Minima Cardiniana 317/4

Domenica 7 marzo 2021, III Domenica di Quaresima

NELLA POLITICA DEI VACCINI, QUALCOSA CAMBIA
ANDREA MURATORE
GLI USA SANZIONANO I CENTRI DI RICERCA CHE HANNO LAVORATO A SPUTNIK
Joe Biden ha firmato le prime sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia nel corso del suo mandato, e lo ha fatto in un settore scivoloso: colpendo aziende e individui coinvolti, secondo i rapporti di Washington, nell’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny, gli Stati Uniti hanno trascinato nell’iniziativa anche istituti e figure chiave per la ricerca a Sputnik V, in una fase in cui il vaccino è prossimo al via libera alla diffusione anche nel continente alle porte di Mosca, l’Europa, e in diversi Stati alleati della superpotenza.
Le sanzioni colpiscono nel contesto del Ministero della Difesa russo e sono tenute, nel sito ufficiale del Dipartimento di Stato, separate da quelle mirate esplicitamente a controbattere le manovre di Vladimir Putin sul caso Navalny, come a mandare un esplicito messaggio politico: anche lo Sputnik V è, implicitamente, nel mirino di Washington. Le sezioni di Sergiev Posad, Kirov e Yekaterinburg del 48esimo Centro di ricerca del ministero della Difesa russo, fondato nel 1937 ai tempi di Stalin per gestire la produzione di armi non convenzionali e il 33esimo centro di ricerca (sanzionato dal Dipartimento del Tesoro) hanno contribuito attivamente alla ricerca su Sputnik, che Mosca ha internalizzato utilizzando gli apparati tecnologici e scientifici della Difesa nazionale.
“Hanno in passato lavorato ai programmi contro l’ebola guidati dal 48esimo centro”, ricorda Formiche, alcuni personaggi obiettivo delle sanzioni: “I colonnelli Viacheslav Kulish, Alexej Smirnov e il docente dell’Accademia militare di medicina Alexander Yumanov a capo della missione” umanitaria e militare compiuta dai russi nelle province di Brescia e Bergamo nella primavera scorsa. Una missione che già allora gli analisti Gabriele Natalizia e Salvatore Santangelo avevano ritenuto funzionale, tra le altre cose, a un massiccio data mining volto a acquisire informazioni biometriche e sanitarie sul Covid-19 nelle aree in cui aveva impattato di più per accelerare la corsa al vaccino.
Le sanzioni Usa, in questo contesto, sembrano voler penalizzare in maniera mirata due istituti molto strategici per la politica di ricerca del Cremlino e, al contempo, mandare un messaggio ad alleati e partner. Ovvero segnalare che nella loro ottica anche l’accesso a Sputnik è ritenuta una questione politica. Tutto ciò nonostante la precaria situazione vaccinale dell’Europa, le ripetute conferme in campo medico-scientifico della bontà del vaccino, le scelte di diversi Paesi (compreso San Marino, nel cuore del Vecchio Continente) di rifornirsi con lo Sputnik, la diffusione globale che l’antidoto di Mosca sta avendo. E la stessa convenienza per le società americane che con i loro impianti europei avrebbero tutto da guadagnare dall’avvio della produzione di Sputnik nel Vecchio Continente.
Far sospettare anche solo un legame remoto tra gli istituti accusati di aver prodotto il veleno che ha colpito Navalny e lo Sputnik V significa gettare un fiammifero nel già secco pagliaio dei rapporti tra Washington e Mosca. E compiere un atto politico problematico che, dal punto di vista degli States, difficilmente produrrà dividendi politici.
La contrapposizione inauguratasi ai tempi di Barack Obama e mai veramente sopita da Donald Trump si fonda sulla sostanziale accettazione da parte dell’Europa della forma (sanzioni, esclusioni da summit come il G7 e via dicendo) del contenimento anti-russo. Ma già da tempo, complici soprattutto le mosse della Germania, il fronte del totale accerchiamento di Mosca scricchiola. Tentare di rivitalizzarlo sul caso Navalny è già di per sé una mossa complessa; far rientrare lo Sputnik nel perimetro del contrasto alla Russia rappresenterebbe, per Joe Biden, un madornale errore. Per ora il richiamo esplicito a Sputnik non compare nel testo delle sanzioni Usa: ma se in futuro, quando il vaccino moscovita si diffonderà in Europa Washington dovesse usare il riferimento ai laboratori e ai militari coinvolti nelle sanzioni come arma politica contro Mosca, questo potrebbe creare un evitabilissimo cortocircuito nelle relazioni transatlantiche.
(InsideOver, 6 marzo 2021)