Domenica 8 novembre 2020, San Goffredo
ISRAELE. LA CLASSE POLITICA E L’ÉLITE INTELLETTUALE
NOVANTATRÉ STORICI ISRAELIANI SCRIVONO AL PRESIDENTE DEL LORO GOVERNO E AI PARLAMENTARI
Sta davvero cambiando qualcosa, negli Stati Uniti e nel mondo, con la vittoria di Biden? È forse ancora troppo presto per dirlo: se non altro, bisognerà aspettare l’esito dell’eventuale contenzioso messo in piedi da Trump, ma – va detto – obiettivamente giustificato (al di là del suo evidente carattere pretestuoso) dal macchinoso e confuso sistema elettorale della “più grande democrazia del mondo”, la quale ha caratteri di contraddizione e di debolezza che da noi, nelle nostre imperfettissime democrazie, non sarebbero né ammissibili, né tollerabili.
Ma che cosa cambierà, se cambierà davvero?
La dichiarazione di Biden sul ritorno agli “accordi di Parigi”, senza dubbio tempestiva, è già un segnale importante: la revisione in termini ecologisti della politica della Casa Bianca è certa, il semivincitore ha troppo insistito sul tema durante la sua campagna elettorale. Ma noi europei aspettiamo altri segnali di responsabilità e di coraggio: sul commercio internazionale, sulla politica estera, sulle sanzioni comminate a paesi come la Russia e l’Iran, sulla NATO e la partnership dei suoi Alti Comandi. Sono solo alcune delle cose in agenda che i governi dell’Unione Europea – quest’organismo che prima o poi dovrà ben decidersi a diventare anche politico – sono chiamati a tener presenti. E ci chiediamo tutti, ad esempio, che cosa farà Boris Johnson, ora che l’appoggio di Washington sta venendogli meno o comunque per cambiare di qualità. Insomma, se è giusto o comunque comprensibile salutare con soddisfazione l’uscita di scena di Trump (quando anche lo psicodramma del conteggio dei voti sarà finito), è opportuno anche considerare i legami profondi di Biden e di tutto il milieu clintoniano (nel senso di Hillary) che gli sta dietro con il turbocapitalismo mondialista. Da Trump, ci si poteva sempre aspettare qualche colpo di Testa; Biden marcerà dritto nel senso dell’assottigliamento ulteriore dei ceti medi, della concentrazione della ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di soggetti, della crescita su scala planetaria della proletarizzazione. Insomma, ha vinto il peggiore. Il che va tenuto conto aggiungendo che però, paradossalmente, il peggiore avrebbe vinto anche nel caso opposto.
In particolare su un quadrante strategico delicatissimo dell’equilibrio del mondo, quello vicino e mediorientale, sarebbe auspicabile assistere a qualcosa di nuovo: e anche lì, bisogna dire, le aspettative fondate sulle future scelte di Biden appaiono problematiche. L’inestricabile garbuglio politico e diplomatico esistente tra Africa, Egitto e Vicino Oriente fino al Pakistan e all’Afghanistan è stato peggiorato, nell’ultimo trentennio – vale a dire dalla prima guerra del Golfo – non solo (fra l’altro) dalle scelte delle amministrazioni USA di segno repubblicano, da Bush jr. a Trump, ma anche da quelle democratiche, da Clinton a Obama: e la “diplomazia parallela” gestita con progressiva arroganza dalla signora Hillary Clinton con il suo sistematico appoggio alla destra israeliana di governo e ai consiglieri della corona saudita non ha contribuito a facilitare le cose.
Davanti a Biden, appena si sarà stabilmente seduto allo scrittoio della “Sala Ovale”, si troverà puntuale il fascicolo aggiornato dell’affaire vicino-orientale, con i tre dati emergenti: primo, il riconoscimento unilaterale dell’occupazione definitiva di Gerusalemme e dell’annessione dei “territori occupati” da parte del governo di Netanyahu; secondo, la nuova “triplice alleanza” statunitense-israeliano-saudita che implica un nuovo “statu quo dei Luoghi Santi” e attorno alla quale si stanno disponendo – ma con elementi di scontento – gli emirati della penisola arabica mentre per motivi diversi Giordania, Egitto e Turchia la considerano con ambiguità e sospetto e il mondo palestinese si sente ormai abbandonato e dimenticato da tutti (con la sola esplicita e decisa eccezione, va detto, della Chiesa cattolica e della diplomazia vaticana); terzo, ma in controtendenza, la situazione del primo ministro israeliano che al suo paese si trova a un passo dalle porte della galera che implacabili si aprirebbero per lui se uscisse dall’immunità che il suo alto ruolo politico gli accorda.
