Minima Cardiniana 248/3

Domenica 26 maggio 2019. VI Domenica del Tempo Pasquale. San Filippo Neri

ANCORA SUL CARDINALE ELETTRICISTA

PROPOSTA DI RILETTURA

Propongo di nuovo, a proposito dell’episodio del “cardinale elettricista”, che sarebbe bene non dimenticare troppo rapidamente, una riflessione che già avevo pubblicato sul Minimum Cardinianum della settimana scorsa: avevo però omesso la firma in quanto non ero sicuro che l’Autore avrebbe voluto apporla. Ora so che posso farlo: a scrivere questa nota è stato l’amico David Nieri, pisano (che i livornesi lo perdonino) e titolare in Viareggio della casa editrice La Vela. Un editore nuovo, libero, coraggioso, che mi sembra faccia buone cose (a parte stampare qualche libro mio: ma nessuno è perfetto).

David è un caro amico, il che non significa nulla perché sono pieno di cari amici che su tante cose hanno opinioni molto lontane dalle mie e restano ugualmente cari amici. Ma le sue opinioni in materia di fede m’interessano in particolar modo in quanto, sia pur mantenendoci entrambi lontani dalle etichette, credo che accetterebbe quella che di solito applico anche a me stesso, cioè di “cattolico tradizionalista”: che significa anzitutto cattolico disciplinato e fedele a Santa Romana Chiesa, non pregiudizialmente opposto a mutamenti e riforme ma alieno alle “modernizzazioni” che sono tali appunto in quanto vanno nel senso della Modernità. E Modernità è individualismo, è cedimento alla secolarizzazione, è perdita del senso del Sacro, è sottovalutazione del significato dell’ordine gerarchico, è tendenza a scivolare nell’immanentismo e nel sociologismo, è tendenza a confondere Carità con beneficenza e Misericordia con filantropia. Mentre Tradizione non è conservazione, non è immobilismo, bensì adesione viva e profonda al disegno divino della Redenzione. Perciò esistono modi “di destra” e modi “di sinistra” di allontanarsi da essa. Tradizione è opposto a Modernità e a Conservazione: di per sé, etimologicamente come ontologicamente, non a Rivoluzione, che nel suo valore originario significa ritorno al primitivo punto di partenza, quindi ristabilimento di un ordine (da ricordare che il termine ha un originario significato astronomico).

Credo che Nieri, come me, sia tradizionalista e quindi non conservatore; che sia attento a discernere nella storia umana – che non ha alcun fine immanente – l’impronta del Divino, che può anche manifestarsi come attesa apocalittica, vale a dire (com’è etimologicamente chiaro) attesa della Rivelazione che si manifesta negli Eschata. E l’attesa apocalittica è una delle chiavi per correttamente intendere il pontificato presente, da troppe parti (da “destra” e da “sinistra”) malinteso. In particolare in quegli ambienti, sedicenti cattolici che amano definirsi “cristianisti” e che forse, in analogia con analoghe tendenze presenti nell’ebraismo e nell’Islam, meglio potrebbero definirsi “fondamentalisti”. A meno di non voler adottare la nomenclatura ecclesiologica in uso nel mio quartiere fiorentino di San Frediano, secondo la quale si tratta di “cattolischeri”.

Nieri insiste sulla battaglia di papa Francesco contro l’indifferenza: è una battaglia sacrosanta, che molti cattolici hanno preso alla leggera. Da quell’indifferenza (che è sostanzialmente, appunto, incapacità di costruire una corretta tavola dei valori e delle differenze) deriva il luogo comune del “Prima gli italiani”: come se soccorrere chi arriva da chissaddove equivalesse automaticamente a dimenticare o a sottovalutare le sofferenze di casa nostra; come se la nostra povertà, per dura che sia, possa lontanamente paragonarsi a quella di certi paesi africani che mancano letteralmente di tutto, a partire dall’acqua potabile; come se non si sapesse che il problema fondamentale di tutto il pianeta è una più equa distribuzione delle ricchezze, oggi ripartite in modo intollerabile tra una crescente concentrazione di capitali e un vertiginoso aumento della miseria;  e che ciò è indispensabile se non vogliamo scivolare verso mali peggiori. A cominciare dalla guerra.

Ecco il “pezzo” di Nieri, con il quale concordo. Ma, lealmente, pubblicherò voci opposte anche dure: a patto che abbiano qualcosa di sostanzioso da dire. Le girandole d’insulti, a meno che non siano particolarmente spiritose, saranno cestinate.

Una sola raccomandazione: vorrei che chi m’invia qualcosa da pubblicare in questa sede lo dichiarasse esplicitamente e mi autorizzasse a divulgare anche la sua firma. Detesto l’anonimato.

L’ELEMOSINIERE, LA LUCE E LA NOSTRA (BIBLICA) CECITÀ

Certo, è fin troppo facile richiamare – alla luce dei recenti avvenimenti – la parabola del Buon Samaritano, ma nell’occasione un breve ripasso certamente non guasta. Nel Vangelo secondo Luca (10,25-37) è contenuta la bellissima parabola che mette in risalto la misericordia e la carità cristiana, i due presupposti sui quali – fin dall’inizio – si fonda il Pontificato di papa Francesco.

