Domenica 28 marzo 2021, Domenica degli Olivi
(o, nella tradizione meridionale e orientale, delle Palme)
ANCORA SULLA SIRIA
Il 21 marzo scorso, su “Toscana Oggi”, il settimanale della Conferenza Episcopale Toscana, il giornalista e scrittore cattolico Romanello Cantini ha scritto un articolo fortemente critico nei confronti del regime siriano di Assad. Franco Cardini, che apprezza Cantini ma conosce piuttosto bene la Siria, ha inviato una “lettera al Direttore” critica nei confronti di quell’articolo, con argomenti che chi segue i MC conosce bene ed ha letto del resto ribaditi appunto sul numero scorso del blog. Cantini ha puntualmente replicato, peraltro con molta cortesia ed onestà. Restano comunque molti punti ancora da discutere: primo fra tutti il fatto che è stato il pervicace e ingiustificato embargo imposto dagli USA alla Siria a ridurre in quel modo un dei paese che per molti versi era, fino a qualche anno fa, tra i più prosperi e ordinati del Vicino Oriente. Continuiamo quindi a informarsi sul suo conto: e facciamolo leggendo quanto ne scrive uno dei suoi migliori conoscitori.
ALBERTO NEGRI
COME STATI UNITI ED EUROPA STRANGOLANO LA SIRIA
2011-21 guerra infinita. Nel decennale del conflitto le sanzioni Usa ed europee a Damasco sono il vero nodo scorsoio stretto intorno alla gola del regime di Assad e della popolazione.
La guerra siriana si può raccontare in molti modi, uno però viene largamente ignorato. Nel decennale del conflitto le sanzioni Usa ed europee a Damasco sono il vero nodo scorsoio stretto intorno alla gola del regime di Assad e della popolazione. Non solo: Libano e Siria sono legate da un destino comune, anche questa volta. C’è un legame diretto tra la crisi economica libanese e quella siriana con sanzioni che ostacolano ogni ricostruzione. Gli investitori siriani, ovviamente alcuni legati ad Assad, hanno circa 42 miliardi di dollari nelle banche libanesi ma questi conti sono congelati e vengono impediti i prelievi. I soldi insomma ci sono ma non possono arrivare in Siria.
È quello che accade anche all’Iran che per le sanzioni Usa non ha accesso a dozzine di miliardi di dollari di depositi della repubblica islamica nelle banche occidentali e asiatiche, al punto da impedire recentemente l’acquisto da parte di Teheran dei vaccini anti-Covid in Corea del Sud. Alle sanzioni si aggiunge anche l’embargo sulle esportazioni petrolifere dell’Iran. E così si completa il quadro: con un altro aspetto non trascurabile, le sanzioni Usa ed europee imposte alla Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e intervenuta nella guerra siriana a fianco di Assad nel 2015.
In tutto questo c’è naturalmente un progetto politico che era dell’amministrazione Trump e prosegue con quella di Joe Biden: da una parte bloccare il denaro siriano e degli alleati di Assad, dall’altra esercitare pressioni sul presidente libanese Michel Aoun e sul movimento e partito Hezbollah, alleato di Teheran e Damasco. In poche parole se la guerra siriana ha mantenuto in sella Assad sostenuto da Mosca da Teheran e dalle milizie sciite libanesi si può provare, secondo Washington, a destrutturare il regime e i suoi alleati con una crisi economica che travolge la popolazione e l’intera regione.
L’operazione americana di destabilizzazione, ma anche europea, è in atto da un decennio. Il 6 luglio 2011 l’ambasciatore Usa a Damasco Robert Ford andava a passeggiare tra i ribelli anti-Assad di Hama, accompagnato il giorno dopo da quello francese. Era il segnale che in Siria di poteva fare quel che si voleva e che Erdogan colse, incoraggiato dalla strategia della Clinton dello “stay behind”, “guidare da dietro” le primavere arabe, facendo passare migliaia di jihadisti dal suo confine, con i seguiti che sappiamo fino all’ascesa dell’Isis e alle complicità tra turchi e Califfato per far fuori la resistenza dei curdi.
