From Genoa to Jerusalem and beyond – di Antonio Musarra

Tra i molti temi affrontati dall’odierna crociatistica, quello delle intenzioni e delle motivazioni di coloro che, nell’arco della propria vita, assumendo sulle vesti il segno della croce, lasciavano le proprie case per partecipare al «iter» gerosolimitano è, a tutt’oggi, aperto. Il problema riguarda, in particolar modo, la storiografia sulla partecipazione italiana al movimento crociato. Come ho avuto modo di affermare altrove, il ruolo degli italiani è stato, sovente, subordinato alla loro funzione economico-commerciale. Non a torto: «le crociate agirono effettivamente da catalizzatore dei traffici occidentali verso il Levante, favorendo un più generale movimento di uomini e merci tra le diverse sponde del Mediterraneo. Tuttavia, non è possibile esaurire il loro ruolo in questa prospettiva: Baresi, Fiorentini, Genovesi, Milanesi, Pisani, Veneziani – per citare soltanto alcune tra le realtà più vive e documentate; senza dimenticare, però, la partecipazione crociata dei centri minori, testimoniata dalle molte cronache locali –, prendevano anch’essi la croce […]. La loro spinta espansionistica si accompagnò spesso a una forte carica ideale, tendente a sottolineare il ruolo anti-saraceno rivestito dai propri concittadini o, più semplicemente, il favore divino nei propri confronti»[1]. È quanto ho potuto constatare affrontando le fonti principali relative alla partecipazione genovese alla prima crociata, in cui si mescolano, amalgamandosi, motivi retorici e peculiarità locali. Con ciò, il problema delle motivazioni rimane, amplificato dallo sperimentalismo che caratterizzò la prima spedizione, in un contesto in cui lo stesso termine «crociata» era lungi da venire[2]. La più generale storiografia sulle crociate ha affermato l’esistenza tanto d’istanze religiose, quanto di cause materiali, all’interno delle quali fare rientrare le molte sfumature intermedie. In che misura l’oscillazione tra un polo e l’altro è riconoscibile nel contributo italiano alla crociata? Soprattutto, è necessario separare tali ambiti o ciò risponde, piuttosto, a una precomprensione odierna? Il caso di studio genovese può fornire, da questo punto di vista, spunti interessanti.
Tale caso di studio è stato, a lungo, al centro degli interessi d’un autentico decano della storiografia sulle crociate: Benjamin Kedar, che ha recentemente raccolto i propri studi dedicati a Genova, e all’Italia in genere, in un corposo volume. From Genoa to Jerusalem and beyond. Studies in medieval and world history, appena edito per libreriauniversitaria.it (pp. 578) si avvia a costituire, a buon diritto, una pietra miliare nello studio delle relazioni tra la penisola e la Terrasanta nei secoli medievali, e non solo. In trentuno articoli, pubblicati nell’arco di molti decenni, l’autore sviscera il rapporto tra Genova, e l’Italia in genere, e l’Oriente mediterraneo, tanto dal punto di vista relgioso, quanto da quello più prettamente economico e commerciale. Molti i temi presenti, per conoscere i quali valga, per ora, il solo indice, in attesa che la storiografia italiota, a partire dal sottoscritto, si appropri pienamente del loro contenuto.
