Minima Cardiniana 182/1

DOMENICA 1 OTTOBRE 2017 – Santa Teresa di Gesù

I DOMENICA DI OTTOBRE, DEDICATA A NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO

ME REVOILA’, OVVERO DICEBAMUS HERI 

A giudicare dalle lettere e dai messaggi e-mail che mi avete spedito in questo paio di mesi (i messaggini telefonici non li leggo), direi che siete gente di poca fede. La maggioranza di Voi era convinta che i Minima Cardiniana non avrebbero rivisto la luce dopo l’estate scorsa: e in tale convincimento vi sarete radicati, visto che il n. 182, datato 1.10., non ha ancora visto la luce. Pour cause: avrei voluto commentare “a caldo” gli esiti definitivi e le prime conseguenze del referendum barcellonese. Ma le cose non sono ancora chiare, per cui rimando il tutto alla prossima settimana: sempreché, allora, ne valga ancora la pena. Vi propongo allora un bouquet di argomenti che danno buon conto delle mie attuali attività e intenzioni, le une e le altre  ovviamente sempre più eversive e facinorose.

LE BUONE PRATICHE DELLA DIFFUSIONE CULTURALE

Sintesi della relazione di Franco Cardini nel corso dell’Audizione tenutasi il 26 settembre 2017 presso l’VIII Commissione – Cultura della Camera dei Deputati.

Il 26 settembre 2017, al mattino, il professor Alberto Asor Rosa, l’editore Giuseppe Laterza e l’autore di questa nota sono stati “ascoltati” da alcuni deputati dell’VIII Commissione della Camera (Commissione Cultura) nell’àmbito di un’indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale. L’audizione è stata trasmessa in diretta sulla web-tv della Camera e ignoro se delle tre relazioni (della complessiva durata di un’ora) sarà diffuso anche un testo in versione on line o a stampa. Personalmente ho presentato non un testo scritto bensì un corposo dossier critico-bibliografico dedicato principalmente alle problematiche della ricerca e dell’insegnamento della storia, mentre per la vera e propria relazione orale ho illustrato una schematica “scaletta” all’uopo preparata, che presento qui di nuovo in sintesi e che, pur non corrispondendo  in tutto, nella forma, a quanto effettivamente detto in sede di Commissione, vi corrisponde nella sostanza.

Onorevoli Signore e Signore Parlamentari,

nel ringraziarLi dell’onore concessomi grazie al Loro cortese invito, mi permetto  di richiamare la Loro attenzione sul forse troppo – e me ne scuso – voluminoso dossier cartaceo che ho creduto opportuno allegare alle mie poche parole, in modo da fornir Loro ulteriore oggetto di riflessione e, spero, di proficua attività legislativa.

Entrando nel merito dell’oggetto di questa mattinata, ritengo  ci si debba anzitutto intendere sul concetto di cultura inteso in una prospettiva sociale, con l’obiettivo primario di giovare alla società civile e di concorrere a un recupero e a un consolidamento dell’autocoscienza identitaria del paese che appare oggi politicamente ed eticamente oggetto di forti e contrastanti dinamiche destabilizzatrici.

Dev’essere a mio avviso in primissima istanza chiaro che, nella sua sostanza profonda, cultura non è sinonimo né d’istruzione, né di educazione, né d’informazione, per quanto è evidente che tali tre componenti ne stanno alla base e alla determinazione di essa sono indispensabili. Ma cultura, per la persona umana in genere e per il cittadino italiano in specie (e penso qui soprattutto ai più giovani), è sinonimo di volontà e di capacità di rimettersi di continuo in discussione: cultura in un paese libero equivale, in ultima analisi, a onestà intellettuale.

