Efemeridi & Spigolature 8

E lo Yemen? In Yemen, la situazione è confusa al punto che gli statunitensi sembrano aver sospeso le operazioni che conducevano per mezzo di droni contro i “santuari” jihadisti, mentre Sana’a è in mano agli sciiti. Il presidente Obama, che è in procinto di partire per la capitale saudita, Riad, dove renderà omaggio al defunto sovrano insieme con il successore Salman bin Abdulaziz al-Saud, ha l’aria di voler organizzare un consiglio volante di guerra. Attenti a non nominare il nome del jihad invano. In tutta la penisola arabica il bandolo della matassa sta nella fitna tra gli emiri sunniti e le popolazioni a maggioranza sciita. Ma questa notizia non tira l’acqua a nessun mulino e pertanto i media la tacciono, o per ignoranza o per malafede.

E il Centroamerica? Ombre anche sull’assolata America latina. I dissidenti e gli esuli anticastristi (spesso criminali comuni riciclatisi in vittime della tirannia comunista) protestano con il presidente Obama, a loro dire troppo morbido con i castristi. Frattanto quella che ormai molti osservatori statunitensi chiamano “la nuova Cuba”, il Nicaragua sandinista di Daniel Ortega il quale come si ricorderà fu cacciato nel 1990 dai guerriglieri Contras armati dalla CIA e dalle conseguenze dell’embargo americano ma ha di nuovo vinto le elezioni nel 2007, sta architettando un “colpo grosso”: nientemeno che un canale che, partendo da quattro braccia sul Mar dei Caraibi alla latitudine compresa tra le Isole del Maiz e la frontiera con il Costarica, sfrutterebbe la preesistenza del Lago di Nicaragua e sfocerebbe nel Pacifico in un solo braccio a sud di Granada. Un asse acqueo da una cinquantina di miliardi di dollari, profondo 30 metri e largo 83 destinato a far concorrenza spietata al ben più modesto Canale di Panama. Se accade, è la fine del monopolio statunitense sul traffico acqueo tra i due oceani. L’opera, in cui sarebbero impegnati soprattutto i cinesi a fianco del Nicaragua ma dalla quale non sarebbero assenti nemmeno i russi, sarebbe suscettibile – commentano gli esperti col sussiego di chi ha scoperto l’acqua calda -, anche di un impiego militare. Un altro tassello nel complesso quadro geopolitico della guerra a bassa intensità attualmente in atto. Nemmeno a tanto bassa intensità, a questo punto.

Ma chi addestra i terroristi? Bella domanda. Sono in tanti, e per tanti motivi, ad addestrarli, finanziarli, armarli. Per esempio esiste un bel piano da 500 milioni di dollari per finanziare e addestrar , con l’aiuto di 400 consiglieri militari statunitensi, dei guerriglieri del cosiddetto “esercito siriano libero” tra Turchia, Giordania e Arabia saudita. Il pasticcio non è nuovo: anzi, ha l’aria di una pappa riscaldata. Al solito, gli Stati Uniti addestrano e sperano di utilizzare degli jihadisti come formazioni di guerriglia antiterroristica nella direzione che essi volta per volta vorrebbero; ma quei miliziani, una volta armati anche con la benedizione degli emiri della penisola arabica – “moderati” per definizione in quanto alleati e partners economico-commerciali dell’Occidente, anche quando tagliano le mani ai ladri -, si fanno le loro guerre nell’àmbito intricatissimo della fitna. Sembra un remaking di quando la casa bianca utilizzava i talibani afghani contro l’Armata Rossa e contro Massud, con quel che ne è seguito.