Minima Cardiniana 256/4

Domenica 21 luglio 2019. Santa Prassede

IN BREVE

ANCORA SUL VICINO E SUL MEDIO ORIENTE

Riprendiamo e approfondiamo il discorso dei due ultimi MM.CC. In sintesi, la questione ruota su tre punti: 1. L’azione eversiva di Trump, tesa – dal problema di Gerusalemme all’Iraq alla Siria all’Iran all’Afghanistan – a sconvolgere e a cancellare il diritto internazionale; 2. L’acquiescenza dell’Europa, tanto più grave in quanto essa dovrebbe semmai svolgere un ruolo di cerniera e di mediazione;  3. Le nuove “superpotenze” emergenti di un mondo sempre più multilaterale.

Trump si è arbitrariamente “sfilato” dall’accordo stipulato quattro anni fa tra l’Iran e il cosiddetto “Gruppo dei 5+1” (i cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU cui si era aggiunta la Germania), in seguito al quale il premier iraniano Rohani aveva ottemperato praticamente a tutte le richieste dell’AIEA e aveva accettato di mantenere il livello di arricchimento dell’uranio al 3,67%, utile ai fini del suo uso civile ma insufficiente per quello militare. Viste le ambiguità e le incertezze dall’UE  bersagliata dalle richieste di Trump il quale pretende che essa torni al boicottaggio totale delle merci iraniane a cominciare dal petrolio, il governo iraniano si è visto costretto a inviare all’Europa un ultimatum e quindi a innalzare il livello dell’arricchimento dell’uranio al 4,5 (la soglia per le armi atomiche tuttavia è di un arricchimento al 90%: siamo lontani dalle proposte iraniane); intanto, dopo un episodio avvenuto nelle acque dello stretto di Gibilterra dove navi della marina di Sua Maestà Britannica  hanno bloccato la petroliera Grace 1 che trasportava greggio iraniano, il governo di Teheran minaccia per ritorsione di chiudere il canale di Hormuz impedendo praticamente al mondo intero di commerciare il petrolio dal momento che  si vieta arbitrariamente di farlo a lui. La chiusura del canale di Hormuz, attraverso il quale passa oltre il 30% del petrolio mondiale, è considerata da Trump un “atto di guerra”. L’8 luglio le autorità iraniane hanno chiesto ai paesi europei di agire affinché le misure sanzionarie nei confronti del loro paese vengano in qualche modo attutito, minacciando in caso contrario un loro ulteriore irrigidimento. Esiste uno strumento finanziario, l’Instax, in grado di consentire il proseguimento delle transazioni euroiraniane: i paesi europei hanno consentito da adottarlo, ma per il momento non se ne è fatto di nulla. Il piano di Trump è evidente: spingere attraverso l’uso estensivo dell’embargo gli iraniani alla disperazione in modo da indurli a mutare il loro governo equilibrato di adesso in un altro, più estremista, che compia un passo falso. Insomma, Trump vuole la guerra ma pretende di poter sostenere che sono stati gli altri ad imporla.  Dal canto suo, Israele pretende nuove sanzioni contro l’Iran. Frattanto alcuni emirati, segnatamente quello di Abu Dhabi, hanno segnalato la loro volontà di ridurre i loro contingenti impiegati nello Yemen contro gli sciiti (un altro macello compiuto nel più fitto silenzio mediatico internazionale). Mentre  a Doha, in Qatar, si stanno svolgendo faticosi negoziati fra il governo afghano presieduto da Ashraf Ghani e i talibani, che lo considerano una semplice marionetta degli USA. Gli americani dal canto loro paiono disposti a richiamare dall’Afghanistan le loro truppe, ma non a “mollare” le loro basi militari. Tutto resta in alto mare: e in Afghanistan si muore ormai ininterrottamente da quarant’anni.

ITALIA: SCUOLA DEI RICCHI, SCUOLA DEI POVERI

La regionalizzazione della scuola, nell’àmbito della legge sull’autonomia differenziata, appare di una gravità incredibile. Il testo dell’articolo 12 prevede l’assunzione diretta dei docenti attraverso concorsi regionali, quindi la fine dello status giuridico omogeneo dei docenti e la frammentazione del loro reclutamento. Con il nuovo piano si regionalizzeranno risorse, orari, piani di studio, contratti di lavoro, mobilità, aggiornamenti eccetera. In pratica, avremo in Italia scuole di serie A, di serie B, magari di serie C, sulla base di provvedimenti che finiranno per favorire non la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento bensì l’arbitrio delle regioni più ricche e il distanziamento qualitativo e forse disciplinare rispetto alle più povere.