Minima Cardiniana 287/3

Domenica 21 giugno 2020, San Luigi Gonzaga
XII Domenica del Tempo Ordinario, Solstizio d’Estate

EDITORIALE. PARTE PRIMA…
TANTO PER PARLAR CHIARO
Come sapete, sono cattolico apostolico romano e me ne vanto. Ciò premesso, chi è venuto a casa mia per la prima solta si è stupito di trovare appesa alla porta d’ingresso una mezuzah: vale a dire un piccolo contenitore in metallo dorato con dentro un rotolino di pergamena contenente la preghiera dello Shemà Israel (Deuteronomio, 6, 4-9) e un passo ad essa associato (Deuteronomio, 11, 13-21). Al tempo della santa inquisizione, probabilmente mi avrebbero confutato e se contumace perfino combusto in quanto “giudaizzante”. Ho una decina di amici ebrei che sanno più o meno queste cose, non so se mi approvano ma comunque mi capiscono. Poi ho gli amici del ristorante “Baghetto” del portico d’Ottavia, che spero mi vogliano più bene come amico che come saltuario ma non infrequente cliente alla loro tavola, una delle migliori di Roma.
Credo profondamente in Dio, o almeno mi sforzo di farlo. Ma non in Dio come sinonimo di Eterno, Onnipotente, Onnisciente eccetera, come Lo chiamiamo talora per sminuirLo. Ma in Lui, il Dio di Abramo, d’Isacco, di Giacobbe, di Mosè di Elia, di Gesù, di Muhammad e di Ali. Ciò non m’impedisce affatto – al contrario! – di essere cattolico credente e praticante, devoto della Vergine Maria e di Francesco d’Assisi; e al tempo stesso, in quanto allievo spirituale di Nicola Cusano e di Attilio Mordini, di nutrire il massimo rispetto e la più profonda ammirazione per tutte le religioni del mondo, persuaso come sono che in ciascuna di loro vi sia un frammento di verità e che Dio non abbia lasciato nel buio assoluto nessuno dei Suoi figli.
Ciò mi porta ad amare profondamente gli ebrei, quelli che stanno in Israele e quelli della Diaspora; e a difendere il diritto di esistere e di prosperare degli israeliani, che si sono splendidamente guadagnati il loro posto e la loro patria di Eretz Israel. Il che non m’impedisce di disapprovare profondamente la decisione di proclamare Gerusalemme loro patrimonio esclusivo, perché la città santa è ancora di più, molto di più; e di disapprovare con tutte le mie forze le scelte di vari governi israeliani specie rispetto ai diritti del popolo palestinese. Auspico il giorno in cui potremo ritrovarci tutti in pace, sotto la stessa tenda, e pregare insieme, e comprenderci come lo auspica il Cusano nel De pace fidei.
Sono da anni oggetto delle lusinghiere attenzioni di un “portale” autodenominato – temo con sincerità pari alla modestia: almeno finora… – Informazione corretta. Ignoro quanti di loro siano ebrei e quanti goim: e francamente non m’interessa. Da anni ogni tanto parlano di me: e sempre con straordinaria malevolenza. Solo che questi Informatori Corretti non si sono mai degnati – dal momento che evidentemente sono interessati a quel che io dico e penso – non solo d’informarsi compiutamente e correttamente sul mio conto, ma anche, magari, di scambiare qualche parola con me. Anche per restare “nemici come prima”: per quanto io, personalmente, non ritenga nemico nessuna persona al mondo.
Invece, no: gli Informatori Corretti – fingendo d’ignorare fra l’altro che su Israele e l’ebraismo io ho scritto varie cose, anche più sostanziose delle quattro frasette estrapolate ad arte che essi amano citare di me – brucano fra le mie cose con l’intento di costruire un mosaico dal quale io risulti essere antisionista, quindi implicitamente antisemita e magari subaccidentalmente chissà quante altre cose: razzista? Nazista?
Bene: sia chiaro: l’“antismo” (cioè la patologia pseudoideologica per cui si è “anti” qualcosa) mi è sovranamente estraneo e antipatico. Non sono affatto nemmeno antiamericano, per quanto talora mi trovi in disaccordo con la classe dirigente statunitense almeno dai tempi del presidente Monroe: ma amo molto l’America, dove ho studiato e lavorato. Di Gerusalemme e d’Israele non parlo neppure: rinvio al mio libro Gerusalemme (il Mulino). Accetto semmai le qualifiche (storiche, filosofiche e sociologiche: non ideologiche) di “antioccidentale” e di “antimoderno”, sulle quali amerei discutere. Anche con gli Informatori Corretti. Ma a partire dalle mie posizioni, se proprio vogliamo (e non mi sembra granché interessante) parlare di me. Non partendo dalla grottesca e calunniosa caricatura ch’essi cercano di contrabbandare a proposito di quel che mi riguarda.
Ed ecco infatti l’ultima delle loro prodezze. Qualche settimana fa, su “Avvenire”, avevo recensito (molto favorevolmente) un libro a mio avviso coraggioso e meritevole. “Posso aver fallato”, come diceva il buon Renzo Tramaglino. Senza dubbio le mie affermazioni sono contestabilissime. Riferisco (in corsivo) come gli Informatori Corretti hanno presentato il mio pezzo: integralmente, certo, ma accompagnato da un commento che non si prende il disturbo della minima critica costruttiva. Non una parola di contestazione seria, non un’argomentazione: solo la “condanna” di uno “stile anti-occidentale” che da sempre coltiverei. Giudicate voi i miei argomenti e la loro in apparenza sprezzante, nella realtà inconsistente ed arrogante afasìa (Minima Cardiniana 287/4).