Minima Cardiniana 318/5

Domenica 14 marzo 2021, IV Domenica di Quaresima

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Lucrezia Borgia, Lettere 1494-1529, a cura di Diane Ghilardo, con la collaborazione di Enrico Angiolini, Mantova, Tre Lune, 2021, pp. XLI-753.
Il nome di Lucrezia Borgia ha fatto a lungo indignare i cultori di storia o presunti tali e arrossire le signore e le signorine bennate: bellissima, certo, ma anche debole e immorale strumento nelle mani del padre Rodrigo (cioè di papa Alessandro VI, che l’aveva avuta al tempo del suo cardinalato) e del crudele fratello Cesare; ma giudizi ancora più duri la descrivevano come viziosa, perversa e famosa per i veleni che sapeva distillare e propinare. Alla “leggenda nera” che riguardava lei e tutta la sua famiglia aveva contribuito con decisione la penna di uno storico peraltro celebre, Ferdinand Gregorovius, che vi aveva riversato tutto il suo odio protestante nei confronti del papato. Dopo di lui, il citare i Borgia come esempio di crudeltà e di corruzione divenne per lungo tempo consueto.
La storia, si sa, non è un tribunale: non ha la funzione né di assolvere, né di condannare. Ma gli storici e soprattutto i “cultori della materia” che con impegno si assumono tale ruolo sono molti. Tuttavia negli ultimi tempi, studi più accurati e non condizionati dal pregiudizio – e va citato fra gli altri il prezioso contributo di Gabriella Zarri – ha dimostrato come quel fosco ritratto fosse frutto di calunnie. I molti studi usciti attorno al 2019 in occasione del cinquecentenario della morte della duchessa di Ferrara, spentasi con esemplare, pia serenità il 24 giugno 1519 non ancor quarantenne per un’infezione post partum, hanno restituito alla storia un’immagine ben diversa di una donna e di una governante che, dopo una giovinezza per molte ragioni difficile, aveva saputo mostrare doti di grande equilibrio e di profonda religiosità.
Lucrezia scrisse migliaia di lettere di proprio pugno a persone e lei vicine; e ne dettò moltissime più ufficiali per ragioni cancelleresche. Non le possediamo tutte: anzi, ne abbiamo una parte a quel che sembra modesta. È stato comunque messo insieme e pubblicato ora, a cura di Diane Ghilardo, un corpus di 747 missive tratte principalmente dagli Archivi di Stato di Modena e di Mantova.