Domenica 31 gennaio 2021, Domenica di Settuagesima
EDITORIALE
FRANCO CARDINI
AMICUS MATTHEUS…
Ebbene, sì. Vi sono momenti nei quali si vorrebbe cacciare la testa nella sabbia, come si dice facciano i poveri struzzi. E altri nei quali si preferirebbe mancare al proprio dovere, perder la faccia e, appunto, voltarla dall’altra parte. C’è chi lo fa per regola, con metodo: e ci dorme anche bene la notte. Io fino ad oggi, vale a dire nei primi ottant’anni della mia vita, purtroppo non sono mai riuscito a farlo. Mi dicono che se l’avessi fatto qua e là, come sono in tanti a fare, avrei fatto più carriera e/o più soldi. Non dico che non mi sarebbe piaciuto e non mi avrebbe fatto comodo. Dico solo che forse questa è la mia natura, forse ho purtroppo un severo Giudice Interno (mica tutti ce l’hanno, beati loro!…) che non me ne fa passare una. Tanto per parafrasare don Abbondio: “La disonestà, se uno non ce l’ha dentro, mica se la può dare!”.
Avrei voluto intitolare questo Editoriale alla Lucio Dalla: “Caro Renzi ti scrivo”, e mandare la mia lettera solo a lui, al Senato. Oppure avrei preferito scrivergli una lettera aperta. Ma le lettere aperte si scrivono quando si è molto autorevoli, oppure si formano in tanti. Io non sono la prima cosa e non ho abbastanza amici per firmare con loro la seconda. D’altronde, mi occupo di rapporti fra Europa e mondo musulmano ormai da parecchi decenni, ho firmato al riguardo molte cose, anche dei libri (qualcuno l’ho anche inviato a Renzi: non lo rimprovero se non li ha letti o non ne ho tenuto conto, mi limito a constatare).
Sia chiaro (e i molti comuni amici lo potranno confermare: e anche lui, se ne avrà tempo e voglia) che a Matteo Renzi non debbo nulla sul piano materiale; né lui deve nulla a me. Nulla io gli ho mai chiesto, salvo quel che legittimamente un vecchio professore può chiedere a un amico ch’è un politico rampante: posso avergli segnalato certi casi, avergli chiesto qualche aiuto per qualcuno. Mai nulla di personalmente vantaggioso. Nulla egli mi ha mai chiesto, salvo quel che legittimamente un ancor piuttosto giovane politico rampante può chiedere a un vecchio professore: prender qualche iniziativa, tenere qualche conferenza. Finanziamenti, cariche, emolumenti, riconoscimenti: non gliene ho mai chiesti né lui me ne ha mai dati; e credo che, da amici, siamo l’uno riconoscente all’altro per questo.
Quel che ho potuto fare, quando ho potuto, l’ho fatto con sincero entusiasmo: come l’organizzazione di un piccolo ed eterogeneo Gruppo di estimatori (qualcuno famoso), comuni amici, per sostenerlo in occasione del referendum che gli andò male. Era un appoggio condizionato a certi eventi futuri, in quanto non tutto della sua politica ci piaceva: ma potevamo farlo e l’abbiamo fatto. Poi, le cose sono andate come sono andate.
A sua volta, non dimentico certo alcune cose. Una decina di anni fa, per il mio settantesimo compleanno che coincideva anche più o meno con la mia prossima pensione come docente Universitario, Matteo Renzi organizzò per me una regale serata nel Salone dei Duecento in Palazzo Vecchio, con tanto di gonfalone e di chiarine d’argento. Molti vecchi fiorentini lo avrebbero desiderato e meritato più di me; io lo desideravo ma non glielo avevo chiesto ed ero conscio di non meritarlo. Era sindaco allora: e mi fece l’onore di un’allocuzione ufficiale (nella quale non mancò di prendermi fiorentinamente in giro; e io fiorentinamente replicai). Mi commosse e gliene sarò grato per sempre.
Per un uomo onesto (e io perdinci lo sono) un debito morale, un debito d’amicizia, è molto più importante di un debito di gioco o di soldi o di carriera, per non parlar di meno onorevoli debiti. Se avessi uno di questi, oggi mi sentirei più leggero nello scriver qual che debbo. Invece, mentre lo faccio, la mia coscienza è limpida e adamantina. È il cuore ch’è gonfio.
Non ho mai politicamente parlando apprezzato le posizioni, le scelte, le amicizie, le alleanze di Renzi (salvo pochissime eccezioni). Lui lo sa bene e non gliel’ho mai nascosto. Se avessi potuto lo avrei appoggiato esplicitamente: ma sarei fatto vedere alla Leopolda eccetera: inutile dire che c’è chi mi aveva consigliato, chi mi aveva scongiurato di farlo. Non l’ho fatto in quanto non mi era possibile.
Amicus Mattheus, sed magis amica veritas. O almeno, quella che in buona fede io ritengo tale, e vorrei tanto sbagliare, e mi piacerebbe tanto pensarla altrimenti. Ho amato e apprezzato molto il giovane Renzi presidente della Provincia di Firenze. Ho amato e apprezzato discretamente il Renzi sindaco della mia città e avrei voluto che lo avesse fatto più a lungo: ma a un certo punto il miro gorgo della grande politica lo ha preso, è diventato segretario del partito che poi ha potentemente contribuito a distruggere e anche premier. Da allora ho sentito che i nostri destini si andavano divaricando. Gli ho augurato e continuo ad augurargli ogni bene, ma salvo casi eccezionali e per così dire puntiformi non ho potuto mai fornirgli il peraltro modesto appoggio di gregario (qualche libro, qualche articolo, qualche conferenza…) che avrei voluto. Oggi uno di noi due milita nel campo di Agramante: o io o lui, non lo so. O, per meglio dire e per render meglio l’idea, fra noi c’è l’Atlantico: che è molto vasto, e io non so nemmeno nuotare.
