Domenica 24 gennaio 2021, Sacra Famiglia
IL GRANDE STORICO SOCIALISTA ROBERTO VIVARELLI, RAGAZZO DI SALÒ
Il bel contributo della professoressa Garzilli pubblicato sui Minima di due settimane fa, ha suscitato grande interesse: e ci auguriamo che la studiosa prosegua la collaborazione iniziata. Fra le missive arrivate, ce n’è in particolare una – inviata da Curzio Vivarelli, omonimo ma non parente dello studioso Roberto Vivarelli – che offre il contributo di una testimonianza interessante per chiarire la posizione militare dell’allora giovanissimo Roberto. Altre testimonianze saranno gradite.
UN MESSAGGIO DA PARTE DI CURZIO VIVARELLI
“Caro professore,
leggo sempre i Minima Cardiniana. Su Vivarelli, Roberto, vorrei dirle che in effetti è abusivo dire ch’egli sia stato delle Brigate Nere. Egli si era arruolato in un gruppo detto Onore e Combattimento che, pur accasermato a Milano e facente da scorta a Pavolini, non era Brigata Nera ma proseguiva il reparto dei “Giovani Fascisti” di Bir el Gobi. Che però dipendesse finanziariamente dal PFR è possibile, pur rimanendo autonomo al pari del Battaglione Forlì che, nato dalla Brigata Nera Capanni, si era via via svincolato da questa ed era divenuto un reparto a sé (anche se riceveva la diaria dalla direzione del partito…). Quando – come racconta nel suo suggestivo memoriale – il reparto di Vivarelli viene impiegato operativamente in Piemonte, esso sembra agire ancora da autonomo. Dislocato invece per l’ultima peripezia a Bologna, ovvero al fronte sud per l’ultima disperata difesa – narrata con accenti visionarî e davvero suggestivi anche per lo stile di scrittura dal nostro –, il suo reparto torna aggregato ad una sorta di Alma Mater: la compagnia arditi della GNR comandata dal durissimo tenente Gaspare Pifferi. Il motivo di questa singolare aggregazione è da ricercarsi nel fatto che Pifferi era stato un valoroso ufficiale dei GGFF proprio in Bir el Gobi e s’era rivelato anche in RSI come capo di reparto controguerriglia GNR un comandante estremamente capace. Se lei rammenta, Professore, sa che ad un certo punto del suo racconto Vivarelli, che io mai ho conosciuto, introduce con affetto la figura di William Cremonini, il sergente che guida il plotone cui apparteneva Vivarelli. Ho conosciuto l’anziano Cremonini il quale, a sentire il mio cognome, mi chiese se ero discendente dei Vivarelli, lo storico e il regista. Cosa che non sono perché, come anche lei sa bene, Vivarelli come cognome a Bologna Pistoia e Firenze occupa sull’elenco telefonico tante colonne come Brambilla a Milano o Parodi a Genova. E di poi William mi raccontava moltissimi episodi che integrano perfettamente il diario dello storico che lei ha avuto modo di frequentare.
In fede suo Curzio Vivarelli”
Roberto Vivarelli, socialista e autore di un’apprezzata – e molto severa – storia del movimento fascista, oggetto per lui di un’onesta e severa, per nulla opportunistica critica, è stato un grande amico al quale fra l’altro debbo un energico intervento a mio favore presso la casa Editrice Nuova Italia di Firenze per la pubblicazione del volume Alle radici della cavalleria medievale. Non ho invece conosciuto, se non per via di contatti epistolari, il fratello maggiore di Roberto, Piero Vivarelli, combattente della Repubblica Sociale Italiana poi emigrato nel continente americano, stabilitosi a Cuba, collaboratore di Fidel Castro e uno dei primi tesserati del Partito Comunista Cubano. Sono schegge di storia: ma – attenzione – non schegge impazzite. È necessario continuare a riflettere e ad approfondire s questa tormentata storia d’Italia e d’Europa tra 1915 e 1945: è una “Guerra dei Trent’Anni” che spiega molto anche di quanto è avvenuto dopo, e guai a considerarla da una superficiale prospettiva manichea.