Domenica 31 maggio 2020, Pentecoste

LIBRI LIBRI LIBRI
FRANCESCO BENOZZO
POESIA, SCIENZA E DISSIDENZA. INTERVISTE (2015-2020)
È in corso di stampa un nuovo libro di Francesco Benozzo intitolato Poesia, scienza e dissidenza. Interviste (2015-2020), pubblicato dalla Clueb di Bologna, e annunciato in libreria ai primi di settembre.
Il volume esce non casualmente proprio in questi mesi, poiché contiene, tra le altre, due interviste che Benozzo ha rilasciato nelle scorse settimane sulla situazione di emergenza che stiamo vivendo: Pandemia dichiarata, soggiogamento delle popolazioni e soppressione della libertà di parola e La sospensione dell’incredulità nella grande truffa della pandemia. Si tratta di due interviste dai toni forti, polemici (in cui Benozzo parla di “strage di stato”, di “finta pandemia”, di “lobotomizzazione degli individui”), che hanno visto una larga diffusione internazionale, essendone apparse entro pochi giorni, su alcuni quotidiani e su centinaia di siti, delle versioni in lingua inglese, spagnola, portoghese, serba, curda, ed essendo state riprese, oltretutto, da agenzie di stampa straniere, tra le quali la nota agenzia di stampa mediorientale “ANF News”.
In queste interviste, e nel libro che le accoglie insieme ad altre rilasciate negli ultimi cinque anni, Benozzo parla come filologo e come poeta, da una prospettiva in cui la poesia e la filologia, la “diligenza” e la “voluttà” – come avrebbe detto Gianfranco Contini – coincidono. Benozzo insegna infatti Filologia romanza all’Università di Bologna, ha all’attivo oltre 700 pubblicazioni scientifiche, dirige tre importanti riviste internazionali di filologia, è il responsabile di prestigiosi centri di ricerca e workgroups internazionali ed è il coordinatore del Dottorato di Studi letterari e culturali dell’Università di Bologna. Ma è al tempo stesso un poeta, autore soprattutto di lunghi poemi epici, tradotti in diverse lingue e di recente in svedese – l’ultimo, in stampa per le edizioni Kolibris di Ferrara, dal titolo Máelvarstal, racconta i 14 miliardi di storia dell’universo, senza occuparsi delle tristi vicende del pianeta terra e men che meno di quelle degli umani che lo abitano. Per la sua attività di poeta epico e performativo (suona l’arpa celtica e canta, essendo anche un noto musicista ed avendo inciso 11 album tra Italia, Gran Bretagna e Danimarca), Benozzo è stabilmente candidato dal 2015 al Premio Nobel per la Letteratura, come confermato di recente dalla rivista “Författaren”, l’organo ufficiale dell’Unione degli scrittori svedesi, vicino all’Accademia di Svezia; sul sito ufficiale del Premio Nobel, il suo nome compare come quello più votato da una giuria di lettori internazionali come meritevole del premio.
La filologia, come recita il sottotitolo di un noto libro di Luciano Canfora, è “la più eversiva delle discipline”, dal momento che si è presa la responsabilità, in nome della libertà di pensiero e di critica, di studiare e analizzare i testi sacri come dei semplici testi, combattendo e vincendo l’oscurantismo del potere religioso che li custodiva. E Benozzo, che nella prima intervista del libro (Per una filologia terracquea e libertaria) accusa la filologia di essersi a sua volta sostituita, trasformandosi in custode oscurantista, al nemico che aveva fronteggiato, sta certamente tentando da alcuni anni una rifondazione della filologia, della sua vocazione onnivora e irriverente, attraverso quella che egli definisce l’Etnofilologia: una prospettiva che – per usare un eufemismo – non è sempre vista di buon occhio dal mainstream dei filologi italiani.
Sta di fatto che attraverso queste interviste è proprio lo sguardo libero e irriverente del filologo che emerge, in nome di una “scienza” che non può appunto diventare a sua volta una religione: in un periodo come quello attuale, in cui ci rendiamo conto delle conseguenze concrete e spesso invasive che il pensiero scientifico può avere sulle nostre vite, diventa secondo Benozzo necessario rivendicare con forza i principi su cui proprio la scienza moderna, da Galileo in poi, è fondata: la confutabilità, il dialogo, l’arte del dubbio su ogni verità. Non è allora un caso che egli si richiami a Richard Feynman, il fisico americano Premio Nobel nel 1965, del quale è nota la frase secondo cui “la vera ricerca scientifica si basa sull’irriverenza”, o al grande linguista Mario Alinei, con il quale ha scritto diverse pubblicazioni, che usava ripetere (e ha scritto in un paio di occasioni) che “non esiste ricerca senza ribellione”. Si tratta per lui di scegliere se essere un “agente dell’Impero” o un “difensore del dissenso”, perché, come afferma nel libro rispondendo a una domanda sull’argomento, “Quando gli esponenti del pensiero scientifico accettano di considerare imprescindibili alcune acquisizioni e alcune procedure, quando cioè si riconoscono l’un l’altro, rispetto a ciò che hanno elevato a dogma, proprio in quanto credenti e praticanti, e in più in quanto credenti e praticanti con in mano gli strumenti (editoriali, concorsuali, mediatici) per decidere ciò che è giusto e ciò che non è giusto fare se si vuole essere degli scienziati, si ha a mio avviso, tecnicamente, la creazione di un Impero. Dalla retorica della verità si passa cioè, senza mezzi termini, a dei regimi di verità (è un po’ quello che intende Foucault quando afferma che le scienze umane, attraverso la loro pretesa di conoscenza, hanno trasformato quelle che erano relazioni instabili in ‘sistemi generali di dominazione’). Rispetto a questo, la scelta che si impone a ogni scienziato è la stessa di fronte alla quale è posto un individuo quando deve scegliere se sentirsi suddito di un’ideologia autoritaria dominante o se farsi portavoce di un consapevole dissenso”.
Ecco i titoli delle interviste, oltre alle tre già citate: II. Sulla prima candidatura al Nobel per la Letteratura, III. Sulla libertà di espressione, IV. La poesia e la barbarie, V. Il poeta come antagonista, VI. L’anelito alla libertà della musica tradizionale, VII. Cantare il dissenso: la Grande Guerra nel canto popolare, VIII. La poesia, la musica, l’orizzonte contemporaneo, IX. Contro la moda della distopia: David Bowie e la ricerca della bellezza, X. Poeti che fanno i profeti. Il delirio antropocenico e i millenarismi della post-estinzione. In queste “chiacchierate” affiorano i diversi interessi della intensa e imprendibile attività di Benozzo, che è contemporaneamente l’autore di dizionari etimologici o di trattati di linguistica indeuropea e il protagonista di un tour internazionale in cui ha portato per il mondo i suoi arrangiamenti all’arpa delle musiche di David Bowie, lo studioso di letterature medievali o del linguaggio dell’Australopiteco e il poeta a cui è stata concessa una “Honorary Fellowship” dalla Poetry Foundation di Chicago, il vincitore per due volte del Premio Nazionale Giovanna Daffini per la musica tradizionale e il traduttore dei bardi gallesi del VI secolo. Si può davvero dire che la scienza, la poesia e la musica si intrecciano dentro di lui in una articolata e mai scontata visione delle cose, e diventano in questo libro una specie di manifesto anti-dogmatico che non sarebbe forse dispiaciuto a Paul Karl Feyerabend e alla sua epistemologia anarchica.