Per fortuna siamo entrambi Fratelli in Cristo e nella Chiesa Cattolica: e che Dio tali ci conservi. Non è poco: anzi, è moltissimo. Poi siamo tutti e due cittadini del territorio fiorentino orientale e abbiamo quindi molti luoghi comuni, che ci sono cari: l’universo fra Bagno a Ripoli, Pontassieve a Rignano, la strada per Vallombrosa la Verna e il Casentino. Rignano è la patria di Ardengo Soffici: mi piacerebbe far qualcosa con lui per ricordare quel Grande. Dall’altra parte dell’Arno, sulla riva destra, a qualche chilometro ci sono Vallombrosa e il castello di Sammezzano. La via del Casentino è quella dell’esilio di Dante: bella occasione sarebbe, per il 2021. Se potessimo superare altri ostacoli politici e ritrovarci su queste lunghezze d’onda (Dante, Soffici, Vallombrosa, Sammezzano) sarebbe già tanto. Ma per il resto, non vedo nulla di comune.
Matteo Renzi sta emergendo come la punta di diamante (fiorentinamente vorrei scegliere un altro materiale per definirla: ma diciamo di diamante) del liberismo centrista e atlantista. Buon pro gli faccia: e gli porgo i miei più sinceri auguri. Qualunque cosa succeda, Matteo Renzi non sarà mai un nemico per me.
Ma quel che di politico rappresenta, purtroppo sì. Io resto europeista e socialista. Lui, soprattutto in queste settimane, sta correndo all’abbraccio di Biden e di Kamala Harris, con quel che ciò significa. So bene che ha qualche bonus lucrato tempo fa alla Casa Bianca, quando c’era ancora Obama: e con Trump non poteva farcela ad andare d’accordo. Ma con Biden e i democratici (il che significa la banda Hillary Clinton, Madeleine Albright ecc.), sì. E allora, siccome è uno dei pochi politici italiani ad avere anche un “affaccio” sulla politica estera, è chiaro ciò cui aspira: e lo vedremo nelle prossime settimane. Matteo Renzi vuole occupare, lui o qualcuno di sua fiducia, direttamente o indirettamente, il dicastero degli Esteri (o della Difesa), dal quale egli sarà il garante della Casa Bianca per l’indirizzo politico dei prossimi mesi, forse dei prossimi anni: che sarà quello deciso dagli Stati Uniti d’America in accordo con i suoi due grandi alleati vicino-orientali, l’Israele di Netanyahu e l’Arabia saudita di Salman. Ciò significherà una politica “democratica e umanitaria” (così essi la presenteranno) essenzialmente atlantista: rafforzamento della NATO in vista di un atteggiamento sempre più aggressivo nei confronti di Siria e Iran, quindi in prospettiva di Russia e Cina, col mantenimento di tutti i possibili embargos, il congelamento della collaborazione al progetto One Belt, One Road, e soprattutto le vittime da sacrificare sull’area della Triplice Alleanza statunitense-israeliano-saudita: i poveri sciiti dello Yemen, vittime e già dichiarati terroristi (avete presente l’apologo del Lupo e dell’Agnello?) e i palestinesi, che ormai sono già stati ufficialmente privati della loro patria annessa a Israele e di cui non si occupa più nessuno (fateli, poi, i Giorni della Memoria sulle infamie del passato: tanto non costa più nulla farli! Chissenefrega dei palestinesi, degli yemeniti sciiti, degli irakeni che continuano a saltar per aria, degli afghani che hanno la guerra in casa da mezzo secolo, del delta del Niger inquinato dagli affaristi delle multinazionali, dei poveracci che marciscono a Guantanamo!).
Ora, dinanzi al mio vecchio caro amico di Rignano, si presentano due strade: non sa ancora quale delle due percorrerà, ma c’è intanto un tratto comune e lui ha già mosso i primi passi. La politica interna: con le possibilità di un nuovo premierato o del ministero degli Esteri, e il placet della casa Bianca l’ha già praticamente in tasca. O la politica estera: col miraggio da vertigine della presidenza NATO, che lo proietterebbe nella Grande Politica Internazionale, e allora altro che villa sul Viale dei Colli. Con tutti gli annessi e i connessi per gli affaristi che lo circondano. Io non credo che Renzi sia un uomo venale: però purtroppo so che molti vicini a lui lo sono, e che accoppiano venalità e mancanza di scrupoli. Questo è uno dei pericoli che secondo me lo minacciano, dai quali dovrebbe guardarsi e non so quanto voglia o possa farlo.
Ora torna dal paese dei wahabiti, e io spero ardentemente che su di loro non sappia tutto quel che c’è da sapere. Vorrei dirgli, da quel filomusulmano che sono, e lui sa benissimo che lo sono: guardati da loro, studia un po’ più di storia e pensaci. Ma so che non mi ascolterà. Io sono un professore ottantenne e lui un relativamente giovane politico in carriera all’assalto della Grande Mela del mondo. Soltanto, attenzione. Le mele sono pericolose. Lo sanno molto bene Adamo, Eva e Biancaneve.