Domenica 28 ottobre 2018. Santi Simone e Giuda. XXX Domenica del Tempo Ordinario
UN LUTTO DELLA CULTURA ITALIANA
Anche questa settimana sono in ritardo di almeno 12 ore dal “tempo massimo” per la messa on line del Minimum Cardinianum 219. Mi scuso di questo nuovo ritardo, che spero non si cronicizzi: e non so nemmeno se esserne comunque lieto (visto l’oggetto della notizia, direi di no), dal momento che colgo quest’ultimo momento prima dell’invio per rendervi partecipi, ohimè, di un grave lutto per la città di Firenze e le sue istituzioni culturali, per la Toscana, per l’Italia e per il mondo accademico.
Si è spento oggi lunedì 29 ottobre 2018, verso la fine della mattinata, il professor Carlo Cresti, figura di assoluto rilievo nel mondo dell’architettura e della storia dell’architettura italiana. Aveva ottantasei anni. I suoi studi sulla Firenze otto-novecentesca, sugli stili eclettici, sul razionalismo del Novecento italiano, sull’orientalismo (ultimamente un bellissimo libro sulla villa di Sammezzano, “l’Alhambra del Mugello”, monumento all’architettura onirica del XIX secolo) lo hanno reso ben noto in Italia e all’estero.
Ma, oltre allo studioso, a mancarci è l’uomo, tanto affabile e pieno di humour raffinato quanto intellettualmente generoso: una generosità che a volte conviveva problematicamente con il suo rigore e la sua franchezza. Me lo ricordo nelle nostre un tempo frequenti passeggiate fiorentine, quando arrivati al portone della sua casa di Piazza dell’Olio sostavamo discutendo se fosse meglio – secondo l’ora e la stagione – affacciarsi di fronte, per assaggiare una mescita di “rosso” nella celebre fiaschetteria “di’ Nuvoli”, oppure salire fino al suo appartamento inerpicato in cima a un vetusto edificio dalle scale mozzafiato e dalle finestre del quale la vista sulla vecchia Firenze era più mozzafiato ancora.
Carlo ci mancherà: e ci mancheranno anche le sue sfuriate dinanzi alle croste e alle bufale travestite da arte, come ci mancherà la sua ironìa ora divertita, ora spazientita, di quando qualche collega o qualche studente gli faceva notare la sua somiglianza con Gastone Moschin, l’interprete – guarda caso! – dell’impagabile architetto Melandri di Amici miei. E nessuno mi leverà mai dalla testa che Mario Monicelli, fiorentino anche lui, quel personaggio l’avesse messo nel film che ormai nella Città del Giglio è un cult proprio pensando a lui. Ma lui, duro: lui nell’immagine del Moschin-Melandri non si ritrovava, e più glielo dicevano più replicava “Codesta è una gran bischerata!”.
Ciao Carlo, ormai Firenze somiglia sempre di più a un campo di patate: il meglio sta sottoterra. FC