Minima Cardiniana 319/6

Domenica 21 marzo 2021, V Domenica di Quaresima
San Benedetto, Equinozio di Primavera

SE UNA MUSULMANA VENERA PUBBLICAMENTE LA MADONNA
DAVID NIERI
LA MADONNA DI PIAZZA SEMPIONE, UN’EPIFANIA DEI NOSTRI TEMPI
Il grande James Joyce, nel suo straordinario affresco della Dublino di oltre un secolo fa, descriveva la “paralisi” della capitale irlandese attraverso una tecnica narrativa innovativa e rivoluzionaria (pur non avendo frequentato alcun corso di scrittura creativa): l’epifania. Ovvero, un particolare momento della quotidianità che rivelava in un oggetto, in un atteggiamento, in una parola all’apparenza marginali il significato profondo della vita e dell’esistenza. Una “rivelazione”, dunque, dai valori simbolici universali. Nella sua descrizione di personaggi e luoghi della Dublino dell’epoca, Joyce intercettava il momento rivelatore e lo “consegnava” al lettore, che doveva decifrarlo: attraverso i suoi racconti, il grande scrittore modernista intendeva così denunciare la staticità della capitale e del suo paese – ma, probabilmente, dell’intera umanità –, incapaci, a suo dire, di affrancarsi da una forma di “schiavitù dell’anima” che costringe l’individuo in una sorta di “gabbia” morale, politica, religiosa.
Dopo oltre un secolo possiamo tranquillamente affermare che la paralisi ha mutato il perimetro, il nome e le modalità attraverso le quali si esprime, ma non la sua profonda verità. Così, una notizia all’apparenza insignificante e passata sottotraccia, probabilmente confinata esclusivamente all’interesse locale, può diventare metafora della nostra condizione. Un momento “epifanico” nella migliore tradizione joyciana che descrive perfettamente lo stato di salute della modernità. Soprattutto del nostro paese.
In poche parole, nelle scorse settimane è accaduto questo. Luogo della discordia, piazza Sempione, quartiere Montesacro a Roma (quello cantato da Claudio Baglioni). Pomo della discordia, il progetto di pedonalizzazione della piazza da parte della giunta del III Municipio, che prevede lo spostamento della statua della Madonna subito prima della scalinata della chiesa dei Santi Angeli Custodi. Il parroco, don Mario Aceto, si oppone al progetto. E passa all’azione. Domenica 28 febbraio scende in piazza dopo la messa e arringa la folla presente ai piedi della scalinata della chiesa: “Ci sono striscioni che vengono tollerati, altri no. Guardate, sono già più di due anni che stanno qui. Per noi è uno scempio”. Il sacerdote si riferisce alla bandiera arcobaleno esposta sul balcone del III Municipio a sostegno dei diritti della comunità Lgbtq+ e, ovviamente, contro l’omofobia. Lo striscione “non tollerato” dal Municipio al quale si riferisce don Aceto è invece quello affisso da Militia Christi – “movimento politico cattolico” – contro lo spostamento della statua, fatto rimuovere la mattina successiva dal consigliere Matteo Zocchi e dall’assessore alla Cultura Christian Raimo, che nel recente passato ha già dato prova del suo “sacrosanto” antifascismo – ricordate il caso Altaforte al Salone del Libro di Torino del 2019? Sì, perché in definitiva don Aceto diviene immediatamente e automaticamente fascista, oscurantista e, chiaramente, omofobo.
Finita qui? Macché. Il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) deve ancora arrivare.
La domenica successiva – vigilia della Festa della Donna – un gruppo di femministe appartenenti a due centri sociali protesta contro il parroco portando in processione una Madonna a forma di vagina, una vera e propria “maxi vulva”, denominata appunto “Holy Vagina”, fino alla scalinata che conduce al sagrato della chiesa. Ma la risposta di Militia Christi non si fa attendere: qualche giorno dopo, il movimento organizza una contromanifestazione in Piazza Sempione per recitare un rosario “a difesa della statua”. I centri sociali non ci stanno e a loro volta promuovono una contro-contromanifestazione, ovviamente “antifascista”. Volano parole grosse, tanto che una donna musulmana, recatasi con il velo di fronte alla statua della Madonna per omaggiarla con un mazzo di fiori, viene apostrofata in malo modo dagli esponenti dei centri sociali che la invitano a “tornarsene a casa propria”.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Sì, perché nella surreale “polemica” di piazza Sempione potremmo tranquillamente scorgere il nostro passato, il nostro presente e (purtroppo) il nostro futuro senza bisogno di ricorrere a chiaroveggenze da sfera di cristallo.
Ma cosa ci raccontano, le polemiche di piazza Sempione? Che, ad esempio, il principale motivo di contrasto non è una statua – da rimuovere o meno – e neanche uno striscione. No. Agli illuminati rappresentanti dei centri sociali – cui danno fin troppo spesso man forte esponenti della politica e della cultura – dà fastidio non solo che la religione “si intrometta” nelle questioni statali e comunali, ma la religione in quanto tale. Tanto che coloro che si autocelebrano quali paladini dei diritti e dell’accoglienza non si fanno problemi nell’indirizzare a una donna musulmana – che magari venera la Vergine Maria, com’è normale che sia – offese e inviti a “tornarsene a casa”. Bello spettacolo. Ma l’obiettivo non è la donna musulmana, quanto l’“oggetto” della sua venerazione. Se non altro, l’emergenza Covid ci ha almeno risparmiato la solita e puntuale polemica sul crocifisso e sul presepe natalizio: una sterile discussione alimentata solo da chi si offende perché qualche tardone – tra i quali il sottoscritto – ancora crede nei miracoli e in qualcosa di “oltre” a questa valle di lacrime. Una bestemmia, ovviamente, per i fautori e i paladini del progresso dirittocivilista, per i quali la prospettiva sacra è un cancro che deve essere rimosso, estirpato. Sono loro che si offendono, non i musulmani, né tantomeno le “altre religioni”.
Il “migrante”, da questo punto di vista, è considerato solo ed esclusivamente un “mezzo” per l’affermazione di un’ideologia che ormai si è insinuata nelle pieghe (o nelle piaghe?) più profonde della modernità. Un mezzo e non un fine. Perché il fine dovrebbe essere quello di garantire ai migranti e agli svantaggiati, oltre all’accoglienza, una vita degna di essere vissuta. Perché se il “povero” diventa solo dottrina e poi deve tornarsene a casa propria se omaggia la Madonna, oppure può restare ma nei campi di pomodori durante il giorno – per due euro – e nelle baracche senz’acqua e senza elettricità la notte, allora si tratta di un’ideologia fasulla e malata. Non ho mai visto centri sociali organizzare manifestazioni contro il caporalato e chi, da questa emergenza umanitaria, trae vantaggi e benefici. Sono in tanti, credetemi.
Ci sarebbero infinite altre considerazioni da fare. Come la protesta di un parroco (legittima), che comunque, a quanto pare, è riuscito a dar voce a una parte consistente di cittadini che non vedrebbero di buon occhio la modifica urbanistica dell’area in questione. A tal proposito, c’è da dire che il progetto ha subìto in questi giorni un repentino rallentamento a causa delle polemiche e delle resistenze che ha scatenato. Ma in tutto questo, per fortuna, la Madonna non c’entra.

