Edizione straordinaria
Intervista di Riccardo Paradisi a Franco Cardini per Linkiesta
Né con l’establishment né coi populisti: io sto con Papa Francesco
Schiacciati sulla cronaca – le news, i tweet, i post – ci siamo dimenticati la Storia. Le sue costanti, i suoi tornanti, l’essere noi episodio del suo portato. Franco Cardini – fiorentino, medievista, cattolico, storico tanto autorevole quanto anticonformista – ci ricorda in questo colloquio con Linkiesta che la Storia non è acqua. La crisi politica internazionale che sta cambiando la fisionomia del mondo ha indotto stupore in chi pensava con Francis Fukuyama che la storia fosse finita. In realtà, dice Cardini: “Ci siamo già passati: il vecchio liberalismo ci cacciò negli stessi guai nel 1918. E tra il 1945 e il 1948 si è solo consolidato l’ordine che si volle stabilire alla fine della prima guerra mondiale e che oggi, dopo 70 anni, rischia di nuovo di esplodere, con conseguenze imprevedibili”. Partiamo da qui professor Cardini: lei dice che noi oggi stiamo attraversando un tornante della storia – nazionalismi ruggenti, protezionismo, conflitti sociali e politici – che ci pone di fronte a una situazione molto simile di quella venutasi a creare in Europa un secolo fa.
L’ordine che Wilson dopo la prima guerra mondiale volle dare al mondo torna a generare terremoti, certo. Vede: nella sua idea di ricostruire l’Europa e d’impostare il mondo secondo un ordine democratico, Wilson partiva dal principio dell’autodeterminazione dei popoli. Principio sacrosanto, in astratto: peccato, però, che Wilson concepisse l’autodeterminazione dei popoli a modo suo e a scapito dei vinti della guerra mondiale. E così, carte alla mano, si mise a disegnare una geografia politica del mondo nuova, creando raggruppamenti artificiali e strumentali alla politica dei vincitori. Si dovevano premiare i serbi, e così si creò la cosiddetta Jugoslavia, un’entità assolutamente fittizia che riuniva tutti: croati, sloveni, montenegrini sotto l’egemonia serba. Si dovevano premiare i cechi, perché per primi si erano agitati contro l’impero austroungarico: e così si accorparono slovacchi e cechi, per punizione dei primi (che ad esso erano rimasti fedeli) e per soddisfazione dei secondi. Si vollero creare le nazioni arabe – senza che gli arabi avessero mai espresso un desiderio simile né conoscessero granché il significato della parola “nazione”, tradotta per loro dagli occidentali con il neologismo arabo watan – ma poi si scoprì che le nazioni arabe avrebbero dato fastidio e allora si preferì frammentare il mondo arabo prima (1918) dividendolo nella forma dei mandati sotto l’egida della Società delle Nazioni (ai francesi, Siria e Libano; agli inglesi, Giordania, Palestina ed Egitto), quindi, fra anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, combattendo il nazionalismo e il socialismo arabo come i peggiori mali del mondo. Poi si doveva apoggiare il movimento sionista, radicato in Palestina da tempo ma legittimato dal 1917 grazie soprattutto all’opera del governo britannico (sotto il premier Lloyd George) e così si aprì la questione del Vicino Oriente che ci tocca ancora da vicino. Vogliamo parlare dei curdi? Un’entità di popolo unita da sempre che finisce con la Pace di Parigi del 1919-20 dispersa in quattro stati (Siria, Iraq, Turchia, Iran) in punizione del fatto che durante la prima guerra mondiale, a differenza degli arabi, non aveva accettato di ribellarsi per passare dalla parte dell’Intesa. Ecco, dietro la formula dell’autoderminazione dei popoli in realtà si reiterava, nella neolingua del tempo, un remaking del caro vecchio colonialismo, proprio quello condannato e combattuto da Wilson. Che naturalmente si riservava la condanna di nuove forme di colonialismo (come quello, arretrato e maldestro, degli Italiani del ’35-’36) perché ad avere le colonie dovevano essere loro, i padroni di sempre. Le sanzioni all’Italia nel 1935 nascono in fondo – al di là delle responsabilità fasciste, che ci sono e non sono lievi – da questa presunzione. Ecco: tutte queste belle cose sono state ribadite alla fine della seconda guerra mondiale, vinta dalle stesse grandi potenze, con l’esclusione dell’Italia, che avevano già vinto la prima guerra mondiale. Da allora alle nuove guerre – dalla Corea all’Afghanistan all’Iraq – non c’è stata soluzione di continuità: solo mutamento di leadership mondiale dalla Gran Bretagna agli USA. Da Lloyd George a Churchill a Mc. Namara a Kennedy a Nixon a Bush a Trump il percorso è tortuoso, ma non c’è soluzione di continuità. Continua a leggere “Edizione straordinaria”