Minima Cardiniana 263/5

Domenica 5 gennaio 2020, Sant’Edoardo

…E, PER FINIRE IN LETIZIA, ALLA VECCHIA MANIERA DI RIDOLINI: COME CASTIGARE IL RADETZKY NEONAZISTA IN UN MODO CHE SAREBBE PIACIUTO AL CANCELLIERE HITLER

Divertiamoci, infine. Per esempio con la bella notizia che arriva da Cosenza, il cui prefetto (una gentile signora, Paola Galeone) è in questo momento agli arresti domiciliari con l’accusa di aver preteso una “mazzetta” … da 700 euri. Io, che sono un vecchio funzionario asburgico, mi rifiuto di credere che un prefetto, sia pure della repubblica italiana, possa vendersi per una cifra equivalente al valore di un poco più che mediocre apparecchio televisivo. Ma, finché non vi sarà una sentenza, la signora Galeone è protetta dalla “presunzione d’innocenza”. Visto il suo imponente cognome, le auguriamo di navigare prossimissimamente in acque migliori. Frattanto, passiamo ad argomenti ancor più ridanciani.
Dopo queste belle notizie di Capodanno, si sarebbe tentati di esortare, orazianamente, a un
risum teneatis, amici. Ma in fondo, poi, perché no? Facciamocela, invece, una bella risata. Ridere ridere ridere: il riso fa buon sangue. Beccatevi allora questo bel pezzo del carissimo amico Domenico del Nero (valoroso musicologo; anche se non sempre piacevole vaticanista), il quale c’informa di un altro episodio dell’avvincente epica battaglia dei Prodi Cavalieri del Pensiero Unico in lotta perenne contro i Pirati dei Caraibi che si ostinano a pensar con la propria testa.
Facciamoci una risata, ordunque. Anche se, visto il livello di certe cose, ci verrebbe piuttosto da piangere…

