Minima Cardiniana 258/3

Domenica 1 dicembre 2019, I Domenica di Avvento

PROGETTO “SIAMO TUTTI PELLEROSSA” (STP)

Berceto, 5 ottobre 2019
DICHIARAZIONE D’INTENTI
I sottoscritti
Giovanni Armillotta
Ugo Barlozzetti
Marco Barsacchi
Alessandro Bedini
Daniela Braceschi
Franco Cardini
Amerino Griffini
Luigi Lucchi
Alessandro Martire
Alessandro Michelucci
Adolfo Morganti
Marco Neri
David Nieri
Giannozzo Pucci
Gloria Roselli
Sergio Salvi

diversi per posizioni religiose e politiche, per interessi culturali, per fascia d’età, per condizione sociale e professionale, ma liberi da qualunque pregiudizio confessionale, razziale o ideologico e consci del problema che li sollecita a riunire le loro forze, con la presente

DICHIARAZIONE D’INTENTI

Formalizzano la loro volontà di avviare il programma

“SIAMO TUTTI PELLEROSSA”

sulla base delle seguenti esigenze da essi profondamente sentite:
1. La società mondiale del XXI secolo si è costituita, nelle sue espressioni politiche, culturali e mediatiche di vertice, una solida coscienza etica e storica fondata sulla consapevolezza dei passati crimini perpetrati da capi di stato, da governi e di popoli differenti nei confronti di altri gruppi etnici e/o religiosi e sulla ferma volontà di approfondire la conoscenza storica dei passati crimini, di promuoverne la consapevolezza presso le giovani generazioni e di operare affinché (come più volte si è proclamato, non sempre dando seguito con atti concreti alle intenzioni) errori ed orrori del passato non si ripetano, in mutate condizioni socioculturali e socioeconomiche e sotto nuove forme o medianti nuovi alibi, nel presente e nel futuro.
2. Tuttavia tali proclamate intenzioni si sono tradotte sovente in atti e in scelte insufficienti, reticenti, arbitrari quando non addirittura in colpevoli forme di silenzio o di sottovalutazione dovute al timore di provocare o comunque di disturbare poteri politici, economici, finanziari o religiosi che ancor oggi, con una pluralità di circostanze e di metodi, stanno perpetuando forme diverse di persecuzione, di repressione, di concentrazione forzata, di limitazione della libertà, di rifiuto di riconoscimento del patrimonio linguistico e culturale di molte comunità numericamente “minoritarie” o storicamente “scomode”.
3. Risultato di ciò è che ancor oggi, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, l’umanità di va depauperando dell’inestimabile tesoro biologico, antropologico, linguistico, religioso e culturale costituito nel suo complesso dalla Diversità, che sta alla base della vita e della dignità del genere umano e che in nulla contrasta con il principio dell’Uguaglianza morale di tutti gli uomini sul piano della dignità e di quel complesso di prerogative ch’è stato indicato come “Diritti dell’Uomo”.
4. Ciò premesso, il programma “Siamo tutti pellerossa” intende: a) studiare, catalogare, analizzare tutte le situazioni nel mondo attuale che direttamente o indirettamente, esplicitamente e implicitamente, siano di pregiudizio alla sopravvivenza e al libero esercizio di prerogative politiche, religiose, economiche e culturali di gruppi etnici, religiosi e culturali; b) scoprire, analizzare, denunziare senza pregiudizio ideologico o politico alcuno, ma con il massimo rigore e la massima serenità possibile, quei casi ancora presenti nella società mondiale di oggi nei quali per qualunque motivo e sotto qualunque alibi si perpetuino situazioni di persecuzione, di “pulizia etnica”, di repressione, di negazione o limitazione della libertà politica, culturale, etnica o religiosa di gruppi anche largamente minoritari o addirittura etnolinguisticamente parlando minimi sotto il profilo numerico; c) organizzare esposizioni, convegni, incontri e interviste, lavorando soprattutto nelle e per le scuole, volti a conoscere e a far conoscere sempre meglio le situazioni di disagio e d’ingiustizia delle quali individui o popoli siano vittime a causa della loro condizione etnolinguistica e/o etnoculturale e a denunziare con chiarezza e fermezza tutte quelle attività finanziarie, economiche, tecnologiche che in qualunque modo siano di pregiudizio a comunità umane la voce delle quali è troppo flebile per giungere ai poteri preminenti del mondo e per indurli ad ascoltare i loro diritti e le loro esigenze.