E non sembrino, queste cose, di scarso momento. Può sembrarlo da noi, dal momento che i nostri mass media poco ne trattano: ma parlatene con chiunque abbia visitato come pellegrino negli ultimi mesi i Luoghi Santi; fatevi raccontare da loro l’esperienza del “Muro” che attraversa Israele circondando i territori insediati dai palestinesi ma da loro non governati; informatevi sulla situazione che distingue chi viva nella “striscia di Gaza”.
Se gli occidentali esitano ad affrontare questi problemi, del resto, lo stesso non si può certo dire di una parte almeno – la migliore, la più informata, colta e coraggiosa – dello stato d’Israele. Basta seguire un po’ quel che appare dalla sua stampa e dalle sue emittenti televisive: accessibili peraltro, e che spesso si esprimono – a partire dal quotidiano “Haaretz” – non solo in ebraico, bensì anche in eccellente inglese.
È stata quindi diffusa anche in inglese e in francese, pochissimi giorni fa, una lettera indirizzata ai membri del parlamento israeliano e per conoscenza al presidente dello stato d’Israele da ben novantatré storici israeliani: il Gotha del mondo accademico non solo israeliano ma, va detto, anche mondiale: Tra i firmatari figurano ben tre laureates (insigniti) del prestigioso “Israel Prize”: Benjamin Isaac, Yosef Kaplan, Benjamin Z. Kedar. Il nome di Kedar, in particolare, è ben noto anche al pubblico italiano: si tratta di uno dei più celebri storici delle crociate e delle missioni cristiane in Oriente viventi.
Una lettera durissima. Giudicate voi.
ANNESSO
Lettera pervenuta a Franco Cardini e ad alcuni altri storici italiani direttamente indirizzata loro da Benjamin Z. Kedar, Israel Prize laureate e storico di livello internazionale, con preghiera di diffusione.
LETTERA DEGLI STORICI
ai membri del governo israeliano
da parte di storici israeliani che operano nel campo dell’istruzione superiore
in copia al Presidente dello Stato di Israele e al Presidente del Parlamento
Noi, sottoscritti storiche e storici israeliani, seguiamo con dolore e inquietudine il processo di distruzione delle istituzioni pubbliche dello stato d’Israele nell’àmbito del diritto e della giustizia, dell’economia, dell’educazione e della cultura, della sanità e della protezione sociale. Siete voi a guidare questo processo. Il primo ministro d’Israele è ufficialmente sotto processo con tre capi d’accusa. Voi dovrete render conto alla future generazioni per aver sfruttato una crisi sanitaria a scopo politico
La storia non è scritta dai vincitori. Per duemila anni, è stata scritta dagli storici. È soggetta alle norme della ricerca scientifica, dell’analisi, della documentazione e della valutazione delle prove, al fine di comprendere i processi, gli sviluppi e i fenomeni storici e scoprire le motivazioni che ne sono all’origine. La storia è il nostro mestiere. Noi stessi, e coloro che verranno dopo, rivolteremo ogni pietra e rileggeremo ogni pagina per svelare gli interessi sottostanti alle vostre decisioni, ai vostri atti e alle ragioni per le quali voi state conducendo lo stato d’Israele e la società israeliana sull’orlo del baratro.
La catastrofe che sta prendendo forma non è la vostra preoccupazione principale. Alcuni di voi, probabilmente, fingono di non vedere. Ma, come rappresentanti eletti dai cittadini, è vostro dovere preoccuparvi di come le future generazioni, quelle che studieranno e valuteranno le vostre azioni grazie alla ricerca storica, vi giudicheranno. La ricerca storica non perdona. Ella presenterà le sue conclusioni, senza timori o favoritismi.
