Minima Cardiniana 193/2

Domenica 24 dicembre – IV Domenica d’Avvento. Vigilia di Natale

DI NUOVO SULL’EUROPA

L’AFFAIRE ALTOATESINO. DOPPIA CITTADINANZA PER I SUDTIROLESI?

Il nuovo governo austriaco, guidato da un giovanissimo cancelliere che sembra ben deciso a seguire la strada di quanti intendono creare nel continente un fronte “anti-Unione Europea” (che di per sé, attenzione!, potrebbe peraltro non doversi considerare un fronte sic et simpliciter antieuropeista), ha avanzato una proposta senza dubbio problematica, forse “eversiva”: la concessione della cittadinanza austriaca ai cittadini italiani “sudtirolesi”, vale a dire altoatesini di lingua tedesca (ma anche ladina). Sappiamo che in Sudtirolo esistono alcune formazioni non semplicemente autonomistiche, come la celebre Südtiroler Wolkspartei, ma esplicitamente irredentistiche le quali auspicano la riunione di tale territorio alla  madrepatria austriaca. Tra esse, la più autorevole è la Südtiroler Südtiroler Heimat, animata dalla lucida e coraggiosa Eva Klotz: una leader forse non sempre amata ma senza dubbio molto stimata anche da molti italiani. La signora Klotz, che si è adesso un po’ tirata da parte, sta passando la guida del suo gruppo al giovane Sven Knoll.

Le reazioni, nella provincia di Bolzano, sono state varie: tra esse una delle più importanti, quella del presidente della provincia stessa, è consistita in un messaggio di gratitudine e solidarietà espresso al cancelliere austriaco nel quale però si ribadisce che i sudtirolesi intendono mantenere i loro legami anche con Roma: una dichiarazione certo necessaria ma d’altronde pleonastica, perché il titolare di una doppia cittadinanza è una persona che per definizione vuol essere un buon cittadino di due paesi. E non manca, tra gli oltranzisti come tra i loro avversari, chi osserva – con malizia oppure con disappunto – che la concessione di un doppio passaporto taglierebbe letteralmente l’erba sotto i piedi di quanti sognano un ricongiungimento territoriale all’Austria. Se con la cittadinanza si ha in effetti un ricongiungimento civile e morale che bisogno v’è poi, tra stati vicini che vogliono anche restare buoni amici, di uno anche territoriale? Inutile sottolineare che il paesaggio politico che così verrebbe delineato sarebbe assolutamente più positivo di quello a suo tempo determinato dall’accordo Mussolini-Hitler di un’ottantina di anni fa, in forza del quale si obbligavano in realtà gli altoatesini/sudtirolesi a una decisione in tutti i casi dolorosa: o si optava per restare sul territorio italiano,rinunziando per sempre a quella che linguisticamente, storicamente e tradizionalmente si sentiva come la vera patria, o si accettava di andarsene abbandonando la propria terra, gli averi, le memorie, per ricominciare daccapo tra connazionali e “fratelli di lingua” sì, ma in fondo estranei.

Sull’argomento, mi è sembrato utile invitare a dir la sua un personaggio di grande competenza: Giancarlo Riccio, docente di germanistica e di scienze giornalistiche, napoletano di nascita, romano di lunga adozione (è stato per molti anni una firma autorevole de “Il Messaggero”) e oggi residente in Merano. Ecco il suo equilibrato parere.

 

La “DoppiaCittadinanza”

 di Giancarlo Riccio

Come sa bene il titolare di questo Blog leggere libri aiuta molto, anche nel lavoro storiografico e giornalistico. E anche, semel in anno, scriverne certo non ci danneggia: salvo talvolta annoiare il lettore. Ma noi proveremo a non farlo.

Ed eccomi allora, dalle lande non desolate (ma non poi così innevate: tanto ci pensa il marketing a dipingere tutto di bianco e di pulito, con in più la policromia e la babele dei mercatini di Natale) del Sudtirolo provare a dire qualcosa sull’ipotesi della doppia cittadinanza italo-austriaca. Tema non nuovo. Vecchio di anni ed anni. Anzi ciclicamente alimentato dalle forze politiche locali “di destra” e qualche giorno fa affrontato dal giovane, bello e del tutto ancora  inesperto neo-cancelliere austriaco Sebastian Kurz, leader del Partito Popolare Austriaco dal 15 maggio 2017. Dal 16 dicembre 2013 al 18 dicembre 2017 è stato ministro degli Affari Esteri, dei Rapporti con l’Unione Europea e dell’Integrazione, per poi essere eletto primo ministro ed entrare in carica, dopo lunghe trattative politiche, il 18 dicembre 2017.

Kurz ha ipotizzato di concedere ai residenti in Sudtirolo/ Alto Adige la cittadinanza austriaca. Ma, attenzione, solo ai residenti di Muttersprache tedesca e di lingua ladina. E i residenti di Muttersprache italiana? Solo carbone e niente regali.