Quando un dottore della Legge – notare la maiuscola iniziale – chiede a Gesù cosa bisogna fare per ereditare la vita eterna, questi risponde citando la famosa parabola: l’uomo che scende da Gerusalemme a Gerico, i briganti che lo spogliano, lo derubano, lo percuotono e se ne vanno lasciandolo sulla strada, mezzo morto; un sacerdote e un levita che lo vedono e procedono oltre; non fa lo stesso il samaritano, che gli passa accanto e ne ha compassione; dunque lo aiuta, lo medica, lo carica sul suo giumento, lo conduce in una locanda e lascia all’albergatore due denari per prendersi cura di lui (“e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”).

In un tweet – che grandi conquiste, le nuove tecnologie! –, il ministro dell’Interno della nostra repubblica ha così commentato il recente episodio che ha visto protagonista l’elemosiniere del Papa, “reo” di aver riattivato la corrente elettrica in uno stabile occupato da circa 450 persone nel centro di Roma: “Ma allora tutti gli italiani che pagano bollette, mutui, stanno in case popolari sono fessi? Sostenere l’illegalità non è mai un buon segnale”. Per poi procedere con dichiarazioni ormai “caratteristiche” del suo stile, frasi del tipo “io i palazzi occupati li sgombero”, magari con le ruspe, salvo poi ostentare un rosario – è successo ieri –, difendere il presepe o il crocifisso nelle scuole allo scopo di richiamare quelle radici cristiane che, a quanto pare, sono sconosciute ai più, soprattutto nei loro valori fondanti.

La parabola appena citata è decisamente “rivoluzionaria”, come rivoluzionario è l’intero messaggio di Cristo: i samaritani non sono ben visti dai giudei – diciamo che si odiano a vicenda –, ma giudeo è l’uomo che si sta recando a Gerico, giudei sono il levita e il sacerdote che passano oltre. Ma è proprio l’“odiato” samaritano a soccorrere il malcapitato (e qui si manifesta, in tutta la sua forza, il messaggio rivoluzionario di Gesù: ama il tuo nemico…).

Il cardinale polacco Konrad Krajewski, classe 1963, è l’elemosiniere pontificio fortemente voluto da papa Francesco, che lo ha conosciuto a Lampedusa nel 2013. Un uomo di estrema fiducia, che agisce sempre con il benestare di Bergoglio. Una potenza, si dice. Un “cardinale d’azione”, senza scrivania ma con tanta strada da percorrere a bordo della sua Fiat Qubo bianca, con la quale gira in lungo e in largo la città varcando spesso la soglia dei tanti stabili occupati della capitale, portando viveri, abiti, medicinali, denaro. “La legalità ottusa è quella che non tiene conto delle esigenze sociali”, dice. Ed eccola, la differenza tra Legge e legge…

A nome del Papa, padre Konrad si presenta nelle case dei poveri con il rosario e una busta con dentro il denaro necessario per saldare le bollette arretrate o l’affitto in ritardo. “Se le istituzioni competenti non si muovono, allora lo faccio io”.

Durante l’episodio “incriminato”, padre Konrad non ha fatto altro che calarsi in un tombino – dove si trova la centralina elettrica – per ripristinare la corrente in un’immobile abitato da 450 persone, in via Santa Croce in Gerusalemme, nella capitale; corrente interrotta – con sigilli alla centralina – perché gli occupanti hanno accumulato un debito di 300 mila euro. Senza luce da diversi giorni – nello stabile ci sono circa 100 bambini e molti anziani – gli stessi occupanti avevano ricevuto, durante la giornata di sabato scorso, 11 maggio, la visita del cardinale, molto preoccupato per le condizioni di difficoltà in cui versavano gli abitanti. La sera stessa, ha agito. Apriti cielo.

Il tweet del vicepremier ha solo amplificato critiche e improperi provenienti da ogni dove. E, quel che più preoccupa, da molti cattolici e da diversi organi d’informazione che a tale ambiente fanno riferimento. Questa, in effetti, non è una novità, visto che l’antibergoglismo sta crescendo a dismisura anche dall’“interno”; dunque attaccare Krajewski è criticare, poco indirettamente, l’operato di papa Francesco, al quale non si perdonano certe “aperture”.

Sulla questione ci sarebbe da aprire una parentesi infinita, non consigliabile in questa sede. Come inutili sarebbero ulteriori considerazioni sul significato di misericordia e carità, queste sconosciute, in un presente sempre più disumanizzato (e disumanizzante) in cui la frenetica quotidianità ormai ci priva anche di un sorriso, di una parola di affetto e comprensione.

Mi limito a riportare le parole dello stesso Bergoglio, che non hanno bisogno di interpretazione: “Vi invito a visitare l’Elemosineria Apostolica: lì, il Cardinale Krajewski, che è un po’ ‘diavoletto’, ha messo una fotografia che ha fatto un giovane fotografo di Roma, artista: da un ristorante, d’inverno, esce una signora di una certa età, quasi anziana, con la pelliccia, il cappello, i guanti, elegantissima; solo guardando tu senti l’odore del profumo francese, tutto perfetto…; e ai piedi della porta, sul pavimento, un’altra donna, vestita di stracci, che tende la mano; e quella signora elegante guarda dall’altra parte. Quella fotografia si chiama ‘indifferenza’. Andate a vederla”.

Krajewski porta un po’ di luce “nei quartieri dove il solo del buon Dio non dà i suoi raggi”, quelle zone dove la miseria e la disperazione sono crescenti (ce lo dicono i dati: aumentano costantemente, nel nostro paese, povertà e disagio sociale). La signora fuori dal ristorante, ed evidentemente anche molti di coloro che criticano il cardinale, son “gente d’altri paraggi”. Pensateci. Pensiamoci.