5. Oggetto dell’attività di ricerca, di sensibilizzazione mediatica e di azione civile dei membri per Programma STP sarà la denunzia di tutte le violenze perpetrate per qualunque ragione e con qualunque ragione a danno di persone e di gruppi del genere umano. Per il passato tanto remoto quanto prossimo, tale attività sarà indirizzata in senso principalmente storico-archeologico-antropologico e diretta soprattutto a informare docenti e studenti. Per il presente, non intendiamo fermarci ai casi più noti e drammatici (gli ebrei, i palestinesi, gli zingari, i tibetani, i curdi, gli ainu, gli uiguri, le varie etnìe dei mondi africano, asiatico, americano e oceanico) ma anche a quelli considerati “minori” e sfociati non in casi di genocidio bensì di etnocidio (eliminazione non fisica, bensì linguistica e culturale) e causati non solo da vero e proprio razzismo bensì da forme croniche e striscianti di xenofobia: sempre tenendo ben chiaro e presente che la vera lotta contro razzismo, xenofobia e repressione etnoculturalmente motivata passa attraverso il più attento rispetto delle differenze tra gli esseri umani anziché attraverso astratte forme di livellamento e d’indifferenzialismo, che umiliano e impoveriscono l’umanità.
6. A livello propriamente politico, e principalmente nella direzione dell’auspicata integrazione politica del continente europeo, il Programma STP intende rivendicare i diritti della storia contro le passate violenze commesse ai danni dei popoli politicamente e militarmente più deboli: quindi tutte le sottomissioni, le aggregazioni forzose, le assimilazioni programmatiche, le censure culturali. In particolare tra fine XVIII-inizio XXI secolo, in tutti i continenti, l’affermarsi degli stati nazionali si è accompagnata non alla valorizzazione dei diritti di tutti i popoli, bensì all’accettazione generalizzata del diritto dei più forti: così in Spagna (contro andalusi ebrei e arabi, galiziani, catalani e baschi), in Francia (contro bretoni, occitani, corsi), nel Regno Unito (contro irlandesi, scozzesi), in Italia (contro occitano-provenzali-aostani, sardi, sloveni, croati, sudtirolesi), nel mondo balcanico ecc. Il Programma STP rivendica la sua convinzione che la futura unità europea dovrà essere quella di tutti i popoli, ciascuno con la sua lingua, e che – pur non essendo possibile negare o modificare il cammino fatto dagli stati nazionali – l’Europa del futuro dovrà dare spazio non solo alle nazioni artificialmente e istituzionalmente legittimate, bensì anche ai popoli e alle regioni che in qualche modo gli stati nazionali hanno coartato.
7. I sottoscritti eleggono a sede ufficiale del loro Programma la città di Berceto (Parma), nella quale già da anni è attivo un centro di collegamento con l’etnia native American lakota (USA) dopo che, l’11 settembre 1988, si è stabilito il gemellaggio tra Berceto e la Riserva native American di Pine Ridge (South Dakota), appartenente alla gloriosa nazione lakota patria del grande capo Sitting Bull.
8. I sottoscritti danno appuntamento a quanti vorranno partecipare all’avvìo ufficiale della loro attività a Berceto (Parma) il giorno domenica 5 ottobre 1019, alle ore 10,30, per un incontro con le comunità curda e lakota.
9. I sottoscritti eleggono a Giornate del Programma STP l’11 e 12 settembre di ogni anno stabilendo Berceto come loro sede principale e aderiscono al progetto d’insediamento in tale centro della “Piccola ONU per il riconoscimento dei popoli e nazioni non riconosciute”, impegnandosi a un’azione di sensibilizzazione di tali problematiche volta a raggiungere anche i massimi livelli, quali la Santa Sede, l’Assemblea delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo.

