Minima Cardiniana 319/1

Domenica 21 marzo 2021, V Domenica di Quaresima
San Benedetto, Equinozio di Primavera

EDITORIALE
Primavera 2021. Un quinto del primo secolo del nuovo millennio se n’è andato, e siamo ancora alle solite. Quattro lustri fa, negli Stati Uniti, un ciclone repubblicano portò al potere un semideficiente-semianalfabeta d’illustre prosapia multimiliardaria che nel giro di tre anni scatenò un caos irrimediabile nel Medio e Vicino Oriente provocando reazioni a catena tra cui il rafforzarsi di un terrorismo islamico la responsabilità del quale venne sulle prime attribuite sia all’Islam nel suo complesso, sia più tardi a gruppi fondamentalisti i mandanti, sostenitori e finanziatori dei quali si sono poi rivelati esponenti delle petrolmonarchie della penisola arabica legate da un’alleanza di ferro con i governi USA che le ha condotte, negli ultimi tempi, anche a un’alleanza de facto con lo stesso governo israeliano conservatore-fondamentalista di Netanyahu.
Le due principali potenze-vassalle degli USA in Europa, Gran Bretagna e Francia, che per un equivoco storico-diplomatico sono ancora considerate sul serio grandi potenze mondiali e che seggono per questo come membri permanenti nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, hanno a loro volta pochi anni dopo ritenuto opportuno “battere un colpo” per segnalare le loro presenza. E, sull’onda di un equivoco sulla base del quale le cosiddette “primavere arabe” (nate un po’ dappertutto in quel mondo contro governi filo-occidentali violenti e corrotti, dalla Tunisia all’Egitto agli emirati della penisola arabica: il “caso” tunisino fu esemplare) erano state dai nostri politici e dai nostri media presentate come movimenti di protesta unilateralmente diretti contro le “dittature” di quei paesi che invece all’Occidente atlantista non si erano allineati. Da qui le barbariche e maldestre strafexpedition contro la Libia di Gheddafi, purtroppo riuscita (e di cui paghiamo ancora tutti le conseguenze) e contro al Siria di Assad, fortunatamente fallita. Il successivo insorgere nel solito martoriato Vicino-Medio Oriente, a partire dal 2014-15, del fenomeno fondamentalista dell’ISIS/DAESH, nato dal seno dell’estremismo terroristico sunnita fautore della fitna antisciita e diretto dalla Triplice Alleanza statunitense-israelo-saudita (con l’equivoco intermittente appoggio egiziano e turco) in una direzione antisciita-antisitiana-antiraniana (e in prospettiva antirussa). Al di là dei giochi di prestigio della propaganda che in Occidente riusciva a far quasi passare la balla di un “terrorismo islamico” fatto di estremisti sunniti e incomprensibilmente guidato dallo sciita Iran – il tragicomico presidente Trump riuscì a presentare tale assurdità perfino agli sceicchi wahhabiti dell’Arabia Saudita, schierati ad ascoltarlo con inappuntabile inespresso humour – la natura delle due coalizioni che dal 2015 batterono l’ISIS/DAESH parla da sola: il peso militare fu sostenuto da quel che rimane degli eserciti lealisti siriano e irakeno e dalle milizie locali libanesi, irakene e curde con un modesto appoggio iraniano e il sostegno soprattutto economico, logistico e aereo russo; la coalizione statunitense-saudita non face praticamente nulla; i turchi si limitarono a sorvegliare e ad ostacolare qualunque velleità indipendentista kurda.
Oggi, scomparsa la minaccia dell’ISIS che resta viva solo in qualche focolaio, gli sforzi dei fondamentalisti sostenuti dai circoli arabo-sauditi sembrano essersi sempre più diretti verso il proselitismo missionario oggetto dei quali sono i musulmani in “diaspora” europea, mentre la sempre più forte alleanza tra USA, Arabia Saudita e (forzatamente) l’Europa presidiata dai missili NATO sta consigliando alle cellule fondamentaliste in Occidente di far dimenticare la loro presenza.
Frattanto però il Project for the New American Canter (PNAC), il demenziale programma neoegemonico con il quale alla fine del secolo scorso un gruppo di “teste d’uovo” statunitensi intendeva rilanciare il primato del “Manifesto Destino” statunitense sul mondo è stato ripreso e rilanciato in versione rooseveltiano-kennediana: si tratta di riproporre il ruolo degli USA in quanto “protettori” e “garanti” (armati) della pace e del progresso del mondo”, in una prospettiva che identifica dogmaticamente quella pace e quel progresso con “l’interesse degli USA”.
Nel nome di tutto ciò il governo democratico di Washington commina sanzioni economiche e proferisce minacce, in una fedele riedizione dei bandi bushiani di “messa al bando” degli “stati canaglia” (e in nome di ciò il presidente statunitense Biden si permette di definire il suo collega russo “assassino”), mentre i suoi vassalli euro-occidentali distribuiscono generosamente patenti di “dittatori sanguinari” a tutti i capi di stato che si dimostrano restii ad allinearsi. Frattanto, la febbrile e costosissima attività della NATO fa presagire come prossima la ripresa di “guerre preventive di difesa”, riedizioni di quelle di Bush all’inizio del secolo.
Insomma, Biden sembra riportarci indietro di un paio di decenni. Certo, possiamo sempre sperare in qualche sua nuova “scivolata”: non solo in senso metaforico.