Domenica 14 febbraio 2021
Domenica di Quinquagesima, San Valentino
C’È CHI È NATO PER LA GUERRA…
Si vis pacem, para bellum; si vis bellum, nuntia pacem.
DAVID NIERI
AUGURIAMOCI IL MEGLIO, PREPARIAMOCI AL PEGGIO…
La notizia è passata quasi sottotraccia, seminascosta tra le colonne dei quotidiani e pressoché mai divulgata dai telegiornali, interamente dedicati alle notizie sul nuovo Governo Draghi, accolto entusiasticamente da tutti o quasi come il salvatore della patria (resta da capire quale).
Il campanello d’allarme arriva da Mosca. Le tensioni sono alimentate dal caso Navalny, sul quale la propaganda a senso unico in chiave occidentale sta ricamando le proprie tesi che ovviamente procedono nell’unica direzione possibile. Ma cerchiamo di andare con ordine.
Il 5 e 6 febbraio l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, lo spagnolo Josep Borrell, si è recato in visita a Mosca per incontrare il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, anche se da più parti lo stesso Borrell era stato invitato ad annullare l’incontro a causa dell’arresto di Alexei Navalny e della conseguente incarcerazione di migliaia di persone ree di aver preso parte alle manifestazioni contro il presidente Vladimir Putin. L’Ue, infatti, ha rinviato l’adozione di nuove sanzioni a seguito dell’arresto di Navalny in mancanza della necessaria unanimità, rimandando tutto al Consiglio europeo di fine marzo.
Nel corso di una conferenza stampa congiunta con Sergey Lavrov, Josep Borrell è apparso indeciso e insicuro, in difficoltà di fronte alle critiche del ministro degli Esteri russo, che non ha esitato a definire l’Europa “un partner inaffidabile”, accusando la stessa Unione di mentire riguardo l’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny. Ma c’è di più: poco dopo la fine della conferenza, Mosca ha espulso tre diplomatici di Svezia, Polonia e Germania, accusati di aver partecipato alle manifestazioni contro il regime. Uno smacco, tanto che alcuni eurodeputati hanno chiesto le dimissioni dell’economista spagnolo, il quale è invece convinto di aver centrato l’obiettivo desiderato: secondo lui, infatti, il Cremlino “non è interessato a perseguire alcuna partnership con l’Ue”. La strada, dunque, sarebbe spianata per un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca e degli oligarchi russi che hanno beni e proprietà in Europa. Sanzioni che hanno avuto inizio nel 2014, in occasione della crisi ucraina.
Non c’è un filo conduttore comune, all’interno dell’Unione, a proposito delle grandi questioni di politica estera, rapporti con Cina e Russia prima di tutto. L’inasprimento delle sanzioni potrebbe rivelarsi controproducente per un settore strategico come quello delle risorse energetiche, se consideriamo che l’Ue importa il 40% del suo fabbisogno di gas proprio dalla Russia.
Non si sono fatte attendere le dure reazioni di Merkel e Macron dopo l’espulsione dei tre diplomatici, mentre l’Onu ha espresso sgomento. Come se non bastasse, a complicare la situazione è giunta la notizia della morte improvvisa di Sergej Maksimishin – vittima, a quanto pare, di un infarto –, il medico che la scorsa estate curò Navalny all’ospedale di Omsk dopo l’avvelenamento, ovvero l’episodio “incriminato” a proposito del quale l’Unione europea intende fare piena luce (da mesi).
Dal canto suo, il neopresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, tramite il Segretario di Stato, Tony Blinken, ha chiesto di liberare Navalny “immediatamente e senza condizioni”. Inoltre, in una telefonata al leader russo, Biden ha fatto sapere che non intende tollerare oltre i ripetuti abusi dei diritti umani: “Non saremo più complici con la Russia nelle sue azioni aggressive”. Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha affermato che le richieste del presidente americano di liberare Alexei Navalny rappresentano “una retorica molto aggressiva e non costruttiva”, aggiungendo che “i messaggi che suonano come ultimatum, per noi sono inammissibili”. In effetti, risulta decisamente paradossale la minaccia del neopresidente Biden, da leggersi ovviamente come triste presagio di un veloce ritorno a una politica estera decisamente invasiva. Paradossale, soprattutto, perché la puntuale violazione dei diritti umani – e questo si protrae da decenni – travestita da esportazione di democrazia o garanzia di pace ha consentito alla prima potenza sullo scacchiere internazionale di prosperare e – soprattutto – di aumentare il divario rispetto ai paesi più poveri declinando in chiave assolutamente individualista il “perseguimento della felicità” garantito dalla stessa Dichiarazione d’Indipendenza come diritto inalienabile. “Felicità” che si è spesso trasformata in tragedia altrui. Ne sanno qualcosa – un esempio tra i tanti e più recenti – i detenuti di Guantánamo che il Nobel per la Pace Obama aveva assicurato di voler chiudere anche se mai lo fece (la stessa cosa ha promesso ieri il presidente Biden); ne sa qualcosa Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks detenuto presso la “Guantánamo britannica”, il carcere di massima sicurezza HM Prison Belmarsh a Londra, a “scopo preventivo”, per garantire la sua presenza durante il processo di estradizione negli Stati Uniti (in corso) che potrebbe protrarsi per molti anni. Le sue condizioni di salute, a quanto ci risulta, sono gravissime. Assange ha rivelato al mondo intero numerose “violazioni dei diritti umani” da parte di coloro che le sanzioni le impongono senza mai subirle. Due pesi e due misure, tra bombe intelligenti, armi di distruzione di massa inesistenti, governi fantoccio imposti per lo sfruttamento delle risorse altrui: questo sono gli Stati Uniti d’America, ai quali continueremo a porgere la mano, adesso più che mai.
La Russia non è disposta a subire ricatti e si dichiara pronta “a rompere le relazioni con l’Unione europea”. È stato proprio il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, a pronunciare queste parole durante il programma Soloviev Life. “Se ancora una volta, proprio come in altre occasioni, le sanzioni verranno imposte in alcuni settori creando rischi per la nostra economia, allora sì. Non vogliamo essere isolati dalla vita internazionale, ma dovremo essere preparati. Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Secondo il capo della diplomazia russa, se l’Unione europea introdurrà nuove sanzioni per il caso Navalny, lo farà “solo per soddisfazione propria, per mostrare che ci stanno punendo”, ma la Russia “non potrà rinunciare alla difesa dei propri interessi”.