Berceto, 11 settembre 2019

Giovanni Armillotta, Ugo Barlozzetti, Marco Barsacchi, Alessandro Bedini, Daniela Braceschi, Franco Cardini, Amerino Griffini, Luigi Lucchi, Alessandro Martire, Alessandro Michelucci, Adolfo Morganti, Marco Neri, David Nieri, Giannozzo Pucci, Gloria Roselli, Sergio Salvi.

ANNESSI SUI POPOLI MINACCIATI E SUI GENOCIDI
Annesso 1: una riflessione sui genocidi
Una giornata per ricordare tutti i genocidi
Il termine genocidio fu coniato nel 1943 dall’avvocato polacco Raphael Lemkin, che lo utilizzò per la prima volta nell’introduzione del suo libro Axis Rule in Occupied Europe, datata 15 novembre 1943. L’opera uscì l’anno successivo. Erano i tempi bui della Shoah, quindi fu naturale che la tragedia ebraica fosse il primo caso al quale veniva applicata la nuova definizione. Poi, per circa mezzo secolo, lo sterminio della minoranza israelita è stato considerato una tragedia unica e irripetibile, il crimine contro l’umanità per eccellenza. Ogni confronto con altri genocidi era considerato un sacrilegio. Purtroppo Lemkin era morto nel 1959, quindi non poteva contestare questa falsificazione del suo pensiero. Il giurista di religione ebraica era stato il primo a studiare la materia approfondendo una grande varietà di casi, dal Metz Yeghern (genocidio armeno) a quello degli aborigeni della Tasmania. Grazie a questi studi aveva contribuito a elaborare la Convenzione sul genocidio, approvata dall’ONU il 9 dicembre 1948 ed entrata in vigore il 12 gennaio 1951. L’umanità ha un debito sconfinato nei suoi confronti. Nonostante questo, purtroppo, nessuno dei suoi libri è stato ancora tradotto in italiano.
Ma non è bastato che il genocidio fosse dichiarato un crimine di diritto internazionale: dalla Cambogia al Ruanda, dalla Bosnia al Biafra, l’ultimo mezzo secolo è stato costellato di tragedie epocali che hanno riaperto le ferite della Seconda guerra mondiale. Molti avevano detto Mai più, ma non è bastato per evitare che certi orrori si ripetessero. Stavolta, inoltre, i genocidi sono stati documentati in tempo reale dai media. Hanno ispirato il cinema, come ci ricordano Jonathan Friedman e William Hewitt in The History of Genocide in Cinema: Atrocities on Screen (I. B. Tauris, 2016).
Di conseguenza il dibattito sul tema è stato inquadrato in un’ottica nuova. Il termine genocidio è stato applicato anche ad altri casi. Sono usciti molti libri sul genocidio armeno, su quello degli Indiani americani e di altri popoli indigeni sterminati dai colonialisti europei. Come gli Herero e i Nama, vittime del primo genocidio del Novecento, quasi completamente cancellati dal potere coloniale tedesco.
Inserire la tragedia ebraica in un contesto più ampio, accanto ad altri genocidi, non significa diminuirne il rilievo storico. Al contrario, significa toglierla da una terra di nessuno dove resterebbe un fenomeno incomprensibile. Oggi l’unicità della Shoah è rifiutata anche da molti studiosi ebrei: basti pensare a Israel Charny, fondatore e direttore dell’Istituto di studi sul genocidio di Gerusalemme, curatore della Encyclopedia of Genocide (ABC-CLIO, 2000).
La risposta ideale a questo nuovo contesto è una giornata della memoria dedicata a tutti i genocidi. Inclusi quelli di tante comunità piccole e remote che non hanno canali diplomatici per far sentire la propria voce. Del resto, se ci sono giornate internazionali per temi che riguardano tutti – l’infanzia, i diritti umani, la pace – perché non può esisterne una dedicata al genocidio?
Thomas Benedikter
Alessandro Michelucci

Propongo di aggiungere al documento:
una giornata per tutti i genocidi, da organizzarsi ogni anno in un periodo da definirsi, sul tipo di quella che viene organizzata a Londra dalla Islamic Human Rights Commission:
https://www.ihrc.org.uk/activities/projects/9928-introduction-to-gmd/