Al concerto di Capodanno arriva il musically correct: via pifferi ed applausi dalla Radetzky Marsch, sono nazisti!
L’allucinante trovata del primo violino dei Wiener e del direttore d’orchestra designato per il concerto: cosa ascolteremo domani?
Pold Weninger… chi era costui? Devo davvero coprirmi il capo di cenere perché in tanti anni di critiche e cronache musicali non avevo mai sentito nominare questo signore. Da incallito filoasburgico, sia in versione granducale che imperiale, adoro ovviamente la Radetzky Marsch, ma mi era sfuggito il fatto che la versione che ascoltavamo a conclusione del mitico Concerto di Capodanno dei Wiener Philharmoniker fosse stata “arrangiata” ai primi del Novecento; sorte peraltro che condivide con tante altre partiture più o meno celebri, per tanti e vari motivi che ora non è il caso di investigare.
Così come ignoravo – e come me credo tantissimi altri lettori più o meno musicofili – che il detto signor Weninger, che non è propriamente una stella del firmamento dei compositori, avesse non solo aderito al nazismo, ma ne fosse stato in una certa misura il “compositore ufficiale”, essendo autore di varie marce e pure di un inno dedicato a Hitler.
Possiamo convenire che non sia il massimo dell’entusiasmante, ma un briciolo di mentalità “storica” e ancor più un pizzico di buonsenso dovrebbero farci scrollare le spalle e magari porci la fatidica domanda: ma cosa a che fare la Radetzky Marsch tutto ciò, se per di più è vero che Weninger arrangiò lo spartito nel 1914, quando Hitler era solo un “caporale boemo” (per dirla con Hindenburg) e sul trono dell’ancora vivente Duplice Monarchia sedeva Sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe I, lo stesso sovrano del grande Feldmaresciallo che vinse i Piemontesi nel 1848?
Nella cosa si dovrebbe caso mai vedere davvero una ironia della storia, perché quella marcia (pensiamo allo splendido romanzo omonimo di Joseph Roth) era alla fine diventata un simbolo di quella civiltà asburgico-mitteleuropea che è quanto di più antitetico possa esserci alla volgarità e alla brutalità del nazismo; non per nulla il Führer non avevo certo simpatia nei confronti degli Asburgo, mentre non mancava di strizzare l’occhio agli Hohenzollern, purché beninteso stessero ben lontani dal trono tedesco.
Ma tutto questo, alla fine, che cosa ha a che vedere con quello splendido brano musicale che conclude il concerto di Capodanno, ritmato dai festanti battimani degli spettatori? Per saperlo bisognerebbe rivolgersi al presidente dei Wiener, il primo violino Daniel Froschauer, che ha deciso di… denazificare la marcia di Johan Strauss senior riproponendone una versione più “austera” e rispettosa degli spartiti originali. Idea che sarebbe peregrina anche se l’operazione volesse essere puramente “filologica”, perché il concerto di Capodanno ha una sua tradizione esecutiva che non può essere ignorata; ancor di più poi se si pensa che gli elementi “nazisti” sarebbero (almeno a quanto pare) proprio gli applausi ritmati e condotti dallo stesso direttore d’orchestra (!!!) e un ruolo più importante delle percussioni. Già che ci siamo perché non proporla al clavicembalo, allora?
Ma tant’è; Froschauer parla di una versione “finalmente libera dalle ombre brune del passato”1, mentre secondo l’“Avvenire” sarebbe stato il direttore disegnato del concerto di Capodanno il lettone Andris Nelsons, a rifiutarsi di dirigere la versione “incriminata”2. Chissà se Nelsons è al corrente del fatto che il Concerto di Capodanno esiste proprio dall’anno fatale 1939, anno in cui (purtroppo) a Vienna non sedevano più sul trono né Francesco Giuseppe né il suo grande e sfortunato successore Carlo I; se dunque Nelsons e Froschauer volessero essere pienamente coerenti con i loro assunti di partenza, dovrebbero presentarsi da soli al proscenio, fare un bell’inchino e dire al pubblico: “Spiacenti, il concerto non si fa più perché è criptoapologia di nazismo”.
Dunque, almeno a quanto a pare, scompariranno gli applausi e i battimani ritmati dal pubblico? Personalmente avrei un consiglio per quest’ultimo, munirsi di pomodori e ortaggi vari e sostituire il ritmo delle mani con un serrato lancio verso il direttore e il primo violino. E ci si chiede se la premiata coppia Nelsons & Froschauer non abbia preparato una bella lista di proscrizione: a partire da Wagner, ovviamente, che pur essendo morto nel 1883 non ha saputo prevedere il fatto che sarebbe diventato uno dei numi tutelari del III Reich, seguito a ruota dai ben più “infami” Richard Strauss, presidente della Reichsmusikkammer dal 1933 al 1935 (per quanto il suo rapporto con il potere fosse tutt’altro che di acritica sottomissione), Carl Orff, che pur non essendo mai stato iscritto al partito né avendone condiviso l’ideologia, è stato però accusato di “collaborazionismo” ecc.
Insomma, oltre al politically correct abbiamo adesso il musically correct, ed è davvero triste che sia proprio una istituzione venerabile come i Wiener Philharmoniker a farsene banditrice. Ma gli unici applausi che essi riscuoteranno saranno quelli dei salotti radical-chic di un’Europa bolsa e ormai totalmente incartapecorita in un “perbenismo” ignorante e anche più ferocemente totalitario, se possibile, di quello nazista e comunista; ma per lo spettatore, per l’amante della musica, per il semplice ascoltatore la marcia di Radetzky sarà quella di sempre, con il suo ritmo festoso che non ha nulla di politico, ma solo il sapore di una festa che ogni anno allieta, o forse allietava, i nostri teleschermi e i pochi fortunati che riescono a procurarsi un biglietto.
Domenico del Nero
(da www.totalita.it del 31.12.2019)

