Al Direttore de “La Nazione” – Firenze
Caro Direttore,
qui in Inghilterra, dove in questo momento mi trovo per motivi di studio e per passare qualche giorno con Chiara, la mia seconda figlia, che lavora a Cambridge, sono stato raggiunto dall’eco per l’avvio – mi sembra alquanto polemico – delle celebrazioni per il settimo centenario della morte di Dante, che cadrà nel 2021. Una brava collega del nostro giornale mi ha “stanato” per chiedermi che cosa io ne pensi dell’idea di riportare a Firenze (ammesso che ciò sia tecnicamente possibile: il che mi pare alquanto problematico) per qualche giorno, in tale occasione, le ceneri di Dante, da restituirsi quindi a Ravenna.
Ho espresso in poche parole, che a qualcuno sono parse molto dure, il mio giudizio: che è di totale riprovazione di tale idea. So bene ch’essa dipende dall’iniziativa di alcune personalità cittadine tra le quali vi sono molti miei carissimi amici personali: ma, come si usa dire, amicus Plato, sed magis amica veritas. E la verità è che questa versione laica della tradizione cristiana delle “reliquie pellegrine” è straordinariamente maldestra, antistorica e inopportuna: ed è del tutto grottesco l’alibi, da qualcuno avanzato, che ciò servirebbe a incentivare specie presso i giovani l’interesse per l’opera dell’Alighieri. A tale scopo servirebbe ben altro che non una trovata mediatica di pessimo gusto, un baraccone pseudo-sacralizzante.
So che il parere mio e di altri, espresso in vario modo ma diretto nel medesimo senso, ha suscitato malumori e polemiche: e ne ho verificato l’eco attraverso i social. Ma basterebbe al riguardo l’eccellente studio sull’esilio di Dante pubblicato da una nostra valorosa medievista, Chiara Mercuri, per convincere chiunque dell’inopportunità della translatio delle ceneri del Poeta da Ravenna, dove si trovano e debbono restare, a Firenze: i miei concittadini debbono accettare le loro responsabilità storiche e accontentarsi del cenotafio in Santa Croce.
Caro Direttore, oggi, 7 agosto, sono andato in “pellegrinaggio d’amore” a Stratford-upon-Avon, dove nella Holy Trinity Church riposano i resti di William Shakespeare. Sulla sua tomba sono incisi i versi seguenti: “Good frend, for Jesus’ sake, forbear to dig the dust enclosed here: – blessed be the man that spares these stones – and cursed be he, that moves my bones” (Buon amico, per amore di Gesù, guardati dallo scavare le ceneri qui deposte: – sia benedetto l’uomo che risparmia queste pietre – e maledetto chiunque rimuova le mie ossa”). Che sia di mònito questa iscrizione anche ai miei concittadini, qualunque siano le loro intenzioni.
Con saluti cordiali, Franco Cardini