Minima Cardiniana 185/4

EFEMERIDI DEL CAOS

LA STORIA, IL PIANO PROVVIDENZIALE DIVINO, UN CENTENARIO E ALCUNI IMBECILLI 

Il 2017 è anno centenario di molte importanti cose: il quinto della Riforma, il primo delle Rivoluzioni russe eccetera. C’erano da aspettarsi celebrazioni, memorie e polemiche. Siamo stati ampiamente serviti. Anche storici, cultori di storia e divulgatori si sono dati molto da fare: con esiti differenti. Ad esempio, non mi stancherò mai di lodare e di consigliare il bellissimo libro che Adriano Prosperi ha dedicato alla figura di Martin Lutero.

Del grande riformatore sassone (che con passione volle reformare deformata, come tanti prima di lui nella Chiesa avevano voluto: si pensi a san Pier Damiani), il quale fu senza dubbio un ribelle al papa, alla santa sede e alla gerarchia ecclesiale del suo tempo ma che senza dubbio mai volle lo scisma, per quanto molte siano le sue responsabilità al riguardo, si è tornati molto a parlare non solo per il centenario delle celebri tesi di Wittenberg, ma anche e soprattutto perché l’attuale pontefice ne ha formulato un giudizio che, se nella sostanza resta fedele a un atteggiamento riscontrabile nella Chiesa cattolica già fino dal concilio di Trento (e alludo ad esempio al giudizio di Reginald Pole), è sembrato nella forma qualcosa di “rivoluzionario”, di “innovatore”, perfino di “rivalutatorio”: qualcuno ha parlato perfino di scandalo.

Va subito detto che non c’è parola proferita dal Santo Padre che non esca dal solco – già tracciato dai suoi predecessori – della ricerca di tutti i mezzi atti a sanare lo scisma di mezzo secolo fa e a lavorare alacremente all’arduo ma doveroso obiettivo dell’ut unum sint. E’ abbastanza ovvio che, alla luce di tale obiettivo, sia da parte cattolica sia da parte riformata i toni della polemica e della recriminazione vadano attutiti e si punti a quel che ha unito e continua ad unire piuttosto che non a quel che ha diviso e continua a dividere.

Ma i cattolicuzzi e cattolicastri che ormai non sono più nemmeno più papisti del papa, ma che anzi gl’impartiscono continue lezioni di teologia, di liturgia, di pastorale eccetera, ora s’indignano per il fatto che, a proposito della Riforma protestante (e della Controriforma, o Riforma cattolica: tutte definizioni, va da sé, posteriori e convenzionali), si osi parlare di “Spirito Santo” e di “piano provvidenziale di Dio”.

Ora, io sono un professore di storia e sono un cattolico: non amo definirmi uno “storico cattolico” (e tantomeno un “cattolico storico”) in quanto, come cultore di storia, esercito un mestiere che ha le sue regole e i suoi metodi ma nel quale la confessione religiosa non ha alcun ruolo. Legittimo è lo studio della teologia della storia: ma io francamente, pur avendone qualche rudimento, non esercito tale disciplina la sostanza della quale resta eminentemente teologica. Che la storia abbia un senso trascendente e che in essa agisca un piano divino, lo credo senza dubbio in quanto cattolico: ma so bene che Dio non si degna di rivelare i Suoi piani a qualcuno, tranne qualche eletto. Quanto a senso e a ragione “immanenti”, la storia non ne ha alcuno. Chi dunque cerca l’impronta dello Spirito Santo negli eventi, nelle strutture e nelle istituzioni umane, si rivolga a un altro sportello: io non posso aiutarlo; né tantomeno mi permetto di autonominarmi suo sostituto nel giudicare.

Lasciamo quindi che i cristiani responsabili, oltre che della propria, anche della vita spirituale di altri credenti, cerchino liberamente i modi di superare gli scismi del 1054 e del 1517: e cerchiamo magari di guardare sia con maggior carità cristiana, sia con più maturo senso storico, ai protagonisti egli eventi passati. In un momento nel quale il papa è sempre più restìo a usare l’arma della scomunica, abbiamo tutti poca voglia di vedere pretucoli, storicuzzi e giornalettari impegnati nel lanciar fulmini al suo posto, e magari addirittura contro di lui. Anche al ridicolo dovrebb’esserci un limite. FC