Domenica 14 aprile 2019. Domenica “degli Olivi” (o “delle Palme”)
“Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero,preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche” Tatanka Iyotaka (“Toro Seduto”, 1831-1890)
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Col periodo pasquale, mi concedo un paio di settimane di vacanza. Vacanza di lavoro, beninteso: che tuttavia comporterà una sosta nell’abituale sequenza di lezioni, conferenze, conversazioni eccetera, talvolta in effetti un po’ pesante. Riprenderò a Dio piacendo l’attività consueta lunedì 29 p.v. Buona Pasqua a tutti.
EDITORIALE
A BERCETO, APPENNINO TOSCOEMILIANO: TRA COMPOSTELA, ROMA, GERUSALEMME E SOUTH DAKOTA
Berceto, oggi in provincia di Parma, è un piccolo centro montano sull’antica via del passo della Cisa, tra Fornovo sul Taro e Pontremoli, la città dei librai. Cresciuto attorno all’abbazia di San Pietro in Ciel d’Oro, fondata secondo Paolo Diacono da re Liutprando probabilmente tra 714 e 715, divenne una statio importante sulla via assurta a grande fama tra X e XIII secolo, nell’epoca d’oro del pellegrinaggio europeo sull’asse nord-ovest/sud-est teso fra Santiago de Compostela in Galizia e Roma, che proseguiva poi sino al santuario michelita del Gargano in Puglia e di lì, passato il braccio di mare del canale d’Otranto, lungo la Via Egnazia conduceva a Costantinopoli e quindi a Gerusalemme. Attorno a questo asse viario ricco di diverticoli si andò costruendo una rete stradale i fruitori per eccellenza della quale erano i pellegrini, ma lungo la quale transitavano prelati, principi, crociati, mercanti (soprattutto mercanti), “marginali” e poveri d’ogni specie. L’arteria che attraversava Berceto, oggi famosa stazione climatica nota per i suoi funghi, era celebre e soprattutto è celebre oggi col nome di Via Francigena (o Romea). Per questo oggi Berceto è candidata a divenire un “Comune UNESCO” ed è oggetto di molta attenzione in un momento come questo, che assiste a un ampio e diffuso revival del fenomeno del pellegrinaggio.
Un revival che non può non interessare i cultori di storia e di tradizioni popolari, che da noi appaiono in crescita esponenziale per quanto apparentemente almeno in opposizione al fenomeno, altrettanto attuale, del disinteresse per le discipline storiche nella scuola e nell’Università. Un paradosso degno di studio attento.
Ma questo non è l’unico paradosso riscontrabile a Berceto. Il suo centro storico langue: è in libera caduta demografica e mancano buoni collegamenti pubblici fra esso e l’area regionale circostante. Ha tutte le potenzialità per divenire un luogo di villeggiatura importante e un’attrazione storico-culturale di rilievo. Che cosa gli manca?
E’ quanto si è chiesto il sindaco Luigi Lucchi: e, per impostare una risposta adeguata, ha riunito ieri, 13 aprile, nei locali del rinnovato Cinema Roma (un edificio fantastico, una specie di “Nuovo Cinema Paradiso”), un folto pubblico per una giornata d’incontro e di studio volta a impostare il problema e a lanciare iniziative risolutorie. Ai lavori, coordinati dal giornalista di RAI-TG2 Luciano Ghelfi, hanno partecipato Alessandro Bosi, Philippe Daverio, Luca Mercalli, don Carlo Pizzo, Massimo Spigaroli, Mario Tozzi; le tavole rotonde sono state direte da Giovanni Capece e Luca Ponzi; al termine, dopo un intrattenimento musicale, è stato proiettato il film Il Prato delle Volpi di Pietro Schivazzappa. Le conclusioni sono state tirate da un Ospite d’Onore veramente d’eccezione, Irene Pivetti.
Tra le intenzioni proposte con ferma e concreta volontà realizzativa c’è quella – alla quale io mi sono formalmente impegnato a collaborare con esplicita responsabilità e a titolo del tutto gratuito – di fondare a Berceto un Centro Internazionale di Studi sulle Culture del Pellegrinaggio (C.I.S.Cu.P.) con annessa biblioteca, che sarà fondata grazie a una piccola riserva di opere specialistiche che mi sono personalmente impegnato a donare.
Di Centri Studi ce ne sono fin troppi: a proposito di quelli dedicati al pellegrinaggio, la loro proliferazione è comunque stata fino a oggi carente di scambi, di reciproca informazione, di coordinamento: a ciò vuole supplire il C.I.S.Cu.P proponendosi, tuttavia, non già come istituzione egemonica – non ne avrebbe né il diritto, né l’autorevolezza, né i mezzi – bensì come istituzione di servizio nei confronti di chiunque, pubblico o privato, necessiti di dati e di contatti nella direzione dello studio dei pellegrinaggi o dell’organizzazione e partecipazione ad essi. Il C.I.S.Cu.P. si propone di organizzare corsi, seminari, cicli di conferenze e master; di procurare borse di studio; di gestire direttamente viaggi sulle orme di pellegrini; di dar periodicamente vita a convegni, congressi, giornate di studio; di raccogliere films, musiche e opere d’arte ispirate al pellegrinaggio in vista di organizzarne altrettante banche-dati.
Ma la cultura del pellegrinaggio va anche sostenuta e diffusa a livello mediatico in una prospettiva di qualificata divulgazione. Al fine di far conoscere sempre di più le tematiche del pellegrinaggio come esperienza universale nelle sue molteplici e ricchissime variabili, il C.I.S.Cu.P. si propone di curare ogni anno l’organizzazione a Berceto (indicativamente attorno alla festa liturgica di san Giacomo, il 25 luglio) d’un Festival del Pellegrinaggio con giochi, spettacoli teatrali, proiezioni di films, dibattiti, stands dedicati all’editoria e alla gadgettistica, iniziative sul modello di eventi come il Festival del Medioevo che ha luogo ogni anno a Gubbio.
