Domenica 22 maggio. Solennità della SS. Trinità
MA QUALE BELLEZZA, PER QUALE MONDO?
“La bellezza salverà il mondo”. All’ineffabile massima del principe Mishkin, il protagonista de L’Idiota di Fiodor Michailovich Dostoevskij, si può soltanto rimproverare la paradossale, altissima ambiguità. Ciò è sempre vero, d’altronde, per tutte le estrapolazioni: eppure, il contesto stesso del capolavoro dostoevskiano lascia poco spazio a un’esegesi cartesianamente “chiara e distinta”. Più che nel campo delle proposte estetiche siamo in quello dell’intuizione mistica. Senza voler minimamente contrapporre la verticalità d’una massima sublime alla volgare orizzontalità di un ambiguo buon senso, non è facile nemmeno dire quanto “popolare”, si potrebbe con una certa buona dose di scetticismo contrapporle l’adagio “Non è bello quel ch’è bello, è bello quel che piace”. Ma, se si vuole, proprio qui sta il punto: a quel tanto – moltissimo – di spirito platonico (il solito Cartesio parlerebbe di ésprit de finesse, ma anche e perciò stesso – e non a caso – di ésprit de géometrie) presente nelle parole del principe Mishkin, il volgare “buon senso” moderno sembra in realtà replicare citando l’a modo suo nobile massima di Protagora, “l’uomo è misura di tutte le cose”. Ma (attenzione!) “uomo” come specie umana, come natura umana – essendo cattolico, io ritengo che esista obiettivamente una natura umana, frutto di creazione divina e non di convenzione umana -, insomma “uomo” come Menschen, oppure “uomo” come astrazione individualizzante, come singolo, con tutto il bagaglio di una soggettività che astragga da qualunque superiore misura in quanto deliberatamente la ignora, se addirittura non la rinnega? Perché in questo secondo caso la proposta dostoevskiana viene automaticamente vanificata dal momento che il carattere obiettivo della bellezza diventa inattingibile in quanto irriconoscibile: anzi, ad esso viene negata qualunque concreta consistenza; l’arbitrio individuale, e quindi la forza del consenso che il “soggetto agente” responsabile di una proposta estetica è in grado di mettere in campo, diventa sola unità di misura alla luce della quale dichiarare “bello” o “non bello” qualunque oggetto. Il gusto e l’esegesi del gusto si sostituiscono all’applicazione di un “cànone” alla luce del quale la bellezza sia comunitariamente riconosciuta in quanto tale da una comunità.
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