Ecco cosa pensa Ford a 10 anni di distanza. “La strategia americana è stata un fallimento”, scrive su Foreign Affairs l’ambasciatore, ora senior fellow presso il Middle East Institute. Gli Usa, dice Ford, hanno cercato di usare la forza militare e le pressioni finanziarie per rovesciare Assad, ma Biden farebbe bene a cambiare rotta. Dopo anni di conflitto, infatti Bashar è ancora al suo posto e la Siria non è diventata una democrazia liberale come qualche ingenuo analista sperava diventasse all’indomani della devastante guerra per procura scoppiata nel 2011. Ford si spinge a sostenere che gli Stati Uniti “dovrebbero negoziare con Mosca un ritiro graduale delle proprie forze e una tempistica per la transizione nella zona orientale dal controllo americano a quello russo”.
Ma le cose vanno un po’ diversamente. Le sanzioni contro la Siria, introdotte sin dall’inizio della guerra civile non solo non si sono allentate ma nel 2020 sono state ulteriormente aggravate, sia dagli Usa, con il cosiddetto Caesar Act che blocca ogni tipo di transazione economico-finanziaria-commerciale con Damasco, sia dall’Unione europea, che, pur muovendosi sulla scia degli Stati Uniti e confermando le sanzioni, per salvare la faccia consente il finanziamento di interventi umanitari “purché non coinvolgano il governo siriano”: come se fosse possibile effettuare interventi efficaci in un contesto così deteriorato senza un coordinamento con le autorità competenti.
Il livello dell’ipocrisia europea si è confermato anche recentemente quando Bruxelles ha deciso di seguire Washington nel colpire con nuove sanzioni la famiglia Assad, esponenti del governo e imprenditori. L’idea degli europee è di farci credere che le sanzioni sono “mirate”, cioè non colpiscono il popolo siriano: in realtà le sanzioni includono un embargo sul petrolio, restrizioni sugli investimenti, il congelamento dei beni della banca centrale siriana detenuti nell’Ue e restrizioni all’esportazione di attrezzature e tecnologie. In pratica il blocco dell’industria energetica, del petrolio e di ogni tentativo di ricostruzione.
Ma in Siria denuncia l’arcivescovo greco-melkita di Aleppo, monsignor Jean-Clément Jeanbart: “La gente non ha più cibo, elettricità, carburante e gas sufficienti per riscaldare le case. Non riesce a ottenere prestiti e andare avanti”.
Le sanzioni sono un messaggio a tutti coloro che erano intenzionati a partecipare alla ricostruzione della Siria e a normalizzare i rapporti con Damasco, dalla Russia alla Cina, ad alcuni stati del Golfo che chiedono il rientro di Damasco nella Lega araba, agli stessi Paesi europei come l’Italia, che nel 2010, alla vigilia della guerra, era il maggiore partner europeo di Damasco.
Ma forse qui nessuno se lo ricorda più. La rimozione delle sanzioni alla Siria è stata chiesta da Alena Douhan, rapporteur dell’Onu e da diverse organizzazioni umanitarie e delle Nazioni Unite. Ma si preferisce lasciare le cose come stanno, permettere a Israele, che occupa il Golan dal ’67, di bombardare in Siria le milizie sciite – tanto nessuno si lamenta – e far precipitare i siriani in una miseria ancora più nera.
(il manifesto, 15 marzo 2021)
E questo, purtroppo, non basta ancora. L’Europa è corresponsabile degli USA nel dramma siriano. E lo è in prima fila l’Italia di Draghi, il quale non perde occasione per ribadire la sua fedeltà alla linea “atlantista e federalista”, vale a dire quella di un’Unione Europea che continua a non far nulla per divenire comunità politica unitaria e che persevera nel servilismo nei confronti della NATO.
NABIL ANTAKI
LETTERA DALLA SIRIA
“CI AVETE INFLITTO 10 ANNI DI GUERRA E MISERIA. TOGLIETECI LE SANZIONI”
La testimonianza e l’appello di Nabil Antaki, medico dei Maristi Blu di Aleppo: “Ormai il 70 per cento delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà. L’Occidente sta punendo il popolo, non chi vuole la guerra”.
Pubblichiamo di seguito la lettera scritta dal dottor Nabil Antaki, medico di Aleppo, in occasione del decimo anniversario dell’inizio della guerra in Siria.
Dieci anni fa, il 15 marzo 2011, ebbero inizio gli eventi in Siria. Molte proteste sfociarono rapidamente in un conflitto armato.
