IL CASO CHARLIE GARD E L’ACCANIMENTO MEDIATICO, di Marina Montesano
Mi è difficile esprimere un parere sulla vicenda medica di Charlie Gard, il bambino inglese di dieci mesi al centro di un contenzioso fra medici e genitori, con ricorso alla magistratura. Ho trascorso gli ultimi trent’anni a occuparmi di storia, prima come studente universitario poi come docente, e ancora nel mio settore di ricerca sono più le cose che non conosco che quelle che padroneggio; e lo reputo normale. Quindi figuriamoci cosa posso sapere di una malattia degenerativa rarissima, una patologia dei mitocondri delle cellule. Fino a questa vicenda, neppure sapevo che esistesse, della qual cosa posso solo ritenermi fortunata: ora so che è una malattia tremenda e incurabile, che ha ridotto un bambino di diciotto mesi in un letto d’ospedale, sordo, cieco e intubato. Ho provato a leggere i pareri degli esperti in materia, visto che io non lo sono. Sono stata molto colpita dall’analisi lucida e allo stesso tempo emotivamente coinvolgente espressa da una dottoressa del San Raffaele di Milano, Alessandra Rigoli: http://www.tpi.it/opinioni/dottoressa-cattolica-commento-charlie-gard/
Può darsi che mi capiterà di leggerne altre, contenenti un parere differente, che mi spingeranno a pensare differentemente. Per ora mi sono fatta l’idea che nel caso di Charlie non si possa parlare di eutanasia, ma della fine di un accanimento terapeutico. Ma se volessi davvero saperne di più, dovrei entrare in possesso di tutte le carte mediche e processuali, ammesso siano pubbliche (le prime credo e spero di no), nella speranza di capirle appieno, e farmi un parere meglio motivato in base ad esse.
Tuttavia, mentre cercavo queste informazioni, mi sono imbattuta, anzi sono stata travolta da un’infinità di commenti sulla vicenda. Alcuni ragionevoli, molti imbevuti di un mix esiziale di paragoni del tutto aneddotici (un altro bambino è vivo / felice / ecc., senza chiedersi se davvero vi sia un rapporto con il caso in questione), di pareri medici e teologici espressi da persone prive di qualsiasi competenza in entrambi i campi, di invettive apocalittiche contro modernità / medici / tribunali / corti europee. Se espressi su Facebook, talvolta accompagnati da emoticon con lacrimuccia, cagnolini piangenti e così via. Insomma, l’atmosfera giusta per inquadrare un caso del genere.
In parte, è l’ormai famigerato ‘popolo di internet’, quello che soprattutto in Italia è riuscito a mettere insieme antiche ignoranze e moderno senso di onnipotenza, per cui non ci si limita più a rifare la nazionale d’Italia, come ai bei tempi, ma si disquisisce di tutto senza conoscere niente. Se poi si tratta di medicina / diritto / storia tanto meglio: un bignami, o il suo equivalente contemporaneo, l’hanno aperto tutti almeno una volta nella vita! E ovviamente, quello di medici / giuristi / professori è solo sapere pomposo del quale è opportuno dubitare.
Ma non c’è solo questo. Si scopre, seguendo questa vicenda, che esiste un popolo numeroso veramente preoccupato per il diritto alla vita dei deboli e degli indifesi. E’ rincuorante, e al tempo stesso sorprendente: perché, generalmente, è un popolo che si nasconde bene. Dove siete quando c’è chi plaude ai bambini annegati nel Mediterraneo? Perché non tuonate? Dove siete quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia che nel 2016 la malaria, curabilissima, ha fatto 429mila morti? Che 2/3, ossia circa 280mila, sono bambini sotto i cinque anni? Ma molti di più ne uccidono la polmonite e persino la diarrea: oltre un milione ogni anno.
Certo, per questi bambini morti l’accanimento mediatico non c’è. Opinionisti e politici (tanti i sedicenti cattolici) tacciono, nessuno ha interesse a parlarne, e tanto gli emoticon quanto i cagnolini di facebook possono risparmiarsi le lacrime.
Marina Montesano