Minima Cardiniana 295/2

Domenica 4 ottobre 2020, San Francesco d’Assisi

EDITORIALE
Stanno accadendo molte cose, in Italia e nel mondo. Oggi però – scusatemi l’impianto molto personale del discorso – per me è un giorno speciale in quanto ricorre la festa liturgica del santo che è il mio personale patrono e che io considero uno dei miei due veri grandi Maestri: Francesco d’Assisi.

L’altro Maestro è il Nobilissimo Hidalgo il signor Don Quijote de la Mancha, cioè il Cavaliere dalla Triste Figura. Vero è che, dicendo questo, so di annoverarmi sia pure in un modo tutto mio all’interno della schiera dei donchisciottisti, patetici e contraddittori personaggi che hanno malinteso e ipertrofizzato il messaggio di Miguel de Cervantes. Il donchisciottismo non è affatto un modo sicuro e corretto d’intendere il Cavaliere dalla Triste Figura, e nemmeno di seguirne esempio e magistero.
Eppure, giunto all’età di quattro volte vent’anni (che abbiano ragione i francesi, con il loro buffo modo di usare i numerali fondato sulla riforma monetaria carolingia?), non so descrivere altrimenti il mio forte impulso a impegnarmi nella difesa dei poveri, degli ultimi, dei perdenti, delle cause perse. Potrei dargli altri nomi, se fossi meno cosciente della mia natura: ma in effetti io non sono nemmeno un cuordileone, anzi sono uno pieno di paure che si aggiungono a un insuperabile fondo di timidezza (la vanità, il gusto della provocazione e la spavalderia delle quali vengo da qualcuno rimproverato sono difetti che nascono forse anzitutto e soprattutto dall’ipertrofico e maldestro tentativo di correggere appunto viltà e timidezza).
Pure, nonostante ciò, mi sono spesso gettato in avventure più grandi di me e sono partito a lancia in resta contro menzogne e soprusi senza curarmi di chiedermi prima se avevo la forza di contrastarli e se ciò mi conveniva. Ho perduto a causa di ciò molte occasioni nella vita, ho giocato molte carte che altri giudicheranno (e che magari io stesso giudico) “sbagliate”. Chissà dove saresti oggi se da quando avevi tredici anni avessi imparato a stare più zitto, mi ha rimproverato qualche giorno fa un mio caro amico che mi è più o meno coetaneo.
Ma non posso farci nulla. Forse un altro, al mio posto, si trincererebbe dietro l’alibi di duna pretesa adamantina lealtà, di un’immacolata onestà. Io non oso farlo e forse non voglio. Certo, mi considero una brava persona: ma, ben conscio dei miei difetti e delle mie contraddizioni, non oso andare oltre.
Dico tutto ciò perché proprio oggi, in Assisi, papa Francesco ha edito la sua grande enciclica che conclude il discorso avviato anni fa con la
Laudato Si’. L’ho riletta anche alla luce di un libretto scritto qualche anno fa da José Antonio Merino, Don Chisciotte e san Francesco. Due pazzi necessari (Padova, Edizioni Messaggero, 2007). L’originale spagnolo è del 2003 e oggi appare profetico: in più punti, sembra anticipare l’ispirazione di papa Bergoglio.