POSTILLA TEOLOGICO-ICONOLOGICA
L’articolo di David Nieri meriterebbe un commento puntuale: specie sull’interessante fatto orwelliano secondo il quale, in democrazia, tutti gli striscioni sono uguali, quindi legittimi; ma ve ne sono alcuni più uguali degli altri. Ad esempio quelli non possono essere mai rimossi; e alcuni che sono uguali agli altri, certo, ma pochino, al punto che non debbono essere nemmeno esposti. Comunque, a edificazione di tutti quegli imbecilli che difendono l’Islam solo nella misura in cui credono che ciò equivalga a offendere o dileggiare il cristianesimo ma che poi – alla faccia della loro democrazia fatta di accoglienza per gli “altri” – se la prendono se una musulmana depone dei fiori dinanzi alla Vergine: leggete la sura XIX del Corano, Maryam.
Poi c’è la
gaffe della Santa Vulva. Come a dire che, quando si è ignoranti, si rischia di ricadere dritti nel Sacro più intensamente Archetipico senza nemmeno rendersene conto.
Dico, la Santa Vulva: e sai la novità, arricchita per giunta dall’aggettivo inglese che dovrebbe fare più
chic. Se avete la bontà di recarvi in un qualunque museo archeologico oppure etno-antropologico, sapete quante ne trovate, di Sante Vulve proposte alla venerazione dei fedeli? Ma l’icona della Vergine di Guadalupe, non l’avete mai vista? E non avete mai visto una “Mandorla”, come quella che circonda il Cristo o la Vergine nelle immagini medievali e che simboleggia l’Interiorità cinta dall’Esteriorità? Andate a vedere la porta sud della cattedrale di Santa Maria del Fiore, la “Porta della Mandorla”! Ma chi credete di scandalizzare, analfabeti? E vi avverto, contro chi è protetto da una fede gli argomenti si spuntano sempre. Potreste ad esempio cercar di scandalizzare proponendo l’equivalente maschile (diciamo così) della vulva. Sarebbe fatica sprecata e sputtanata assicurata anche in quel caso. Avete presente il lingam shivaitico?