Ebbene: anzitutto un sincero, sentito Chapeau all’amica e collega Simonetta Bartolini per aver ospitato sul suo benemerito periodico “Totalità” un pezzo come questo, per giunta nobilitato da un prezioso capolettere di suo padre, il nostro indimenticabile Sigfrido che onorava la Toscana con la sua arte di gran razza e con il coraggio dei suoi pareri sempre controcorrente e controvento. Quindi, tre notarelle marginali a quanto del Nero ci dice.
Prima. Sono sempre stato un sincero ammiratore del “Concerto di Capodanno”, anche se non tuti gli anni riesco ad andarci: anzi, negli ultimissimi quasi mai per impossibilità obiettiva di procurarsi i biglietti anche a carissimo prezzo. Di solito mi recavo al
Kapuzinergruft per un doveroso omaggio al mio imperatore Francesco Giuseppe e all’imperatrice Elisabetta (e ovviamente un saluto a Maria Teresa, a Giuseppe II, al mio granduca Leopoldo diventato Kaiser eccetera), quindi da Sacher o da Demel per una buona cioccolata calda o un gelato bicchierino di Kirschwasser e infine al concerto. Quando andava bene, m’installavo al Gasthaus König von Ungarn; e, il giorno successivo, a pranzo c’erano la Wienerschnitzel o il Tafelspitz di Plakutta, a cena il pollo arrosto e il vino bianco fresco di Grinzig; quando andava male il concerto me lo godevo a mezzogiorno del 1° gennaio, da casa, davanti alla TV col gatto e un buon flûte di champagne doverosamente ghiacciato. Da adesso, al concerto di Capodanno formalmente e solennemente rinunzio: ne ascolterò ogni Capodanno, dopo mezzanotte, qualche buona vecchia edizione in CD (ne esistono di egregie: da von Karajan a Metha). E batterò ritmicamente, da solo, le mani al gran finale con tanto di percussioni; alla faccia dei pecoroni in sala, che intimiditi dal politically correct staranno invece ziti e fermi.
Seconda. Quando fanatismo e ignoranza si accoppiano, il cocktail che ne risulta è di solito davvero strepitoso. L’epurazione della versione “nazista” (sia pure
ante factum della Radetzky Marsch) avrebbe in fondo fatto un gran piacere al caporale Hitler, che odiava gli Asburgo e quindi, se avesse osato (ma i suoi stessi sostenitori austriaci lo sconsigliarono dal farlo, per non rendersi impopolare), nel ’38 avrebbe epurato l’intera Vienna e tutta l’Austria dalle Habsburgererinnerungen. Quanto meno, lo avrebbe consolato pensando che i suoi seguaci erano tutti immuni dal contagio imperiale.
Vivissime congratulazioni pertanto alla “premiata coppia Nelsons & Froschauer”, che denazificando quel brano musicale ha liberato il caporale Hitler (questo sì ch’è collaborazionismo) da residui per quanto improbabili sospetti di asburgolatria.
Terza. Asburgolatria che invece mi è propria, e me ne vanto, e concordo in ciò con del Nero (pur astenendomi dal pregare il Padreterno che gli abbuoni quel po’ di Purgatorio che si degnerà di fargli fare in meritata penitenza per quant’egli è solito dire a proposito del Santo Padre felicemente regnante). Asburgolatria associata a una buona radetzodulia (i non esperti in teologia s’informino, appunto, sul rapporto tra culto di “latria” e culto di “dulia”). Stimo il
Feldmarschall principe Johann Joseph Franz Karl Radetzky, che Dio lo abbia in gloria – e non è un modo di dire – una delle più fulgide figure del nostro Ottocento e gli sono grato per le splendide lezioni di arte, scienza e tecnica militari da lui impartire all’esercito sardo-piemontese e ai ribelli lombardo-veneti nel biennio 1848-49. Se le cose, per il nostro sfortunato paese, fossero andate come lui le aveva opportunamente impostate – e come lo stesso Carlo Cattaneo aveva finito con l’auspicare –, oggi vivremmo probabilmente in un’Italia e in un’Europa ben diverse: e migliori. Il Signore benedica in eterno la Sua felice memoria e lo collochi nel cielo degli eroi, accanto a Qasem Suleimani.

Note
1 Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/12/22/concerto-di-capodanno-lorchestra-di-vienna-cambia-la-marcia-di-radetzky-il-finale-e-nazista/5633533/
2 https://www.avvenire.it/agora/pagine/concerto-di-capodanno-vienna-marcia-di-radetzky-nuova-senza-nazismo