Minima Cardiniana 274/3

Domenica 22 marzo 2020, IV domenica di Quaresima
Domenica Laetare Jerusalem, prima domenica di primavera

CORONAVIRUSMACHIA

“Cos’è mai questa crisi… paraparaparapappappà”, canticchiava uno chansonnier buontempone nel 1929, VII E.F., quando – si dica quel che si vuole – era ancora permesso ridere: tanto è vero che nel ’30 Alessandro Blasetti poteva filmare tranquillamente un Petrolini che mimava mussolinianamente Nerone (“Roma rinascerà più bella e più superba che pria!” – “Bravo!” – “Grazie!”). Certo, allora tutti cercavano comunque di polemizzare meno: era meglio che il Duce non perdesse la pazienza.
Oggi, beata democrazia, si polemizza anche troppo. Ma non è che le cose diventino più chiare. Insomma, che cos’è questo Coronavirus? Si è al riguardo accesa ormai tra scienziati, politici,
opinion makers e social una vera e propria Coronavirusmachia più aspra della Psychomachia di prudenziana memoria, o della Batrachomiomachia (e sì che di topi e di rane ce ne sono eccome…), la quale vede in campo non due bensì venti, duecento duemila eserciti schierati.
Beccatevi quindi un articolo di Massimo Jevolella, scrittore e islamologo di pregio, che strapazza allegramente un’illustre arcititolata accademica, la quale a sua volta ha strapazzato ferocemente un noto studioso gettonatissimo anche in TV. Insomma, ne vedremo delle belle. Scegliete pure da che parte stare e buon divertimento.

MA QUESTO VIRUS È SOLTANTO MALEDETTO?
Una psicanalista dal nome alquanto pomposo, Daniela Scotto di Fasano, dalle pugnaci pagine della rivista “Micromega” ha lanciato un attacco che definire virulento, data la situazione attuale, mi pare più che mai appropriato, contro il maître-à-penser Massimo Recalcati – pure lui psicanalista, come tutti sanno – accusandolo di aver propugnato in un articolo su “Repubblica” idee “insidiosamente pericolose” (sic, chapeau alle ridondanze retoriche) a proposito della pandemia di coronavirus. Ohibò! E che avrà mai detto di così terribile il povero, umilissimo Recalcati (Croce Rossa su cui in tanti si divertono a sparare), per meritarsi una strigliata così severa da parte di una collega di cotanta importanza, che ad elencarne qui le stellette professionali sarebbe come leggere d’un fiato i titoli di Ferdinando I Re delle Due Sicilie? Pensate: ha osato sostenere che la pandemia può aiutarci a riscoprire il significato autentico della libertà. E, come se non bastasse, anche quello della fraternità, perché i due concetti sono in realtà inseparabili. Alla faccia del bicarbonato, direbbe Totò. Ma che senso ha un simile livore? Ragionando proprio terra terra: il “maledetto” virus ci ha ridotti tutti quanti in una condizione assai simile a quella degli arresti domiciliari. Condizione penosa, che però noi accettiamo perché consapevoli del fatto che uscendo di casa potremmo esporre noi stessi e gli altri al contagio. Il che significa, come scrive Recalcati, che: “Il virus ci insegna che la libertà non può essere vissuta senza il senso della solidarietà, che la libertà scissa dalla solidarietà è puro arbitrio”. Perdindirindina! E chi oserebbe mai mettere in dubbio questa sorprendente affermazione? Solo un asino, o un delinquente, o un mentecatto. E perché mai, allora, i rivoluzionari del 1789 avrebbero fatto seguire al motto liberté quelli di égalité e fraternité? Così, tanto per fare i buonisti? O non piuttosto perché questi sono i tre comandamenti della dea Ragione, ovvero i càrdini del vivere civile nella moderna concezione della democrazia?
Eppure, la burbanzosa dottoressa Scotto di Fasano non è d’accordo. Ella aggrotta le sopracciglia. Ella sostiene, riagganciandosi al dileggio della psicobanalisi crozziana, che il suddetto Recalcati peccherebbe, per l’appunto, di sfacciata, imperdonabile banalità. Denuncia l’Erinni freudiana: “Recalcati deve gran parte del suo successo mediatico proprio al fatto che quasi sempre scrive esattamente quello che il lettore medio desidera sentirsi dire, offrendo uno specchio benevolo, in collusione con chi lo legge, facendolo sentire intelligente, ispirato, ‘alto’ senza fare sforzo né essere mai messo in discussione. È, quasi ogni suo scritto, la conferma del già noto, del banale rivestito di panni pomposi. Facendo esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare e fa un vero psicoanalista: contrastare le illusioni, inquietare e mettere in discussione se stessi, svelare lo scontato, far riconoscere i pre-giudizi. Tra paroloni e ‘citazioni alla google’, non solo è perduta, ma (anzi!) è per scelta elusa la dimensione dell’inconscio”.
Spiriti dell’Ade, veggenti e sibille, veniteci in soccorso. Spiriti della malignità, fateci capire se per caso, ma proprio per caso, la Scotto di Fasano non sia stata animata… ma inconsciamente, ci mancherebbe altro, da un velenoso spiritello di invidia verso l’enorme “successo mediatico” recalcatiano, che invece a lei, in tutta evidenza, è precluso, dal momento che è costretta a esternare le sue roventi critiche dalle pagine di una rivista bazzicata soltanto da una ristretta élite di intellettuali estremamente avversi a ogni forma di compromesso col Regime delle Illusioni. Dunque, per questa allegra dottoressa, il compito della psicanalisi sarebbe quello di “inquietare”. Benissimo, mettiamo pure che ciò sia vero (mammaliturchi!). Ma che ci azzecca tutto questo sfoderare di acutissime critiche con il contesto drammatico della pandemia che stiamo tutti vivendo come immersi in un incubo universale? Con le immagini dei camion militari che portano via le bare dal cimitero di Bergamo? Non basta già l’incubo a tenerci svegli? C’è anche bisogno di una psicanalisi che ci “inquieti”? Prego, dottoressa, qual è la sua parcella? Vengo subito da lei. Per concludere, e nel porgere i miei doverosi omaggi al semplice e onesto, e opportunamente rassicurante ragionamento di Recalcati, vorrei qui ricordare le altrettanto semplici parole di Papa Francesco: “Non abbiate paura”. E anche quelle, altrettanto banali, pronunciate pochi giorni fa dal vescovo francese Pascal Roland: “Questa crisi mondiale offre almeno il vantaggio di ricordarci che abitiamo una casa comune, che siamo tutti vulnerabili e interdipendenti, e che è molto più urgente cooperare che chiudere le nostre frontiere”.
Insomma, non tutto il male vien per nuocere. E mi scusi la Scotto di Fasano se anche questa è una solenne banalità.
Massimo Jevolella
(www.tp24.it, 22 marzo 2020)