Secondo le ultime rilevazioni dell’autunno 2011,  in Sudtirolo/Alto Adige si sono dichiarati appartenenti al gruppo linguistico italiano il 26,06% dei cittadini (meno 0,41% rispetto a dieci anni prima), a quello tedesco il 69,41% (più 0,26%) e a quello ladino il 4,53% (più 0,16%).

Il tema del contendere sta appassionando osservatori e qualche politico, anche se in Sudtirolo – e non solo grazie o a causa dello spiccato Gefuehl natalizio – se ne parla quasi solo sui giornali.

La questione dell’Alto Adige sembrava ormai sopita con l’attuazione dell’Accordo De Gasperi-Gruber (dai nomi degli allora ministri degli Esteri di Roma e Vienna) del 1946 e le intese di Copenaghen del 1969, con cui venne approvato il calendario operativo delle misure che l’Italia avrebbe dovuto prendere per dare attuazione allo statuto di autonomia. Nel 1992 l’Austria rilasciò la cosiddetta quietanza liberatoria, con cui dava atto della conformità delle misure adottate alle intese precedentemente raggiunte.

Il ‘Pacchetto Alto Adige’, celebrato anche in occasione del decennale della chiusura della vertenza dagli allora presidente della repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi e austriaca Thomas Klestil nel 2002,  costituisce un insieme di disposizioni che configurano l’autonomia altoatesina  come uno degli strumenti più avanzati di tutela delle minoranze nazionali, spesso portato ad esempio nei vari fori internazionali e che potrebbe servire da modello per la soluzione di annose controversie attualmente esistenti, come quella tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabakh.

Nel 1992, quando al teatro Kursaal di Merano una maggioranza schiacciante di delegati votò con 1329 sì e solo 265 no la «quietanza liberatoria» per chiudere il «Pacchetto», cioè la vertenza internazionale aperta 32 anni prima dall’Austria per il rispetto dei sudtirolesi che si sentivano «ostaggi» dell’Italia, il leader storico della Svp, Silvius Magnago dopo aver messo in riga con una sfuriata gli ultimi riottosi, sentenziò: «Abbiamo riempito la botte fino all’ultima goccia e chiuso il rubinetto». Traduzione: gli altoatesini di lingua tedesca avevano ottenuto dall’Italia più di ogni altra minoranza al mondo. Garantiva lui. E chiuse: «Starà alle corti internazionali di giustizia vigilare e impedire che qualcuno, in futuro, non apra quel rubinetto per svuotarci la botte».

Ricordiamo subito che il successore di Magnago Luis Durnwalder, ai lunghi mandati come Landeshauptman (presidente della Provincia, ndr) del quale è legata la marcata e diffusa prosperità economica attuale ha voluto “scompaginare” il dibattito dichiarandosi favorevole al doppio passaporto. Mentre il vescovo Ivo Muser (diocesi di Bolzano e Bressanone) ha messo le mani avanti con un netto “No, dico no ad iniziative che dividono la popolazione”.

Ecco allora l’opinione di Joseph Zoderer, il maggiore scrittore sudtirolese senza se e senza ma, autore di romanzi dedicati anche alla convivenza tra diversi gruppi etnici come il paradigmatico “Die Walsche” e – molto più tangenzialmente – il recente e bellissimo “I colori della crudeltà”: “La discussione sul doppio passaporto ricorda l’epoca delle Opzioni. Anzichè tendere verso una cittadinanza europea, sembra che si vogliano fare dei passi indietro, con nazionalismi che riportano alla memoria la Bosnia”.
“Si verrebbe a creare una sorta di Supertirolese con due passaporti, contrapposto agli altri, che di passaporto ne avrebbero soltanto uno”. Una opinione importante e di peso, espressa peraltro non giorni fa ma nel 2010. Anche se sostanzialmente ribadita proprio una settimana fa.

Manca per ora all’appello l’opinione diretta di Frau Eva Klotz, leader di Suedtiroler Freiheit, da sempre schierata pro Austria. Il Paese, del resto, al quale fino al termine della Prima guerra mondiale è appartenuto questo lembo meridionale del Tirolo austriaco. Per non dire poi anche della attuale provincia di Trento, altra area storico-geografica che ne ha viste delle belle.

E che di nuove non ne vedrebbe: i trentini sarebbero comunque tagliati fuori dalla “concessione” (o dal regalo) di Vienna.

Ma si diceva prima di libri da leggere e libri, invece, scritti. La lettrice e il lettore perdoneranno chi scrive – siamo pur sempre accanto al Tannenbaum o alla Adventuskranz natalizi – se si permette la sfacciataggine di citare un proprio libriccino: Sebastiano Vassalli, il Sudtirolo difficile. Si tratta di un ripercorso di articoli per il “Corriere della Sera” e di veri e propri libri dedicati dallo scrittore piemontese (ma di natali liguri) alla complessità, a tratti anche drammatica, di una terra di confine e di conflitti, prima che – ora – di esemplare convivenza tra etnie e culture diverse e lontane.

