne formalizzato sotto Giulio Cesare, e saggiamente i russi e gli ortodossi se lo tengono stretto; gli occidentali hanno accettato la riforma di Gregorio XIII Boncompagni, entrata in uso il 24 febbraio del 1582; fu poi l’imperatore Napoleone, che come primo console aveva dovuto accettare il bislacco calendario giacobino, a ristabilire il 31 dicembre 1805 il calendario gregoriano. Le cose restarono comunque difficili (ci sono in vigore i calendari ecclesiastici, quello ebraico, quello musulmano eccetera), ma internazionalmente ormai si accetta quello restaurato da Napoleone. Vive l’Empereur!
Comunque, la cronologia/cronografia è una scienza complicata. Se volete saperne qualcosa di più compratevi il manuale di A. Cappelli,
Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, tradizionalmente edito dalla gloriosa Hoepli di Milano: potrete sapere così in che giorno della settimana siete nati, avrete calendari seriali delle varie dinastie con nomi e date dei regnanti e capi di stato, tavole degli antichi calendari, prontuario della Pasqua mobile e così via. E non cominciate a rompermi le scatole chiedendo a me in che giorno della settimana siete nati o quand’è morto Carlomagno. Io faccio l’insegnante pensionato, non il medico della mutua per aspiranti storici che non vogliono studiare ma hanno sempre un mucchio di curiosità. FC