I ribelli raccontarono di voler stabilire uno Stato di diritto, uno Stato democratico che avrebbe rispettato i diritti umani e combattuto la corruzione, ma ben presto tutti si resero conto che questi ribelli non erano per niente moderati. Si trattava di islamisti estremisti (Daesh, Al Nusra e altri) che intendevano abbattere l’unico Stato laico della regione per realizzare “uno Stato islamista con più democrazia e diritti umani” (sic!). Erano armati e finanziati dai paesi più arretrati del mondo, dove non esistono democrazia o diritti umani, e supportati dai paesi occidentali intenzionati ad abbattere l’unico governo della regione che osava dire no alla loro egemonia.
Dopo essersi sbarazzati dei governanti iracheni e libici, pensavano che sarebbe stato facile: “Questione di poche settimane et voilà”. A partire dalla “primavera araba”, tanto lodata dai media occidentali, i Siriani hanno vissuto in un lungo e tremendo inverno (10 anni) che ha distrutto il paese, le sue infrastrutture, un patrimonio archeologico straordinario, scuole, fabbriche, ospedali; che ha ucciso più di 400 mila persone, causato 5 milioni di rifugiati nei paesi limitrofi, 8 milioni di persone sradicate – gli sfollati interni che hanno dovuto abbandonare le loro case – e ha spinto un milione di esseri umani sulle rotte migratorie verso l’Europa e altri paesi occidentali.
Dieci lunghi anni di incubo
Da 10 anni viviamo in guerra. Sì, dieci lunghi anni. Un tempo superiore alla durata complessiva dei due conflitti mondiali del secolo scorso. Sofferenze, lutti, povertà, miseria sono diventati il nostro destino. Una vita quotidiana che è un incubo. L’infanzia dei nostri figli è stata rubata, i loro sogni adolescenziali sono svaniti ed è distrutto il futuro dei nostri giovani.
Vivevamo molto bene, prima dell’inizio degli eventi. Il nostro paese era sicuro, stabile, secolare e prospero. Certo, eravamo ben lontani dalla perfezione, ma nessuna ingiustizia, nessuna violazione dei diritti umani, nessuna riforma mancata può giustificare la distruzione della nostra patria e il sacrificio di generazioni di nostri connazionali.
Povertà dilagante, inflazione alle stelle
Sebbene da un anno non ci siano stati quasi combattimenti in Siria, nella nostra vita non esistono altro che prove e patimenti. Attraversiamo una tremenda crisi economica generata da 10 anni di guerra, dalla crisi finanziaria in Libano e dalle sanzioni che Stati Uniti e paesi europei ci hanno inflitto. Il dollaro si cambia attualmente a 4.000 lire siriane, mentre valeva 50 Ls 10 anni fa e 1.000 Ls l’anno scorso. L’inflazione è dilagante, l’aumento del costo della vita sbalorditivo.
Il 70 per cento delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà. Senza cibo, prodotti per l’igiene e assistenza sanitaria. Per sopravvivere non restano che le Ong. Confrontando i prezzi dei 10 prodotti più indispensabili, dallo scorso ottobre al 1° marzo, ci rendiamo conto che sono aumentati del 70 per cento in 5 mesi, mentre il reddito non è aumentato. Tutti diventano più poveri e sono sempre a corto di soldi.
Ci mancava la pandemia
Anche se i miei connazionali meritano il titolo di campioni del mondo di resistenza, hanno raggiunto il limite di sopportazione e aspirano soltanto a vivere normalmente e con dignità, come tutti i popoli della Terra. La pandemia Covid-19 ha peggiorato una situazione già gravissima. Tra dicembre e gennaio, abbiamo subìto una seconda ondata della malattia.
Anche noi Maristi Blu abbiamo pagato un prezzo altissimo con moltissimi i casi tra i nostri volontari o i loro genitori e anche decessi. Abbiamo sofferto molto per la morte del fratello marista Georges Hakim, uno dei nostri pilastri, dopo 15 giorni di ventilazione assistita in terapia intensiva; Margot, la nostra decana, ha trascorso dieci giorni in ospedale con l’ossigenoterapia. Anche mia moglie Leyla a dicembre e io il mese scorso abbiamo contratto la malattia. Grazie a Dio ora siamo completamente guariti.