Ciò comporta, per il cittadino, un costante e continuo sforzo di aggiornamento e di presenza rispetto ai grandi problemi del suo paese e del mondo. Chiediamoci anzitutto pertanto se, in quale senso e fino a che punto, la società civile italiana, nei suoi singoli componenti e nel suo complesso, abbia di tutto ciò chiara e ferma coscienza. Lo stato di degrado crescente delle pubbliche istituzioni, la debolezza e le carenze di strutture e d’infrastrutture (dalla scuola alla sanità ai trasporti alle comunicazioni), l’alienazione rispetto alla vita politica in termini di partecipazione ad essa, l’uso abnorme e squilibrato dei media (con il credito acriticamente concesso a un’informazione mediatica qualitativamente incontrollabile e inattendibile e la crisi dei veicoli di formazione e d’informazione cartacea, segnatamente di libri e giornali), la generalizzata difficoltà d’accesso a un’informazione corretta, lo scollamento fra classe politica e società civile, sono alcuni degli elementi che contribuiscono a determinare un quadro complessivo allarmante. Eventi recenti e recentissimi che riguardano l’inquinamento, la crisi dei pubblici servizi, il funzionamento universitario, lo stato della sicurezza e perfino la qualità etica dei suoi tutori, sono altrettanti segnali importanti e inquietanti. A ciò si aggiunga la diffusa sfiducia e il crescente disamore nei confronti delle istituzioni culturali portanti della società, a cominciare dalla scuola pubblica: e non pare che scelte recenti di governo quali quelle tendenti alla “manageralizzazione” dei suoi quadri dirigenti (peraltro secondo schemi “aziendali” che mi sono parsi piuttosto dépassés  e a rapsodiche riforme nelle discipline d’insegnamento – con l’umiliazione di materie come il latino nel liceo classico e la storia dell’arte un po’ in tutte le scuole d’ogni ordine e grado, tanto più grave in un paese come il nostro che vede nel turismo una delle sue principali risorse – tese a privilegiare scelte sedicenti utilitaristiche (come il sostegno al made in Italy o il primato attribuito ad atteggiamenti di tipo aziendalistico e a una formazione che, almeno nelle intenzioni, tenderebbe ad assicurare agli studenti un ruolo migliore e più redditizio nel mondo del lavoro, senza tener però il necessario conto delle loro istanze formative e delle loro possibili scelte, con un “primato dell’economico e del tecnologico” che appare alquanto deterministico, arbitrario e anche repressivo) siano suscettibili di migliorare la situazione; mentre uno dei problemi più gravi al riguardo è lo stato di generale prostrazione di un corpo insegnante che al di là dei problemi economici si sente spogliato di quel ruolo e di quel riconoscimento da parte della società che, nei decenni passati, costituiva il nucleo della sua dignità civica. A ciò concorre l’assenza di un forte e serio piano di riqualificazione e di aggiornamento del corpo insegnante stesso, dipendente anche dalla carenza di rapporti tra docenti universitari e docenti della scuola media, che si dovrebbe istituzionalizzare e regolarizzare appunto in vista dell’aggiornamento stesso. A titolo di esempio, nell’allegato dossier cartaceo Loro troveranno un caso fra tantissimi possibili, quello della collega Elena Genovesi, cara amica e valorosissima docente di storia dell’arte fino a oggi impegnata nel natìo Abruzzo, che dopo una lunga ed esemplare carriera si trova al limite dall’espulsione dalla scuola a causa del restringersi delle ore d’insegnamento disponibili nella sua materia, che dovrebb’essere strategicamente nodale in un paese come il nostro, che nei beni e nei monumenti artistici trova il sostegno per una delle sue principali risorse, il turismo.

A fronte di ciò, segnali confortanti vengono dalla sempre più frequente inaugurazione di nuovi strumenti d’informazione e di circolazione delle novità culturali ed editoriali sotto forma di grandi manifestazioni come quelle dei vari festivals (della storia, della filosofia, delle religioni eccetera) oppure di cicli di pubbliche lezioni qualificate – come quelle che si svolgono in varie città italiane grazie all’iniziativa dell’editore Laterza – che paiono riscuotere un successo sempre più incisivo. Nell’estate scorsa, in seguito a una ricerca di Ilvo Diamanti, è emerso che gli italiani guardano con interesse alla difesa dell’ambiente e all’impiego delle energie rinnovabili, mentre una parte di essi considera prioritari la lotta alla disoccupazione e l’investimento su cultura e ricerca. Lo segnalava il 21 luglio scorso, sul “Venerdì” di “Repubblica”, un lucido articolo di Curzio Maltese, che peraltro notava come, nelle più grandi e popolari agende televisive, i media accordino poco spazio a questi temi a vantaggio di altri più futili o decisamente diseducativi. E’ drammatico il fatto che sia sempre più alto il numero degli italiani che affidano le loro denunzie di casi anche seri e gravi non all’informazione mediatica seria, non alle pubbliche istituzioni, non alla magistratura o alle forze dell’ordine, bensì a certi talk show o a trasmissioni del tipo “Striscia la notizia”.

Un più forte collegamento tra il mondo della ricerca e i mass media, un supporto forte alla scuola e a un suo rinnovamento in termini culturalmente impegnativi (ad esempio, l’istituzione di un serio indirizzo di studio in scienze del turismo a livello universitario e scolastico-superiore, ancora grossolano), una più seria attenzione per gli interessi dei giovani (è mai possibile che, a fronte d’una società giovanile che vive di musica, non esista un insegnamento sistematico di discipline musicali nelle scuole?), un sostegno a istanze socioculturali che pur sono sentite (ad esempio, l’attenzione per la gente della “terza età” che non ha potuto studiare da giovane e vorrebbe farlo nei suoi anni avanzati, giovandosi anche dell’allungamento della vita media), una serie di provvedimenti tesi a incrementare le iscrizioni all’università (si è mai pensato al grande bacino potenziale costituito dalle migliaia di pensionati che, in coincidenza con l’allungamento della vita media, potrebbero volere e in effetti ambirebbero entrare o rientrare nei ranghi universitari  al fine di completare senza scopi pratici, ma per loro piacere e desiderio di appagamento intimo, i loro studi in gioventù abbandonati a causa di necessità finanziarie?) appaiono obiettivi ragionevoli e raggiungibili. Certo, le riforme elettorali che affidando in pratica alle segreterie dei partiti la designazione degli eletti ai due rami del parlamento allontanano sempre di più la classe politica dalla società civile fino alla separazione netta e all’incomunicabilità reciproca non giovano né alla cultura né, in generale, alla vita del paese. A una politica che tende a trasformarsi sempre più in strategia elettoralistica e in ingegneria parlamentare (la caccia alle “coalizioni” in esclusiva considerazione della “governabilità” e con forte sottovalutazione degli autentici obiettivi del far politica) mi permetto di esortare rispettivamente tutti Loro a reagire, nel loro stesso interesse e in quello della società civile italiana ed europea. FC