Minima Cardiniana 225/2
Domenica 9 dicembre 2018. II Domenica d’Avvento. San Siro
Il professor Alfonso Lagi, fiorentino, circa settantenne, Primario Emerito del celebre ospedale di Santa Maria Nuova (fondato alla fine del duecento da Folco Portinari, il padre della Beatrice dantesca) e attualmente primario della nota casa di cura della sua città “Villa Donatello”, è uomo di vaste risorse e di molteplici interessi. Come càpita spesso ai grandi clinici, è anche prolifico autore di romanzi specie di genere “giallo”. Ma, temperamento in fondo appartato, ha finora preferito firmarli con un pseudonimo e stamparli a proprie spese. Solo di recente l’incontro con un editore pisano d’origine ma viareggino d’adozione, David Nieri, titolare dell’editrice La Vela, appunto, di Viareggio – un altro che fa le cose per passione, senza curarsi minimamente delle prospettive di lucro –, ha fatto scoccare una reciproca scintilla di simpatìa. Ne è scaturito un primo a mio avviso molto felice episodio di collaborazione: per i tipi dell’editrice La Vela sta per uscire, dunque (sarà in libreria prima di Natale), il “romanzo giallo” (chiamiamolo, forse riduttivamente, così) di Alfonso Lagi, La casa sull’Appia Antica: si tratta, in realtà, se si vuole, di un “romanzo storico”: il “delitto Matteotti” del giugno 1924 raccontato dalla “proprietaria-direttrice”, dalle “ragazze” e dagli avventori di un’elegante, esclusiva “casa di appuntamenti” romana del tempo.
Autore ed Editore – forse tenendo presente anche una specie di mia passionaccia di “giallista mancato” – mi hanno fatto l’onore di chiedermi una Prefazione a quel libro. La propongo anche a Voi, con la raccomandazione di comprare il libro, sotto forma di un
INVITO ALLA LETTURA
Valgono ancora, i generi e i sottogeneri letterari? Hanno mai avuto un valore, o meglio, sono mai valsi a qualcosa? Il mio pervicace e facinoroso anticrocianesimo mi porterebbe ad affermare che il loro valore è immenso e imprescindibile, dal momento che don Benedetto tanto li detestava. Mi resta d’altronde difficile ignorare il magistero di Aristotele e di Orazio, che tanto peso ha avuto nella tradizione medievale e umanistica; come mi risulta arduo il passar sotto silenzio il carattere rivoluzionario che l’applicazione della teoria dei generi letterari ha rivestito nell’esegesi biblica. Resta d’altronde vero che non v’è genere letterario che non si possa scomporre, decostruire, ibridare: che poi operazioni del genere equivalgano o meno a una loro vanificazione, è altro problema rispetto al quale non saprei prendere posizione: giova, in casi come questi, appellarsi al fatto che tali problematiche sono ormai vetuste e desuete? Continua a leggere “Minima Cardiniana 225/2”