Quante famiglie alla fame
In questo contesto di crisi e miseria noi Maristi Blu continuiamo a vivere la compassione e ad agire in solidarietà con i più svantaggiati e gli sfollati. Dal 2012 al 2018, sei lunghi e bui anni di guerra, abbiamo mensilmente distribuito cesti alimentari a oltre 1.000 famiglie per aiutarle a sopravvivere.
Decidemmo di interrompere questo progetto all’inizio del 2019 perché eravamo convinti che fosse giunto il momento per le famiglie di non dipendere più dagli aiuti delle Ong e cominciare a vivere con il frutto del loro lavoro. Purtroppo, la situazione economica attuale è talmente catastrofica che non sono più in grado di sbarcare il lunario e ci hanno implorato di aiutarle nuovamente con i pacchi di cibo. Secondo gli ultimi dati del Programma alimentare mondiale, “circa il 60 per cento della popolazione siriana non ha accesso a cibo sano e nutriente in quantità sufficiente. Quattro milioni e mezzo di persone sono entrate in questa categoria nel 2020”.
Un lavoro per i giovani
Lo scorso novembre, abbiamo quindi ripreso la distribuzione mensile dei pacchi alimentari a circa 1.000 famiglie. Ogni cesto del valore di 15 dollari può sfamare 4 persone per dieci giorni ed è equivalente all’80 per cento della retribuzione mensile media di un lavoratore. Quando decidemmo di interrompere la distribuzione dei cesti alimentari alla fine del 2018, convinti che fosse giunto il tempo per i nostri assistiti di guadagnarsi da vivere con il sudore della fronte, già da diversi anni avevamo avviato un programma di “micro-progetti”, il MIT, per insegnare ai giovani del nostro centro di formazione come creare la propria impresa e per finanziare i migliori.
È così che, negli ultimi 5 anni, abbiamo finanziato 188 microprogetti e creato un progetto di apprendistato per giovani che, con l’aiuto di professionisti, imparano un mestiere: falegname, meccanico, elettricista, idraulico, parrucchiere, eccetera. L’obiettivo di questi due programmi, micro-progetti e formazione professionale, è la creazione di posti di lavoro per aiutare i giovani a guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro, a rinunciare all’emigrazione e a non “mendicare” dalle Ong.
Soccorso agli anziani e agli sfollati
Il nostro progetto “Pane condiviso” continua a offrire a 190 persone molto anziane che vivono da sole un pasto caldo giornaliero, cucinato nella nostra sede da 10 signore e distribuito ogni giorno tra le 13 e le 14 da una ventina di nostri volontari. Visitandole, ci siamo resi conto che alcune avevano anche bisogno di aiuto per la pulizia, il bagno, il cambio del pannolone o l’assunzione dei farmaci. “Pane condiviso” ora ha un figlio: il progetto “Assistenza agli anziani”.
I volontari del progetto Colibrì continuano a prendersi cura degli sfollati nel campo Al Shahba, che si trova a 40 chilometri da Aleppo. Le nostre due visite settimanali al campo permettono di organizzare attività educative per bambini e adolescenti, curare i malati e distribuire cibo, prodotti igienici e tutto ciò che è necessario per rendere la vita di queste famiglie sfollate un po’ meno penosa. La gioia dei bambini quando arriviamo al campo è pari solo alla gratitudine dei loro genitori nei nostri confronti.
Progetti per bambini e donne
I progetti educativi per bambini dai 3 ai 6 anni “Voglio imparare” e “Imparare a crescere” hanno ripreso le proprie attività a pieno ritmo dopo parecchie interruzioni dovute alla pandemia; interruzioni utilizzate dagli istruttori per rivedere i programmi e aggiornarsi.
Continuano l’attività anche:
– SEEDS, con 25 volontari, che offre un supporto psicologico a bambini, adolescenti e adulti con tre programmi differenti;
– Heartmade, che riciclando vecchi vestiti o scarti di tessuto crea meravigliosi abiti femminili che sono modelli unici;
– Taglio e cucito, per ragazze e madri;
– Hope, per l’insegnamento dell’inglese;
– Sviluppo della donna, che offre uno spazio di convivialità e formazione per le donne;
– Goccia di latte, pe fornire una razione mensile di latte a bambini e neonati.
Continuiamo anche ad accogliere gli sfollati e a curare a nostre spese i malati indigenti.
