Domenica 12 aprile 2020, Domenica di Pasqua
IN MEMORIAM
PIER GIORGIO FRASSATI
A proposito della rubrica Agenda. La scorsa settimana, ne avevo dimenticato uno.
Il 6 aprile scorso cadeva il giorno del centodiciannovesimo anniversario della nascita del beato Pier Giorgio Frassati. Nato a Torino il 6 aprile 1901, figlio di Alfredo, il fondatore de “La Stampa”. Morì nella sua città il 4 luglio del 1925, a ventiquattro anni, per una malattia incurabile. Frassati è beato: ed è aperta la sua causa di canonizzazione. Il periodo che stiamo attraversando è molto adatto a ricordare la sua figura.
DON PAOLO ASOLAN
IN PREGHIERA CON IL BEATO PIER GIORGIO FRASSATI IN TEMPO DI CORONAVIRUS
Il compleanno di Pier Giorgio cade quest’anno di Lunedì Santo, a ridosso della Giornata Mondiale della gioventù – che quest’anno ha per tema “Giovane, dico a te. Alzati!” – e nel drammatico contesto di una pandemia su scala mondiale, che ci costringe a festeggiare il nostro Amico senza poterci radunare insieme. Lo faremo pregando e meditando la Via Crucis, volendo cioè abbracciare nella luce redentrice del Signore tutto il dolore che ci assedia e che, altrimenti, potrebbe schiacciare anche le nostre vite nella depressione e nell’ombra della morte.
Nel suo Messaggio indirizzato ai giovani, il Papa invita a non distogliere lo sguardo dal mistero della morte, che si manifesta anche in molte esistenze inautentiche di tanti giovani. Quasi facendo eco ad un’espressione famosa di Pier Giorgio egli scrive: “C’è chi vivacchia nella superficialità, credendosi vivo mentre dentro è morto (cfr. Ap 3,1).
Non si tratta di reagire soltanto con l’ottimismo e con la buona volontà. Pier Giorgio, seguendo Gesù fino all’estremo dono di sé, ha percorso la carità come via di risurrezione e di vita piena. Vedendo il Signore nei poveri, negli ammalati e nei bisognosi di tutti i tipi, Frassati ha intrecciato relazioni luminose, generose, gioiose. Per questo la sua esistenza fu intensa, ricca, bella, capace di quella presa d’iniziativa e di quella circolazione di vita nelle quali consistono la pace vera e la carità autentica. È questa la vita alla quale siamo chiamati: inizia qui per compiersi oltre il tempo. In questi giorni, nei quali sperimentiamo tutti più o meno brutalmente la nostra fragilità di creature segnate misteriosamente dalla morte, Pier Giorgio testimonia una grande speranza: “Bello è vivere in quanto al di là vi è la nostra vera vita altrimenti chi potrebbe portare il peso di questa vita se non vi fosse un premio delle sofferenze, un gaudio eterno, come si potrebbe spiegare la rassegnazione ammirabile di tante povere creature che lottano con la vita e spesse volte muoiono sulla breccia, se non fosse la certezza della Giustizia di Dio” (a Marco Beltramo, 15 gennaio 1925).
Sono parole che sembrano descrivere lo scenario del coronavirus, e costituiscono una spinta a stare “sulla breccia”, e a fare quel che possiamo in una situazione del genere, come faceva Pier Giorgio.
“Si recava a visitare i poveri durante la famosa epidemia spagnola del 1918, non esitando a compiere i più umili servizi, anche quelli igienici” testimonia Giuseppe Gorgerino (Mio fratello Pier Giorgio. La Carità).
Era convinto, come disse ad un’amica, che “la nostra salute deve essere messa al servizio di chi non ne ha, ché altrimenti si tradirebbe il dono stesso di Dio e la sua benevolenza” (Teresa Vigna). Come sappiamo, Pier Giorgio morì proprio per aver contratto egli stesso un virus letale.
“Seppi che Pier Giorgio era morto per l’opera silenziosa di un minutissimo germe che si annida nelle mucose del naso e della gola, nella circolazione sanguigna per stabilirsi di preferenza nei centri nervosi. […] Come ci ha ripetutamente affermato il professore, senatore Ferdinando Michieli, mio fratello doveva aver contratto il male durante le sue visite ai poveri nella parte più squallida di Torino” (Una vita mai spenta [2010], 103). Questo pacato racconto della morte di Pier Giorgio avvenuta con gli stessi effetti della paralisi fino all’asfissia, e con il corredo di bombole di ossigeno, ce lo fa sentire (come sempre, del resto) vicino e partecipe.
Con lui preghiamo e a lui affidiamo i nostri timori e le nostre speranze.