Minima Cardiniana 198
Domenica 28 gennaio 2018 – IV Domenica del Tempo Ordinario – San Tommaso d’Aquino
KAKATE&PORKATE
SEZIONE KAKATE. GOLDEN AMERICA
La costellazione dell’acquario è evidentemente attraversata da un’onda di meteoriti scatologici (non escatologici, attenzione: senza la e-; no, le scatole non c’entrano; informatevi). Ormai stiamo cadendo sempre più in basso, e viste le promesse temo che atterreremo su un terreno soffice forse, ma certo imbrattante e maleolente. O sentite questa, che in termini di kitsch ha pochi rivali ma descrive molto bene il livello ormai raggiunto dalle kakocrazie. La Casa Bianca ha chiesto al Guggenheim Museum un quadro dipinto nel 1888 da Vincent van Gogh per una breve esposizione. Secondo il “Washington Post”, la signora chief curator dell’illustre Museo, Nancy Spector, ha respinto la richiesta ma ha offerto in cambio alla prestigiosa sede presidenziale un altro capolavoro da essa detenuto: una “tazza da toilette” (vulgo WC) in oro massiccio a 18 carati, opera dell’artista Maurizio Cattelan, installata nel Museo durante il 2016 e messa a disposizione dei visitatori crisocoprofili (anche qui, ragazzi, studiatevi un po’ di greco che vi fa bene!). Trattasi d’installazione igienica del tutto funzionale e la signora Spector la offre adesso al suo Presidente, evidentemente invitandolo a depositarvi, al momento opportuno, i suoi illustri glutei. L’opera d’arte ha naturalmente un nome, adatto a far capire quale sia il giudizio che il suo creatore dà degli States: il suo nome è difatti America, e si suppone che l’omaggio offerto al Presidente serva anche a ricordargli a quale livello il paese sia giunto. Ma, aggiunge mrs. Spector, “should the President and First Lady have any interest in installing it in the White House”, Cattelan “would like to offer it to the White House for a long-term loan”, ma attenzione in quanto “it is, of course, extremely valuable and somewhat fragile”, tuttavia “we would provide all the instructions for its installation and care.”
Et voilà, ecco a Voi una foto del prezioso oggetto. E’ qui che finisce la democrazia?
SEZIONE KAKATE. C’E’ IL LIETO FINE!
Però, finalmente, dulcis in fundo. Anzi, Nuntio vobis gaudium magnum. Di più: Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus. L’incubo kakoalluminiko è finito: il cilindro fecale (molto imperfetto anche in quanto tale) impostoci alcune settimane fa da alcuni Grandi Artisti spalleggiati da Illustri Critici d’Arte e sostenuti da alcuni altri Illuminati Amministratori è stato rimosso dalla fiorentina Piazza della Signoria. Ora, noialtri ignoranti superficiali conformisti che non siamo altro possiamo tornare in pace a goderci la Giuditta di Donatello, il Perseo del Cellini e perfino il granduca Cosimo del Giambologna. Ci vergogniamo della nostra banalità, del nostro gusto mediocre, della nostra prevedibilità. Ma, incorreggibili, supplichiamo i beati Giovanni Battista, Zanobi, Reparata, Miniato e tutti gli altri copatroni della Città del Fiore affinché tengano lontani da essa, in futuro, altri capolavori postmoderni.
SEZIONE PORKATE. COME SI DICE NO’ARTRI DI SAN FREDIANO, L’E’MMAIALA!
Un guitto di quart’ordine, evidentemente insoddisfatto del suo cognome che ricorda un brutto pescetto commestibile (ma il nome di tale bestiola si usa anche per indicare persona brutta oppure maleducata), l’ha mutato con un “nome d’arte” (façon de parler) che indica un famoso piatto, un “primo” di quelli che si servono al giovedì (sabato trippa).
Non seguo usualmente le performances del diciamo così artista in questione. Mi dicono però che egli si è giorni fa è esibito in un interessante numero di satira onomastica. Pare difatti che un manifesto propagandistico dei “Fratelli d’Italia” romani raffiguri una silhouette della Città Eterna sommersa dai rifiuti e sovrastata da un grosso suino che vi grufola: trasparente la critica nei confronti dell’amministrazione comunale della signora Raggi. Ebbene, il guitto ha rivelato che quel “maiale” in realtà è un animale femmina: quindi, vulgo, una “maiala” (termine che si usa anche per indicare signore poco serie, professioniste dell’amore mercenario eccetera), il nome della quale sarebbe – udite, udite! – Claretta Petacci.
Le balde intenzioni (presumibilmente “antifasciste”: e pertanto secondo lui ipso facto legittime) del guitto dal cognome ittico e dal soprannome pastario hanno, a giudicare dai social networks, alquanto indignato molte signore – non solo di destra, e nemmeno necessariamente femministe –, le quali lo hanno rimproverato per aver gratuitamente offeso la vittima di un orribile femminicidio. Al guitto non può difatti essere sfuggito che non solo la signora Petacci fu assassinata vilmente e illegalmente (non si può certo, nel suo caso, parlare di persona “giustiziata”), ma che il suo corpo fu più tardi oggetto di un barbarico ludibrio.
Ma a quel che pare l’ittopastario si è difeso trincerandosi dietro la sua conclamata professione giullaresca e sostenendo quindi il suo diritto di “fare satira”. Beh, se è così, ridi pagliaccio. E, siccome sei competente in cose suiniche, consentimi di salutarti con un vecchio vocativo caro al mio dolce rione di San Frediano: L’e’mmaiala!