Domenica 31 maggio 2020, Pentecoste
EDITORIALE
LA PENTECOSTE, LA COMUNITÀ DI BOSE, SALVINI, MATTARELLA (L’AVVICINAMENTO È PURAMENTE CASUALE)
Consentitemi tre brevissimi appunti. Il primo, liturgico. Il secondo, ecclesiale. Il terzo, politico e giuridico-procedurale.
Liturgia. La riduzione della Pentecoste – la “Pasqua di Rose” medievale – a festa secondaria, quasi senza importanza, non mi piace. È dal sec. XVIII che i “Lumi” imperanti fanno di tutto per combattere le feste religiose: riducendole di numero in quanto ostacolerebbero la produzione e indurrebbero i subalterni a spese eccessive e a comportamenti morali disdicevoli (riassumibili in un po’ di gioco, non necessariamente d’azzardo, e qualche bevuta con gli amici). I membri del clero che hanno favorito questo trend, non tutti e non necessariamente “progressisti”, hanno sottovalutato la necessità di santificare le feste, sopravvalutato la pericolosità sociale dei comportamenti “festosi” e favorito la riduzione del Tempo della Festa, qualitativamente e sacralmente segnato, a “tempo libero” che nella migliore delle ipotesi serve a ricaricarsi e per tornar a lavorare. Si è trattato di un cinico disegno capitalistico che la Chiesa ha nel complesso avallato. Il Vaticano II si è mosso in questa direzione. Restaurare un corretto anno liturgico, con l’Ascensione a quaranta giorni dalla Pasqua (che quindi dovrebbe cadere di giovedì) e la Pentecoste ricondotta alla primitiva importanza (gli imperatori romano-germanici la privilegiavano come giorno della loro incoronazione), sarebbe uno splendido segnale di ritorno alla consapevolezza liturgica ed ecclesiale. Un opportuno sistema di dispense, regolarmente ed esplicitamente chieste e accordate, consentirebbe ai cattolici di lavorare per l’Ascensione (che in qualche paese si festeggia ancora solennemente al suo posto) se gli stati laici non intendessero avallare anche civicamente la loro proposta. Ai sindacalisti cattolici spetterebbe il còmpito di far sì che almeno il tempo necessario al servizio di precetto fosse mantenuto libero dal lavoro; altrimenti basterebbe organizzare gli orari delle messe secondo le esigenze. Ciò non scompiglierebbe di fatto i ritmi del lavoro e della produzione ma consentirebbe di ricordare che nella società dissacrata vanno rispettati i diritti dei credenti. Fra parentesi, lo sapete che in molti paesi esiste, ed è rispettato, il Whit Monday, il “Lunedì di Pentecoste”?
Chiesa. Domando troppo se chiedo un po’ di rispetto, un po’ di discrezione, un po’ di cognizione di causa? È eccessivo chiedere sommessamente che si faccia silenzio attorno a una questione delicata che riguarda solo la Chiesa e la coscienza dei religiosi interessati dall’esigenza che padre Enzo Bianchi si ritiri dallo scenario di Bose rimanendo nel quale non potrebbe mai, visto il suo obiettivo càrisma, essere altro di diverso da se stesso? Padre Enzo – so di che cosa sto parlando: lo conosco – ha espresso “amarezza”: chi vi autorizza a forzare le sue dichiarazioni piene di riserbo e a parlare di una sua “personale amarezza per essere stato rimosso”, anziché – com’è stato – di amarezza per le circostanze disciplinari che hanno reso necessario l’intervento della Santa Sede? Comunque, Santa Romana Chiesa non è un’azienda, né un partito politico, né un sindacato, né una società per azioni. I non credenti e i non informati sono invitati ad astenersi dalle banalità e dalle strumentalizzazioni. I credenti preghino; gli altri cerchino di non ascoltare soltanto il loro miserabile ego. E vediamo di guardar le cose in faccia e di chiamarle col loro nome. Le leggete, le cose che scrive padre Bianchi? Dov’è tutto questo “progressismo”, se non in un esperimento interconfessionale – in prospettiva addirittura interreligioso – che ha solidissime basi in una lunga tradizione mistica condivisa da molte Chiese cristiane e in quell’“ascoltare il proprio tempo” che è cosa ben diversa dal maritainiano “inginocchiarsi della Chiesa davanti al mondo”? Siete mai andati alla messa di Bose in un qualunque giorno, meglio in una domenica mattina? Ne avete mai paragonato lo spettacolo con quello triste e avvilente di certe messe cui siamo costretti ad assistere, comprese quelle nelle cappelle “tradizionaliste”, fra tre gatti incartapecoriti che biascicano un (cattivo) latino