Minima Cardiniana 300/5

Domenica 8 novembre 2020, San Goffredo

IN MEMORIAM
RICORDO DI MARZIO PIERI
(Firenze, 20 gennaio 1940 – Reggio Emilia, 2 novembre 2019)
Nulla di meglio delle sue parole, che fecero da presentazione alla raccolta di mie poesie ospitate nel ‘suo’ Archivio Barocco (Internet Unipr, rintracciabile con qualsiasi motore di ricerca: Abitare la sostanza del tempo di Franco Pesci, in pdf: “Così ognuno può farsi il suo Pesci”), nel 2010, presentazione apparsa con il titolo Monumento d’un vino di montagna: “Conobbi Pesci tanti mai anni fa.
Quando fai lezione (perché lo conobbi come studente dell’antichissimo Magistero di Parma, e non so nemmeno più se abbia frequentato le mie buffe lezioni di Estetica – quanti poeti ci leggemmo, con quante voci imparammo a familiarizzare, mentre i colleghi filosofi bofonchiavano perché io rubavo il pane insegnando a leggere invece che a teorizzare, volevano una Estetica descrittiva (aristotelicamente) e (tomisticamente) normativa, anche se a me restava da chiedermi se davvero il ‘loro’ Aristotele e il ‘loro’ Tommaso fossero quelli che sarebbero dovuti essere, trovavo dell’Adorno in Aristotele, dell’Ulysses, va da sé, nell’Aquinate assassinato – o quelle, mutata solo insegna di bottega, di Letteratura Italiana moderna e contemporanea, che io predicavo – e razzolavo – dunque dalla Scoperta dell’America, e dalla Invenzione della Stampa, e poi dal gesto ribelle di Lutero, fino almeno ad Adriano Spatola, che infatti ci onorò di una sua lezione potentemente alcoolica) – quando fai lezione senti, senza guardare, chi segue e chi non segue; ma vàllo a dire ai pedagogisti ministeriali. Una volta venne mio suocero, uno dei pochi uomini veri che mi è stato dato conoscere, e la famigliuola ritrovata si mise per le strade d’Appennino, un feriale fuoriporta per far prendere aria buona ai bambini. Non so più se si scendeva da Berceto o da dove, un cartello per frana sopravvenuta ci costrinse a mutare direzione; al primo borgo dove fermammo la macchina, per chiedere indicazioni, mi sento clamorosamente festeggiare da uno di quei muraglioni che cingono le strade di montagna ed era Pesci, splendente per l’incontro del tutto improgrammato, improgrammabile. Sparì e tornò sùbito con un dono di vini”.
Questi erano i primi anni ’70, ma il nostro corpo a corpo sulla poesia (“Nel giorno si sciupano le parole, mandandole all’inseguimento o all’avanguardia dell’azione. Rispettiamo almeno quelle della notte, che chiamiamo, con locuzione già ambigua, poesia. Le parole della poesia debbono essere esatte come una operazione di calcolo; sbagli un passaggio – a me succedeva con le cosiddette ‘espressioni’ e mi bocciavano in matematica – e tutto si accascia”) si protrasse fino alla sua morte, questa sì, non dico programmata ma quasi profetizzata: “Insomma, tutto nella buona regola di vite troppo lunghe: io vado (male) verso gli ottanta, che probabilmente non toccherò. Se vedi Vallora (Marco Vallora di Torino, il critico d’arte de La Stampa, che avevo incontrato ad Arte Fiera Bologna 2018: si finì per parlare di Pieri musicologo: ‘Ha fatto un lavoro su un pianista’, mi disse) salutalo da parte mia; è sempre uno dei meglio”.
Franco Pesci
Berceto, 5 novembre 2020