In quanto cittadini inquieti e per giunta responsabili del lavoro della memoria storica, noi vi ingiungiamo di cessare di distruggere le istituzioni pubbliche, di mettere in pericolo la democrazia, di attentare alla libertà d’espressione, di cancellare la solidarietà sociale, di attaccare, minacciare e brutalizzare le donne e gli uomini che sono sotto la vostra autorità. Non partecipate oltre a un governo la condotta del quale annienta i valori morali, il potere e la società in Israele: non prendete parte ad azioni di tale genere.
La ricerca storica non permetterà che i fatti siano passati sotto silenzio. Ella svelerà, ponendoli sotto gli occhi di tutti, chi si è messo dalla parte dell’Uomo, della sua dignità e dei suoi diritti, e chi si è messo contro di lui.
I firmatari
1. Prof. Ran Aharonson
2. Prof. Yoav Alon
3. Dr. Ory Amitay
4. Prof. Irit Amit-cohen
5. Prof. Benjamin Arbel
6. Prof. Ofer Ashkenazi
7. Prof. David Assaf
8. Prof. Avriel Bar-Levav
9. Prof. Ron Barkai
10. Prof. Israel Bartal
11. Prof. Guy Beiner
12. Prof. Avner Ben-Amos
13. Prof. Ram Ben-Shalom
14. Prof. Gideon Biger
15. Prof. Brouria Bitton-Ashkelony
16. Prof. Raz Chen-Morris
17. Prof. Yossi Chajes
18. Prof. Esther Cohen
19. Dr. Cedric Cohen Skalli
20. Prof. Manuela Consonni
30 ottobre 2020
21. Dr. Eli Cook
22. Prof. Leo Corry
23. Prof. David De Vries
24. Prof. Miriam Eliav-Feldon
25. Prof. Rachel Elior
26. Dr. Aya Elyada
27. Prof. Immanuel Etkes
28. Prof. Shmuel Feiner
29. Prof. Rivka Feldhay
30. Prof. Miriam Frenkel
31. Dr. Gil Gambash
32. Dr. Alon Gan
33. Dr. Sharon Geva
34. Dr. Snait Gissis
35. Prof. Motti Golani
36. Prof. Haim Goren
37. Prof. Ilan Greilsammer
38. Dr. Amit Gvaryahu
39. Prof. Yuval Harari
40. Prof. Yuval Noah Harari
41. Oded Heilbronner
42. Prof. Yitzhak Hen
43. Prof. Boaz Huss
44. Prof. Benjamin Isaac, Israel Prize laureate
45. Prof. Yosef Kaplan, Israel Prize laureate
46. Prof. David S. Katz
47. Prof. Shaul Katzir
48. Prof. B.Z. Kedar, Israel Prize laureate
49. Dr. Claudia Kedar
50. Prof. Aviad Kleinberg
51. Dr. Milka Levy-Rubin
52. Prof. Ora Limor
53. Dr. Meir Margalit
54. Dr. Amir Mazor
55. Dr. Maayan Mazor
56. Prof. Paul Mendes-Flohr
57. Prof. Guy Miron
58. Dr. Lee Mordechai
59. Prof. Amos Morris-Reich
60. Prof. Eyal Naveh
61. Prof. Maren Niehoff
62. Prof. David Ohana
63. Dr. Ran Or-Ner
64. Prof. Shalom Ratzabi
65. Prof. Raanan Rein
66. Prof. Elchanan Reiner
67. Prof. Youval Rotman
68. Prof. Minna Rozen
69. Prof. Orit Rozin
70. Prof. Rehav Rubin
71. Prof. Galia Sabar
72. Prof. Zohar Segev
73. Prof. Iris Shagrir
74. Dr. Yuval Shahar
75. Dr. Atalia Shraga
76. Prof. Marcos Silber
77. Dr. Uriel Simonsohn
78. Prof. Ephraim Shoham-Steiner
79. Dr. Yael Sternhell
80. Prof. Kenneth Stow
81. Prof. Dov Stuchinsky
82. Dr. Nimrod Tal
83. Prof. Rina Talgam
84. Dr. Amir Teicher
85. Prof. Eli Tzur
86. Dr. Michal Wasser
87. Prof. Itzchak Weismann
88. Prof. Cana Werman
89. Prof. Uri Yiftach
90. Prof. Esther Yogev
91. Dr. Amnon Yuval
92. Prof. Avihu Zakai
93. Dr. Oded Zinger