D’altronde, se il pellegrinaggio è volto alla conoscenza dei costumi religiosi e folklorici, Berceto ha un altro asso della manica: il suo gemellaggio con la nazione native Americans degli oghlala e con il suo capo leggendario, Toro Seduto. La tragedia degli amerindi è scarsamente conosciuta in Italia, ma il loro è uno dei più terribili genocidi ai quali la storia ci ha costretti ad assistere. Per questo, al fine d’impedire un nuovo verificarsi di eventi come quello e nell’intento di combattere ogni forma di negazionismo, a Berceto si è pensato a un programma di sostegno della memoria dedicato alle culture amerinde scomparse e in genere ai popoli estinti o in via di estinzione: esso, sotto il titolo di Siamo tutti pellerossa,si dedicherà allo studio dei genocidi nella storia del genere umano e alla valorizzazione culturale dei popoli che ne sono stati vittime.
VENTI DI GUERRA
VERSO UNA “SOLUZIONE FINALE” DEL PROBLEMA LIBICO
E’ di nuovo l’ora dei generali. Ad Algeri, è chiaro che l’esercito e il suo capo di stato maggiore, generale Ahmed Gadi Salah, vuol tenere i cittadini chiusi in casa ed avviare, grazie alla “forza d’ordine” costituita dall’esercito,una fase di gestione del post-bouteflikismo all’insegna del cambiar tutto perché tutto resti come prima: una formula più volte sperimentata nella storia. In Sudan, il consiglio militare guidato dal generale Omar Zain El Abdin ha esautorato praticamente le forze politiche protagoniste della rivoluzione sull’onda della quale il presidente Omar el Bashir era stato arrestato l’11 aprile scorso con lo scopo di pilotare il paese verso una soluzione continuistica rispetto al vecchio regime, faide interne a parte. In Libia, quello che ancora non è chiaro è se il generale Khalifa Haftar, cittadino libico ma anche statunitese, alleato di – ma non soggetto ad – al Sisi, dietro al quale si staglia l’alleanza sempre più stretta tra Egitto e Arabia Saudita (già insieme nella volontà di massacrare gli sciiti yemeniti) e che agisce con l’assenso d’Israele e della Francia, con un benevolo e in apparenza distratto placet russo e nonostante l’imbarazzato e imbarazzante silenzio statunitense, si accontenterà di attestarsi in profondità nell’area della Sirte e da lì rinegoziare tutta la situazione dell’equilibrio libico, questione petrolifera compresa, oppure farà il passo della presa di Tripoli e quindi dell’assunzione del governo del paese: un passo che potrebbe rivelarsi più lungo delle sue gambe. Dall’altra parte, in appoggio al governo di al-Sarraj, che non ha mai contato niente (non a caso ha sempre goduto, fin dall’indomani della caduta di Gheddafi, dell’appoggio dell’Italia), ci sono solo due poteri deboli: appunto l’Italia e l’ONU, a parte la Turchia che ha l’aria di appoggiare Tripoli in quanto la Russia sembra avere scelto l’altor cavallo. Ci sarebbe anche il Qatar, che continua così il suo duello con l’Arabia Saudita e pertanto con il criptoalleato di Riyad, Israele.
La situazione è destinata a permanere confusa in quanto – questo il punto fondamentale – a essere entrato in stallo è il progetto MESA (Middle East Stategical Alliance), la NATO vicino-orientale concepita da Stati Uniti e Arabia Saudita per servire come blocco arabo-sunnita in opposizione all’Iran. In pratica, la divisione dei compiti concordata tra Washington e Riyad sarebbe chiara: Israele, con il suo espansionismo nei confronti di Siria (il Golan) e Palestina (i territori occupati) ormai scopertamente annessionistico nonostante i divieti internazionali, a guardia del Vicino Oriente arabo e l’Egitto a custodia del nordest africano dopo che al-Sisi ha sterminato i Fratelli Musulmani; il tutto finanziato con i dollari sauditi, ad esempio promessi a decine – molte decine – per sostenere l’offensiva di al-Haftar contro Tripoli. Ma se l’Egitto non ci sta, al-Haftar non se la sente di andar avanti da solo munito di aleatorie assicurazioni. E se la NATO arabo-sunnita non funziona, ad esser contenti sono senza dubbio a Teheran: ma anche ad Amman, dove le annessioni israeliane e gli eventuali contraccolpi palestinesi sono ben più temuti che non la “minaccia nucleare” iraniana alla quale non crede nessuno. Intanto, da Tripoli si stanno ritirando sia l’ONU (tanto l’inviato speciale Ghassan Salamé quanto i 230 “caschi blu” nepalesi) sia l’Unione Europea che vi teneva una dozzina di funzionari guidati da Vincenzo Tagliaferri.
IN BRIVISSIMA
IL PASTICCIO ASSANGE
Seguiamola, questa faccenda dell’estradizione di Julian Assange. Come sempre più di frequente gli succede, Trump non sa decidere, tace, si defila. Ma la signora Clinton è decisa in posizione di attacco. Ora, Madame Clinton è molto affidabile: quando dice o pensa qualcosa, quando afferma qualcos’altro, basta prendere posizione contraria e non ci si sbaglia. Certo, è una scelta sleale e spesso destata da pigrizia. In pratica, però, è sicura FC