Domenica 13 dicembre 2020, Santa Lucia Vergine e Martire
EDITORIALE
MARINA MONTESANO
CASO REGENI E RELATIVISMI MORALI
Mentre in Italia venivano resi noti i risultati dell’indagine sulle circostanze atroci della morte di Giulio Regeni e sui responsabili materiali dell’assassinio, in Francia il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi veniva insignito della Legion d’Onore. Il presidente della repubblica francese è stato chiaro: l’Egitto è importante per gli affari e per la lotta al terrorismo, dunque la questione dei diritti umani passa in secondo piano, e semmai si può discutere di singoli dossier di persone incarcerate per cercare di far qualcosa.
Peraltro la posizione dell’Italia è identica e all’Egitto abbiamo appena venduto due fregate militari, dunque inutile prendersela con il solo Macron, il quale con al-Sisi ha discusso amabilmente di quali valori vengano prima, con riferimento alla questione delle vignette sul Profeta: l’egiziano ha detto che i valori umani sono transitori, quelli divini no, dunque la difesa della religione viene prima di quella delle libertà d’espressione; il francese ha risposto: “Consideriamo il valore dell’uomo più grande di qualsiasi altra cosa […]. Questo è il contributo della filosofia illuminista e dell’universalismo dei diritti umani, che è il fondamento della Carta delle Nazioni Unite”. Tuttavia, se il valore dell’uomo è maggiore di qualsiasi cosa, non dovrebbe esserlo anche rispetto all’economia? Quanto a logica, insomma, bisogna ammettere che vince al-Sisi; vince anche sul piano dell’utilità economico-strategica e dunque se la passa bene. Immagino che sia comunque sul chi vive, sapendo quanto sono saldi i principi morali degli illuministi europei, per i quali Gheddafi e Saddam Hussein sono stati a lungo partner economici e strategici, fino a quando non si è deciso che non lo fossero più. Chissà: un giorno la Legion d’Onore, il giorno dopo un drone o un bombardamento vecchio stile, ma sempre all’insegna dei valori della filosofia illuminista e dell’universalismo dei diritti umani. Poi dopo arriverà a un altro dittatore, o magari una lunga guerra civile, come in Libia e in Iraq.
Nel frattempo, il mondo accademico inglese ha fatto quadrato intorno ai suoi membri, e le polemiche di cui avevamo sentito parlare nel 2016-17 sono state dimenticate, anche se la magistratura ha fatto il suo lavoro. Giulio Regeni era dottorando a Cambridge, inviato dalla sua tutor, la dottoressa Maha Abdelrahman, a far ricerca sui sindacati autonomi: a dire della docente, un argomento scelto dal giovane, ma da quanto emerge dalle indagini sui computer e sulle telefonate non sarebbe vero; e Regeni più volte aveva manifestato la paura di essere esposto in una situazione che non poteva controllare, nella quale l’attivismo politico era prevalente rispetto alla ricerca. Secondo quanto pubblicato dal Corriere della Sera (https://www.corriere.it/esteri/20_dicembre_12/giulio-regeni-rimorsi-bugie-prof-cambridge-non-ha-aiutato-indagini-01c4e59e-3bec-11eb-aad9-ba761f429210.shtml) in una mail trovata nel computer della docente, rivolta a una collega canadese pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Regeni, Abdelrahman dichiarava il proprio dolore nell’aver inviato un giovane ricercatore alla morte. Qui non si tratta di voler processare penalmente anche la docente, ma un episodio del genere dovrebbe almeno aiutare a capire che non si possono impiegare studenti per prendere contatti con gli oppositori del regime e far finanziare la ricerca da fondazioni legate ad essi (10mila sterline nel caso di Regeni, inviate dalla fondazione Antipode): uno studente non è un agente segreto, non dispone della preparazione per potersela cavare in una situazione del genere. E le conseguenze di sono viste.
Dinanzi a queste contestazioni, l’accademia inglese ha pubblicato una lettera in difesa della collega con qualche centinaio di firme (University blasts ‘damaging and dangerous’ speculation about Giulio Regeni supervisor | Varsity); il che può essere comprensibile per una questione di solidarietà, ma resta il fatto che l’aiuto alle autorità inquirenti italiane è rimasto, alla faccia del pentimento, molto tiepido. Teniamo presente che alcune istituzioni universitarie private, soprattutto i colossi inglesi o statunitensi, non sono scevre da interessi politici e di parte, insomma non è soltanto ricerca quella che si fa al loro interno, anche se restano culturalmente istituzioni prestigiose, su questo non c’è dubbio. In conclusione, nemmeno sotto questo profilo sembra che i crimini contro Regeni possano venir risarciti almeno da una assunzione pubblica di responsabilità morale.
I funzionari incriminati sono quattro; se si tratta di persone che contano nel partito dei militari e dei servizi segreti che sostengono al-Sisi difficile che li vedremo in tribunale; magari se ne hanno qualcuno sacrificabile potrebbe anche succedere che arrivi dalle nostre parti. Così, per far finta che c’è ancora una giustizia, e che a qualcuno interessa.