Nel volume, prefatto dal mio penultimo e caro Direttore Ferruccio de Bortoli, si potrà ritrovare un’ampia intervista, magistrale nelle risposte, proprio a Cardini. Non solo. La gestazione del manoscritto è stata per me esemplare. Sono stato visto con sospetto da non pochi italiani e tedeschi di qui perché del grande tema del Sudtirolo diviso, lacerato ed ora quasi pacificato, facevo parlare un “forestiero” come Vassalli e non uno “storico” (con molte virgolette) del posto. Per non parlar di me, altrettanto calato qui da Roma e da Berlino. Guarda caso le due capitali, con Vienna, che dell’attuale Sudtirolo hanno tracciato le parabole storico-cultural-turistico-economiche fino ai giorni nostri.

Ebbene, la lettrice e il lettore di questo sito facciano – Bitte – attenzione. Gli storici sudtirolesi (o altoatesini) locali non sono affidabili, essendo in stragrande maggioranza insegnanti con l’hobby (ahinoi) della scrittura. Si tratta di dilettanti allo sbaraglio, come Corrado Mantoni li definiva in alcuni programma radio e poi tv di successo.

Si fidino – invece – solo di Carlo Romeo, di Giorgio Mezzalira, di Guenther Pallaver, di Toni Visentini e Stefan Wallisch, due giornalisti di alto lignaggio.

Quanto ai politici, si è detto. Vanno aggiunte le marcate prudenze di Arno Kompatscher, Landeshauptmann in carica e amico di Vienna da sempre. E quelle del Pd locale, convinto che solo il passaporto europeo possa dirimere la questione di nuovo “rovente” del doppio passaporto.

Rovente su qualche blog e giornale e basta, però. Reinhard Schölzhorn. titolare della libreria Alte Mühle di Merano, la maggiore realtà indipendente nella intera provincia bolzanina, allarga infatti le braccia: “Richieste in più di libri e saggi dedicati alla questione sudtirolese sulla scia delle polemiche di questi giorni? Neanche per sogno e nemmeno una”.

E non è una bella notizia. Comunque.

 

Nel dibattito ormai acceso, si sono sentite molte altre voci e molte altre sfumature. Ma  qualcuno, forse un utopista forse un lungimirante, si è chiesto: ma allora, perché non avviare piuttosto l’iniziativa di un passaporto europeo? Certo, sarebbe bello: ma quale autorità sarebbe in grado di emanarlo? Non certo l’Unione Europea di Bruxelles-Strasburgo. Mettetela come volete, ma il bandolo della matassa sta sempre lì. Manca un’unione europea politica.

La reazione del governo italiano, per il momento, è stata molto cauta. Fin troppo cauta fino ad apparire ambigua: almeno per alcuni. Certo comunque appare cosa evidente che il governo di Vienna non potrebbe mai concedere  un passaporto austriaco a un cittadino italiano senza il consenso di quello di Roma.

Ne deriva una situazione senza dubbio paradossale, ma anche affascinante e stimolante. Immaginiamo per un attimo che il governo italiano non reagisca all’iniziativa austriaca con un netto rifiuto, o con una nota di protesta, o con una diffida, e nemmeno con un sia pur cauto avvìo di trattative bilaterali. Immaginiamo invece che prenda lui l’iniziativa: e che, sul modello di Vienna, annunzi di voler concedere a sua volta la doppia cittadinanza a tutte le persone che linguisticamente, geostoricamente e culturalmente hanno i requisiti che le abilitano a possederla. Magari cercando (senza magari riuscirvi: anzi, venendosi ferocemente respinta la proposta) l’accordo con Parigi per una doppia cittadinanza concessa ai savoiardi, a quelli di Briga e Tenda, a quelli di Nizza e di Mentone, magari perfino ai còrsi; e cercando l’assenso del governo federale di Berna per la doppia cittadinanza agli svizzeri ticinesi; e di quelli di Lubiana e di Zagabria per la doppia cittadinanza degli istriano-dalmati; e offrendola a tutti i maltesi; e magari a tutti gli argentini o agli statunitensi d’origine italiana che ne facessero documentata a motivata richiesta.  E immaginiamo allora che il governo di Madrid replichi offrendo la doppia cittadinanza agli italo-catalani di Alghero. In fondo, un precedente illustre e incontestato esiste: lo stato d’Israele, che con la “Legge del Ritorno” riconosce a tutti gli ebrei del mondo l’automatico diritto alla cittadinanza israeliana e ne fornisce il passaporto a chiunque ne faccia documentata domanda. 

Magari è un sogno: ma saremmo a una svolta. I limiti dei vecchi stati nazionali ne verrebbero almeno in parte travolti; si creerebbero infinite occasioni per la costruzioni di nuove, forti identità comunitarie; magari sarebbe quella una delle nuove strade per ritrovare lo slancio necessario alla ridefinizione di una unità europea che non sia soltanto finanziaria ed economica. Se gli stati nazionali hanno fallito nel processo unitario, la rinnovata coscienza nazionale potrebbe paradossalmente rilanciarlo. Davvero nessuno dei nostri partiti, alla vigilia delle elezioni, ha il coraggio di aprire la sua piattaforma programmatica a una prospettiva del genere.