liturgico, giovinastri della high society la cui massima espressione devota è sfoggiare lugubri cravatte monocrome e improbabili emblemi all’occhiello e preti paludati in pianete barocche, quelle foggiate mo’ di pesanti scapolaroni di broccato che non coprono le braccia – un po’ come una versione allungata dei moschettieri della regina di dumasiana memoria (che bellezza, stamattina, vedere in TV il papa officiare la messa all’altare di San Pietro e Paolo con una splendida semplicissima, arcaica pianeta rossa!) – e tutto il “tradizionalismo” dei quali consiste nell’aver recuperato il manipolo. Ma, dico, il vostro “tradizionalismo” non sa rimontare al di là della Controriforma? Badate, è un vecchio allievo della Compagnia di Gesù che vi sta scrivendo: non venite a dar lezioni di Controriforma a me. Ma prima della Controriforma (che in buona parte fu implicita accettazione della Riforma) c’erano i secoli I-XV del cristianesimo e della Cristianità, con tante tradizioni precedenti. Torniamo a confrontarci allora sul tema della Tradizione distinguendola dalle “tradizioni” e sul suo valore universale, un tema senza l’adeguata meditazione sul quale la T maiuscola (non a caso: il Tau di san Francesco) è solo una consonante che si è un po’ montata la testa: altrimenti si fa solo del passatismo in polemica aprioristica col Vaticano II (che ha le sue colpe: e molte) e si finisce in realtà col dar ragione a Oscar Wilde, quando diceva che una tradizione è solo un’innovazione che ha avuto successo. Torniamo pure a Donoso Cortés: ma torniamoci sul serio. E chiediamoci se oggi sarebbe stato davvero dalla parte dei gorilas sudamericani, della United Fruit Company e dei petrolieri, se avrebbe apprezzato di più le ragioni di Helder Camara o quelle del tristo Bolsonaro. Non è un caso se la Laudato si’ parla della conferenza di Rio de Janeiro. Rileggetevela senza gli occhiali deformanti che vi hanno messo sul naso quelli che sostengono che è un’enciclica per la difesa della foca monaca. Questo è l’anno dedicato alla Laudato si’, l’anno dedicato al riscatto del mondo intero dalla trappola turbocapitalista e iperconsumista. E se il Coronavirus fosse arrivato anche per ricordarci tutto questo?
Politica. Salvini, secondo la sentenza della Giunta per le autorizzazioni, non sarà processato. Ne sono contento per lui. Vedremo che cosa deciderà Palazzo Madama. Comunque però, in qualunque modi sia andata o stia per andare la faccenda, una cosa è chiara. Si è trattato di un voto politico, certo: qualcuno parla di strumenti che si stanno accordando in vista del “ribaltone di centrodestra”, con Forza Italia e Lega in Pole Position, Renzi entro certi limiti ago della bilancia (da sempre sogna una “rivoluzione centrista”) ma vedremo con quali accorgimenti, Fratelli d’Italia pronti a far da eventuale ruota di scorta. Politique d’abord: le effettive responsabilità di Salvini c’entrano poco e a un “giudizio equo” non crede ne è interessato nessuno. Ma proprio qui sta il problema. È il meccanismo delle autorizzazioni a procedere decise dal parlamento che non va. La corporazione dei parlamentari è comunque obbligata (lo sarebbe anche se cercasse di ribellarsi: e non lo cerca) a seguire l’aurea massima del “Cane-non-morde-cane” (il paragone può sembrare irriverente ma è involontario: scegliete poi voi se esso sia irriguardoso per i parlamentari o per i canidi). L’autorizzazione a procedere va decisa da un organismo che sia non diciamo autenticamente super partes (non ve ne sono), ma almeno meno suscettibile possibile di seguire logiche corporative o malavitose e di venir ricattato sulla base dell’Hodie mihi, cras tibi. Ergo, in breve, queste cose non può deciderle il Parlamento, che è il diretto interessato e in un certo senso è sempre anche il potenziale accusato); e chi volete che le decida, di questi chiari di luna? La Corte Costituzionale? Il Consiglio Superiore della Magistratura? Non scherziamo. E con i tempi che corrono per piacere non venitemi a parlare di probi viri. So abbastanza latino per poter trattenere una risata se ciò mi verrà proposto.
No. Premesso che questo paese è sputtanato ormai da capo ai piedi, l’unico soggetto che può decidere di queste cose è la Presidenza della Repubblica. Pare che un presidente della Repubblica ce lo abbiamo. Faccia quel che deve.