Un esempio da seguire
Anche se non si tratta di un’iniziativa ufficiale, una giornata dedicata al ricordo di tutti i genocidi esiste già: alludiamo al Genocide Memorial Day, organizzato a Londra dalla Islamic Human Rights Commission (IHRC), un’ONG riconosciuta dall’ONU. Questo progetto rifiuta che i genocidi siano sottoposti a una clas-sificazione gerarchica. Lanciata nel 2008, la giornata si svolge in una data variabile, generalmente in gen-naio. Ogni anno è dedicata a un tema specifico, come Steps leading to genocide (2015), Genocidal weapons (2016) e Lessons from the cultural genocide of Muslims and Jews in Europe (2017). La parte principale dell’evento è una conferenza alla quale partecipano esperti provenienti da tutto il mondo. Negli ultimi anni iniziative collegate a questa si sono tenute in altre città, fra le quali Amsterdam, Barcellona e Parigi.

Annesso 2: un Centro col quale collaborare sistematicamente
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE SUI POPOLI MINACCIATI (CDPM)
Chi siamo
Nel 1993 è nata a Firenze l’Associazione per i popoli minacciati, sezione italiana dell’omonima organizzazione tedesca. Nel 2000, in seguito a divergenze sulla guerra del Kosovo, abbiamo lasciato l’associazione tedesca e abbiamo assunto la denominazione attuale. Ma il nostro obiettivo è rimasto lo stesso: sensibilizzare l’opinione pubblica affinché conosca i problemi delle minoranze e dei popoli indigeni. Dal Sudan al Pacifico, dall’Amazzonia all’Europa, questi sono coinvolti in numerosi conflitti contemporanei. In molte parti del mondo ci sono popoli che lottano contro la pirateria genetica, l’inquinamento ambientale, la repressione dei diritti linguistici e religiosi, il colonialismo nucleare, l’industrializzazione selvaggia.
Il centro di documentazione si trova a Firenze, all’interno del Circolo Vie Nuove. È il primo archivio italiano interamente dedicato ai problemi delle minoranze, dei popoli indigeni e delle nazioni senza stato. Raccoglie migliaia di pubblicazioni – riviste, libri, tesi universitarie, film – in varie lingue: italiano, inglese, spagnolo, francese, tedesco, turco, catalano, romeno, esperanto, friulano, etc.
Inoltre organizziamo conferenze, presentazioni di libri, cineforum, etc. Il centro fa parte della rete SDIAF (Sistema di documentazione dell’area fiorentina), come le biblioteche comunali e altri centri di documentazione.

Iniziative
In 26 anni di attività abbiamo organizzato oltre 50 conferenze sui temi più vari: dagli Indiani del Nordamerica agli indigeni della Siberia, dai Kurdi alle minoranze europee. Abbiamo collaborato con le istituzioni locali di Firenze, Greve in Chianti, Monsummano Terme, etc. e con altre associazioni, fra le quali ACSIT, Amnesty International, Circolo Vie Nuove, Kiwani, Testimonianze, Transafrica e Xena. Abbiamo partecipato a conferenze organizzate da altri, come il Primo Congresso Mondiale Berbero (1997). La nostra associazione è stata presente all’ONU di Ginevra, dove si è riunito per molti anni il Gruppo di Lavoro sui Popoli Indigeni.

Pubblicazioni
La causa dei popoli (http://issuu.com/lacausadeipopoli) Rivista telematica quadrimestrale.
Pagina Facebook (www.facebook.com/centropoliminacciati) Aggiornamenti su libri, riviste, mostre, conferenze, etc.

Libri
America indigena (1992) – I custodi della terra (1993) – Popoli indigeni popoli minacciati (1998) – Il sangue della terra. La lotta degli U’wa contro la Occidental Petroleum (2003).

Bibliografie
Per orientare i laureandi, i giornalisti e gli studiosi curiamo una bibliografia italiana (1966-oggi) che viene costantemente aggiornata.

Centro di documentazione sui popoli minacciati c/o Alessandro Michelucci
Via Trieste 11 – 50139 Firenze popoli-minacciati@ines.org tel. 055-485927 cell. 327-0453975.