Minima Cardiniana 257/1

Domenica 28 luglio 2019. San Nazario

 EDITORIALE

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Cari Amici, Colleghi e Corrispondenti,

siamo giunti ormai – con brevissime pause – al numero 257 di questa rubrica, che a quanto pare è abbastanza seguita: e ne sono grato a tutti, anche a quanti evidentemente la leggono per trarne materia polemica nei miei confronti. La polemica è se non altro sempre segno di una qualche considerazione: chi ti dedica accuse e magari t’indirizza menzogne e contumelie sottolinea, facendolo, che non gli sei indifferente. Non è poco.

257 numeri di una rubrica settimanale stanno a significare ch’essa è in piedi più o meno da cinque anni. Sono stati anni intensi: e ne ringrazio Iddio. Mi risolsi ad inaugurarla quando avevo appena raggiunto la mèta, da molti agognata e da molti temuta, della pensione: e, insieme, della qualifica accademica di “emerito”, che mi è avvalsa la formale concessione ministeriale (a firmarla fu il ministro Profumo) del titolo di “colendissimo” che nella nomenclatura mandarinale universitaria è un gradino superiore a quella di “chiarissimo”. Peccato solo che, nella numerosa corrispondenza cartacea che mi perviene giornalmente, nessun mittente mi qualifichi mai di “colendissimo”. Chi avrà la bontà di farlo si guadagnerà la mia riconoscenza imperitura.

Temevo che la mia fase pensionistica sarebbe stata caratterizzata da passeggiate ai pubblici giardinetti in compagnia dei nipotini e col cane al guinzaglio. Così non è stato, per molte ragioni tra i quali primeggiano le seguenti: 1. Sono di continuo in viaggio e, quando resto a casa mia, ho troppo da fare per andar a passeggiare ai giardinetti; 2. Nella casa in cui abito, appartamento in una villetta all’interno di un piccolo condominio nel verde della campagna in riva all’Arno, dalle parti del monastero di Rosano e del paese di Rignano – patria di Ardengo Soffici e di Matteo Renzi –, non esistono giardinetti pubblici; 3. Nessuno nei miei sei nipoti che oggi hanno tra i quasi trenta e i più o meno dieci anni (a parte la bisnipotina di cinque, che però abita in Brasile) ha mai manifestato il desiderio di venire ai giardinetti con me; 4. Non ho alcun cane da portare al guinzaglio: né ho mai provato a far indossare tale strumento, che peraltro ritengo umiliante e torturatorio, al mio ferocissimo gatto Thor il quale peraltro sarebbe alieno dal sopportarlo.

Peraltro, la mia vita di pensionato è molto imperfetta – continuo in realtà a lavorare, a studiare, a viaggiare – e si risolve nel fatto che attualmente ho il doppio delle incombenze che mi spettavano prima e ne ricevo circa la metà degli emolumenti: il che mi obbliga, per sopravvivere, a vivere da “forzato della penna”, anzi – il che è un aggravante – del computer, se voglio sovvenire ai bisogni della mia numerosissima famiglia e mantenere il mio train de vie di scialacquatore dispendioso e vanitoso. Per il momento, nonostante le mie ormai numerose primavere comincino a pesarmi sul groppone, il Signore mi ha generosamento finora tenuto al riparo da acciacchi e incidenti gravi: del che non cesso di ringraziarLo, pur ripetendomi ogni giorno inshallah, cioè fiat Voluntas Tua. Del resto la mia saggia nonna, che usava ripetere con fiducia: “Siamo tutti nelle mani di Dio”, amava aggiungere poi sottovoce, in quella sua “favella toscana” che – ricorda Giosuè Carducci – è “sì sciocca nel manzonismo degli stenterelli” – ma che era bellissima quando usciva dalla sua bocca, il filosofico e benaugurante commento “speriamo ch’unne stringa” (italiciter, “Auguriamoci che non serri la mano a pugno”).

D’altronde, appunto, le primavere pesano e le energie, per il momento solo insensibilmente, vengono meno; a ciò si è aggiunta l’inattesa contingenza di un repentino e consistente carico d’impegni. Mi aspetta una lunga estate con una “coda” autunnale che mi condurrà quasi alla soglia dell’inverno: oltre quattro mesi densi di viaggi in Italia e di soggiorni all’estero, di appuntamenti di studio, di scadenze editoriali, di conversazioni accademiche da tenere in idiomi differenti dal mio e bisognose quindi di venir con maggiore o minor cura preparate. In questo lungo periodo potrà concedermi solo sporadicissime visite a casa, per cambiare la biancheria e i libri compagni di viaggio. So fin d’ora che le figlie, i nipoti e il gatto Thor mi mancheranno moltissimo, ma non posso farci niente.  Mi perdonerete pertanto se mi concedo un piccolo alleggerimento all’interessante, ma denso e pesante programma estivo-autunnale.

Con questa ultima domenica di luglio vengono sospesi, per mia unilaterale volontà dovuta a un bisogno obiettivo, gli appuntamenti settimanali dei Minima Cardiniana: che riprenderanno inshallah, se alla mia umana-troppo umana proposta corrisponderà una benevola celeste disposizione, con il numero 258 che io leggerò e che voi, se vorrete, avrete agio di leggere, domenica 1 dicembre, prima domenica di Avvento.

Ovviamente, i prossimi non saranno certo mesi di latitanza cardiniana: non temete; o, a scelta, non illudetevi. Continuerò, almeno che appunto il Signore non disponga altrimenti, a leggere, a scrivere, a far lezioni e conferenze, a litigare e a polemizzare: chi vuole potrà scrivermi lettere e/o inviarmi messaggi e-mail, sempre tenendo presente che la densità del lavoro che mi sta dinanzi potrebbe obbligarmi a rispondere tardi o in modo laconico. Vi sarò invece grato se userete il meno possibile lo strumento telefonico. Nulla comunque, a parte i settimanali Minima Cardiniana, resta per quanto riguarda le mie intenzioni.

Per quanto infine attiene, appunto, i Minima Cardiniana, tenete presente che del loro editing si occupa l’amico Antonio Musarra (a.musarra1983@gmail.com), al quale negli ultimi mesi è andato aggiungendosi generosamente un altro caro amico, David Nieri (info@edizionilavela.it). Potete con discrezione rivolgervi anche a loro per tutto quel che riguarda sia la rubrica sia, in genere, le mie attività; con altrettanta discrezione vi risponderanno.

Con i miei ringraziamenti e i miei migliori auguri per i prossimi mesi.