Domenica 22 novembre 2020, Festa del Cristo Re
EDITORIALE
PURTROPPO NON È UN FALSO ALLARME
Carissimi, avrei voluto parlare di molte altre cose. Avrei voluto esprimere la mia perplessità dinanzi al perdurare della “navigazione a vista” da parte del governo e dell’opinione pubblica nei confronti della crisi provocata dal Covid, ma che purtroppo ha messo a nudo una realtà istituzionale e strutturale del paese che ci lascia tutti preoccupati. Avrei avuto l’intenzione di cominciar a esaminare quel che s’intravede della politica internazionale della nuova presidenza statunitense, che non promette granché di buono (e il “Grande Vecchio” Kissinger, dall’alto dei suoi 97 anni, l’ha delineato con la consueta cinica lucidità). Avrei voluto esprimervi la mia preoccupazione, come docente e come cittadino, dinanzi allo spettacolo del progressivo inabissarsi della scuola italiana.
Invece, negli ultimi giorni è successo qualcosa di molto banale che però mi ha letteralmente gettato in uno stato di rabbia e di prostrazione che mi rende difficile continuar a lavorare. Al momento, vorrei solo seppellirmi in casa e farmi di un film dopo l’altro, di un cd dopo l’altro, di una vodka dopo l’altra: e non accendere il computer, non accendere la TV nemmeno per i telegiornali (soprattutto per i telegiornali), non rispondere al telefono almeno fino a Natale.
Insegno storia medievale da ormai più di mezzo secolo: e, per quanto formalmente “emerito” (il che significa pensionato, per quanto sia un grado accademico che il Ministro ti comunica con tanto di cerimonioso documento ufficiale), ho continuato a fare il mio lavoro. Come tanti pensionati: e ne ringrazio Iddio.
Ma ora sarei tentato di dire un definitivo “basta”. Forse penserete che è uno scherzo o una boutade o un falso allarme. Non è così.
Ormai da molti anni sono stato nominato – senza dubbio al di là dei miei meriti – membro del consiglio scientifico dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo (ISIME), ente fondato nel 1883 con lo scopo iniziale di editare le fonti storiche medievali del nostro paese: a tale scopo, sin dalla fondazione, fu istituita presso l’Istituto una scuola di specializzazione deputata a formare gli specialisti a ciò necessari, la Scuola Storica Nazionale di Studi Medievali.
L’ISIME, che in quanto Istituto Storico è coordinato dalla Giunta Superiore per gli Studi Storici e vigilato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è un pezzo importante della nostra vita intellettuale e della nostra stessa storia: alla guida di esso si sono avvicendati Giosuè Carducci, Pietro Fedele, Raffaello Morghen, Ovidio Capitani, Girolamo Arnaldi. Ne è adesso Presidente il professor Massimo Miglio, eminente studioso della città di Roma nel medioevo e del papato nonché Accademico dei Lincei. Siamo insomma ai livelli massimi della vita scientifica e culturale italiana; e l’ISIME è in contatto con tuti i principali enti promotori di ricerca storica del mondo. La sua prestigiosa sede storica occupa una parte dell’oratorio dei Filippini di Piazza dell’Orologio in Roma, nell’immenso complesso che comprende la borrominiana Chiesa Nuova e, appunto, il Palazzo Borromini. Si tratta di un ente che svolge un’articolata attività istituzionale e la biblioteca del quale – aperta al pubblico e regolarmente, ampiamente frequentata – è ricca di oltre 100.000 volumi, oltre che custodire un archivio storico l’importanza del quale è stata legittimata dal riconoscimento di “notevole interesse storico” da parte della Soprintendenza archivistica per il Lazio (D.Lgs. n. 42 del 2004). Proprietario dell’immobile è il Comune di Roma.
La sede dell’Istituto, al n. 4 della Piazza dell’Orologio, è ormai “storica”: essa è là fin dal 1924 e vi ha da allora esercitato ininterrottamente le sue funzioni, compreso durante il momento più duro del periodo bellico, fra 1943 e 1944.
Vero è che da alcuni anni il Comune aveva manifestato la necessità di rivedere in linea generale tutte le concessioni e i cànoni di affitto, ma è vero altresì ch’esso dispone di locali in abbondanza, nello stesso Palazzo Borromini, per la dislocazione dell’Archivio Capitolino e che, dopo un sopralluogo nell’aprile del 2017, il Comune non ha più dato notizia delle sue intenzioni nonostante i numerosi solleciti inviati dall’Istituto all’Amministrazione comunale.
Insomma, un’ordinaria vicenda di malamministrazione italiana, molto meno grave tuttavia di molte altre.
Ma ecco che improvvisamente il Gigante Capitolino esce dall’annoso letargo: e, in data 1° ottobre 2020, mentre infuria la pandemia, l’Ufficio Concessioni del Comune avverte con nota prot. 35770 (doc. 10) l’Istituto che esso risulta “utilizzare senza titolo” dal 4 febbraio 2005 l’immobile di Piazza dell’Orologio. Siamo insomma degli occupanti abusivi, al pari di tanti Centri Sociali, di Casa Pound, dei poveri migranti africani ecc. E la solerte Amministrazione Comunale c’informa che “è in corso un riordino gestionale del patrimonio capitolino per procedere all’assegnazione dello stesso in osservanza alle prescrizioni della normativa vigente in materia”, le modalità della quale sarebbero state formalizzate da una deliberazione dell’aprile 2015 (della quale, in ben cinque anni, non c’era stato modo di dir parola all’Istituto). Pertanto, l’Istituto stesso è (si legge nel comunicato amministrativo) “invitato a rilasciare bonariamente l’immobile, libero da persone e cose, entro 30 giorni dal ricevimento del provvedimento in parola”; e a pagare la somma di 4.465,84 euri, corrispondente al debito per affitti non corrisposti.
In altri termini uno dei principali istituti pubblici di ricerca della capitale è sul lastrico, con i 100.000 libri della sua biblioteca, senza che l’Amministrazione Comunale si degni nemmeno di mostrarsi preoccupata per la sua eventuale nuova collocazione e disposta a collaborare per individuarne una.
Ovviamente si tratta di un provvedimento illegittimo alla luce del parere della Corte dei Conti e della giurisprudenza del TAR del Lazio dal momento che il tentativo d’imporre un cànone d’affitto ai prezzi di mercato risulta illegittimo; infine, dell’annunziato spostamento dei beni e delle dotazioni dell’Istituto non si è data comunicazione né alla Soprintendenza ai Beni Culturali né al Ministero per i beni Culturali e Ambientali.
Ovviamente il provvedimento dell’Amministrazione Comunale è stato impugnato. A ciò aggiungo, per quel che mi riguarda come membro del Consiglio Scientifico dell’ISIME, che il “bonario rilascio dell’immobile” auspicato dalle Signore e dai Signori del Campidoglio non s’ha da fare, né domani né mai, e che per quanto mi riguarda m’impegno a impedirlo con ogni mezzo. Del resto, con una parte almeno di quei 100.000 volumi io ci lavoro da anni: e non ho nessuna intenzione di lasciarmeli scippare da Lorsignori. Tantopiù poi nella non improbabile prospettiva che dietro alla manovra vi siano fini di riutilizzo dell’immobile per scopi non amministrativi bensì speculativi.
Sul totale disprezzo della cultura da parte di un’Amministrazione Comunale, quale quello che traspare dal tentativo perpetrato – indipendentemente dalla sua riuscita o meno –, non mi pronunzio nemmeno. Non mi sarei mai aspettato nulla di meglio.