Domenica 7 giugno 2020, SS. Trinità
MA SUI GIOCHI DELLE ALLEANZE DOBBIAMO ANCORA VEDERNE, DI COSE…
Inutile preoccuparsi o gioire, ma qualcosa non va; o forse le cose sono diverse da come sembrano; certo lo sono da come ce le fanno vedere, da come ce le raccontano. Qualcuno in Occidente deve essersi accorto che far di tutto per emarginare la Russia significa obbligarla a spostarsi un po’ più ad oriente: ma ad Oriente c’è la Cina. Qualcuno in Europa deve aver cominciato a riflettere che forse, se si vuole introdurre un principio di mediazione tra USA e Cina, la Russia può riuscire utile; ma se alla Russia si affiancasse l’Europa, la mossa sarebbe più efficace. E allora che cosa ci guadagna l’Europa a ostracizzare la Russia solo per aver a suo tempo cercato di difendere i suoi confini occidentali dalla minaccia d’un rafforzamento dello schieramento della NATO contro di lei? Ma in questo caso che senso ha il patto d’acciaio fra la NATO e l’Europa? Una cosa è certa. Un passo come quello di Angela Merkel lo aspettavamo da tempo. Qualcuno ha sostenuto che sia avventato; qualcun altro che “i tempi non sono ancora maturi”. Ottimo argomento: a patto che chi lo usa ci dica anche a che punto è la notte.
DAVID NIERI
IL G7, OVVERO IL SUMMIT “AMPUTATO”
Si preannuncia assai tormentato il 46° vertice del G7, dopo il secco “no” all’invito di Donald Trump da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel, a quanto pare l’unica personalità politica in grado di tener testa al presidente americano.
Il percorso che condurrà al summit del prossimo settembre si è rivelato fin da subito pieno di ostacoli. Quando la pandemia era ancora una semplice fantasia da film catastrofico, ovvero nell’ottobre 2019, Trump aveva deciso di rinunciare a organizzare il vertice – previsto nel giugno 2020 – presso il Doral Golf Club di Miami, in Florida, di sua proprietà. Un passo indietro causato ovviamente dall’ostilità dei media e degli stessi avversari politici, che in tale scelta ravvedevano una sorta di “conflitto di interessi”.
Di conseguenza, la scelta della sede dell’incontro dei “Potenti della Terra” era facilmente caduta su Camp David, nel Maryland. Almeno fino allo scorso 20 marzo, quando il presidente Trump, in piena emergenza Covid-19, aveva annunciato che, per la prima volta nella storia, il vertice si sarebbe tenuto in videoconferenza (dal 10 al 12 giugno).
Ma qualche giorno fa, durante l’ultima settimana di maggio, “complice” anche l’allentamento dell’emergenza, Trump ha deciso di proporre il vertice a Washington, con la presenza “fisica” dei rappresentanti. Il “no” secco, senza esitazioni, è arrivato solo dalla Merkel: “ufficialmente”, per motivi di salute legati al rischio pandemia ancora in corso.
Giuseppe Conte, Boris Johnson, Shinzo Abe ed Emmanuel Macron si sono dimostrati immediatamente disponibili, con il canadese Justin Trudeau “possibilista”. Ma Angela non ha fatto alcun passo indietro, così il summit è stato rimandato a settembre.
I motivi di tensione sono diversi. Prima di tutto Trump, visto che gli Stati Uniti, nell’occasione, possono contare sulla “presidenza” del G7, vorrebbe estendere l’invito anche all’“escluso” Vladimir Putin, considerato che fino al 2014, anno del “misfatto” – ovvero l’annessione della Crimea –, la Russia era (giustamente) parte integrante del vertice, che appunto si chiamava G8. “Cambiare il formato del G7 non è prerogativa della presidenza”, ha tenuto immediatamente a precisare l’Alto rappresentante dell’Unione Europea, Josep Borrell, chiudendo immediatamente la porta a un eventuale reintegro della Russia.
Ma l’invito avrebbe previsto anche India, Corea del Sud e Australia. Con quale intento? Probabilmente Trump vuole disegnare un asse per arginare l’avanzata cinese, vero e proprio competitor in chiave economica dell’immediato e prossimo futuro. Una coalizione internazionale ampliata per contenere Pechino, un tentativo di proiettare il G7 verso il sistema “Indo-Pacifico”, termine che racchiude la visione geopolitica americana (democratica e repubblicana, s’intende) degli equilibri necessari nel confronto con la Cina. Putin, a tal proposito, potrebbe rivelarsi un alleato imprescindibile.
Il “gran rifiuto” da parte della Merkel riguarda molti “temi caldi”: prima di tutto la Nato, a causa dell’eterno rimprovero da parte di Trump agli europei che non rispettano l’impegno del 2% di spese militari. L’Unione Europea è amareggiata e irritata dalla decisione di Washington di abbandonare il cruciale trattato Open Skies (che ha l’obiettivo di promuovere la trasparenza sulle attività militari condotte dai paesi membri secondo il concetto dell’osservazione aerea reciproca). Altro motivo di tensione è il gasdotto Germania-Russia Nordstream 2: la scorsa settimana l’ambasciatore statunitense uscente, Richard Grenell, ha rinnovato le minacce di sanzioni contro Berlino proprio per il gasdotto. Pare infine che gli Stati Uniti abbiano programmato il ritiro di una parte delle proprie truppe stazionanti in Germania: si parla di un numero compreso fra 5.000 e 15.000 soldati sui 35.000 complessivi presenti sul territorio tedesco.