Part I – Studies in Genoese History, 10th-14th centuries
1. Una nuova fonte per l’incursione musulmana del 934-935 e le sue implicazioni per la storia genovese
2.Mercanti genovesi in Alessandria d’Egitto negli anni Sessanta del secolo XI
3. Genoa’s Golden Inscription in the Church of the Holy Sepulcher: A Case for the Defence
4. Again: Genoa’s Golden Inscription and King Baldwin I’s Privilege of 1104
5. (with Eliezer Stern:) Un nuovo sguardo sul quartiere genovese di Acri
6. Segurano-Sakran Salvaygo: Un mercante genovese al servizio dei sultani mamalucchi
7. Noms de saints et mentalité populaire à Gênes au XIVe siècle
8. L’Officium Robarie di Genova: un tentativo di coesistere con la violenza
9. Chi era Andrea Franco?
10. The Genoese Notaries of 1382: The Anatomy of an Urban Occupational Group
11. (with Eliyahu Ashtor:) Una guerra fra Genova e i Mamlucchi negli anni 1380
12. Jerusalemite Jews in Genoese Famagusta, 1388
13. Toponymic Surnames as Evidence of Origin: Some Medieval Views
Part II – East-West Encounters
14. (with Reuven Amitai) Franks in the Eastern Mediterranean, 1047
15. Again: Arabic rizq, Medieval Latin risicum
16. A Note on Jerusalem’s Bimaristan and Jerusalem’s Hospital
17. The Voyages of Giuàn-Ovadiah in Syria and Iraq and the Enigma of his Conversion
18. La Via sancti sepulchri come tramite di cultura araba in Europa
19. (with Etan Kohlberg) The Intercultural Career of Theodore of Antioch
20. Benvenuto Grapheo da Gerusalemme – da Salerno – da Montpellier e la sua Ars probatissima oculorum
21. Religion in Catholic-Muslim Correspondence and Treaties
22. Rival Conceptualizations of a Single Space: Jerusalem’s Sacred Esplanade
Part III – Pilgrims and Hermits
23. Dimensioni comparative del pellegrinaggio medievale
24. The Latin Hermits of the Frankish Levant Revisited
25. Un Santo venuto da Gerusalemme: Ranieri Scacceri
Part IV – Studies in World History
26. Expulsion as an Issue of World History
27. Cultural Persistence Despite Total Political Collapse: The Role of Elites
28. The Multilateral Disputation at the Court of the Grand Qan Möngke, 1254
29. Prolegomena to a World History of Harbour and River Chains
Part V – Two Inroads into Modern History
30. Il Distaccamento italiano in Palestina (1917-1919)
31. Il motivo della crociata nel pensiero politico israeliano
[1] A. Musarra, Gli Italiani e la crociata. Una storia da scrivere, in «Nuova Informazione Bibliografica», 2 (2018), pp. 261-262. Il presente articolo prende le mosse, affinando la discussione, dal mio In partibus Ultramaris. I Genovesi, la crociata e la Terrasanta (secc. XII-XIII), Roma, ISIME, 2017, cui rimando per una contestualizzazione generale.
[2] A questo proposito cfr. C. Tyerman, Were there any Crusades in the Twelfth Century?, in «English Historical Review», 110 (1995), pp. 553-577, disponibile in Id., The Invention of the the Crusades, Basingstoke, MacMillan, 1998, pp. 8-29, 127-136 (di cui esiste una traduzione italiana: C. Tyerman, L’invenzione delle crociate, Torino, Einaudi, 2000).
[3] E.H. Byrne, Genoese Trade with Syria in the Twelfth Century, in «American Historical Review», 25 (1920), p. 193.
[4] Come vorrebbe, invece, R. Pavoni, Liguria medievale. Da provincia romana a stato regionale, Genova, ECIG, 1995, p. 249.
[5] B. Kedar, Mercanti genovesi in Alessandria d’Egitto negli anni sessanta del secolo XI, in Miscellanea di Studi Storici II, Genova, Università di Genova, 1983 (Collana storica di fonti e studi diretta da Geo Pistarino, 38), p. 30.
[6] C. Marshall, The crusading motivation of the Italian city republics in the Latin East, 1096–1104, in The Experience of Crusading 1: Western Approaches, a cura di M. Bull e N. Housley, Cambridge, Cambridge University Press, 2003, pp. pp. 67-68. Dello stesso avviso: C. Kostick, The Social Structure of the First Crusade, Leiden-Boston, Brill, 2008, pp. 296-297.
[7] Tyerman, The Invention, cit., pp. 5-6.
[8] J. Riley-Smith, The First Crusaders, 1095-1131, Cambridge, Cambridge University Press, 1997. Inutile dire che ogni approccio statistico alla questione sarebbe peregrino.
[9] È quanto suggerito in J. Riley-Smith, The Motives of the Earliest Crusaders and the Settlement of Latin Palestine, 1095-1100, in «English Historical Review», 98 (1983), pp. 721-736, che, tuttavia, dedica maggiore spazio a coloro che si fermarono in Oriente, tralasciando chi, invece, espresse soltanto una presenza temporanea.