Dall’inizio del conflitto, noi Maristi Blu abbiamo cercato di fare del nostro meglio per alleviare le sofferenze, permettere alle famiglie di vivere dignitosamente, trovargli lavoro, per lo sviluppo umano, per seminare speranza, lavorare per la riconciliazione e preparare la Pace.
L’accanimento USA e UE
I siriani sono stanchi di aspettare la fine del tunnel e poter vivere normalmente. Dieci anni. Quando è troppo è troppo! Chiediamo, a breve termine, la revoca delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea e, a medio termine, l’instaurazione della pace che dovrebbe essere raggiunta attraverso il dialogo tra siriani.
Strangolata da sanzioni europee e americane ingiuste e illegali, l’economia non si riavvia. Affermano che le sanzioni non colpiscono l’assistenza umanitaria. Però, esse impediscono il commercio e l’importazione di prodotti, bloccano tutte le transazioni finanziarie da parte di tutti i cittadini siriani e tutti i progetti di ricostruzione.
Gli effetti perversi delle sanzioni
I funzionari europei raccontano cinicamente che le sanzioni sono mirate per colpire soltanto chi è al potere e i profittatori di guerra, e non riguardano farmaci, attrezzature sanitarie o prodotti alimentari. Pura ipocrisia. Se i conti bancari di tutti i siriani sono congelati e nessun cittadino siriano può eseguire transazioni finanziarie quali trasferimenti di denaro, come possiamo acquistare i prodotti esenti?
Se conoscete aziende occidentali che accettano di fornirci prodotti gratuitamente, noi saremo acquirenti! Invece, molti prodotti sono contrabbandati dalla Turchia o dal Libano e venduti sul mercato nero a prezzi esorbitanti, impoverendo la popolazione e arricchendo i profittatori di guerra; cioè avviene esattamente il contrario di quello che sostiene pretestuosamente chi ha decretato le sanzioni.
Come se non bastasse, gli Usa hanno peggiorato le cose con il “Caesar Act” che mette sotto sanzione qualsiasi azienda al mondo osi fare affari con la Siria. In realtà, si tratta di una punizione collettiva contro la popolazione civile, che la Convenzione di Ginevra definisce crimine contro l’umanità.
L’appello ai leader mondiali
Le sanzioni servono soltanto per martirizzare la popolazione e sono assolutamente irrilevanti per la fine della guerra o la soluzione politica del conflitto. Da anni, collaboriamo con vari sostenitori per sollecitare la revoca delle sanzioni. Di recente, con i nostri amici svizzeri, francesi e inglesi abbiamo scritto e firmato una lettera aperta al presidente Joe Biden, in occasione della sua investitura il 20 gennaio, chiedendogli di revocare la sanzioni contro la popolazione siriana.
Lettere simili sono state inviate al presidente Macron, alla cancelliera Merkel, al primo ministro Johnson e al presidente della Svizzera. Queste lettere sono state firmate da 95 personalità eminenti: tre patriarchi, due ex arcivescovi di Canterbury, senatori, membri della Camera dei Lord, deputati, vescovi, sindaci, ex ambasciatori e direttori di Ong, poi fatte circolare nei media. Crediamo che potrebbero aiutare a ridefinire la strategia dei vari attori presenti nel conflitto siriano e ad abbandonare lo strumento di sanzioni inumane e illegali.
La petizione online
A sostegno delle lettere, abbiamo anche lanciato una petizione online e chiediamo a tutti i nostri amici di firmarla per chiedere la revoca delle sanzioni che infliggono sofferenze alla popolazione civile della Siria. Per firmare occorrono 30 secondi.
Papa Francesco ha appena concluso una storica visita in Iraq che, come la Siria sua vicina, ha pagato un caro prezzo per l’invasione, l’occupazione e la partizione organizzate con falso pretesto da chi impone sanzioni e pretende di dare ad altri lezioni sui diritti umani.
Papa Francesco continua a ripetere che siamo “Tutti Fratelli”. Dovrebbe essere ascoltato da coloro che trattano la Siria e i siriani come nemici.
Dr Nabil Antaki
a nome dei Maristi Blu di Aleppo
Traduzione di Maria Antonietta Carta
(www.tempi.it, 21 marzo 2021)
A questo punto vorrete saperne di più, vorrete vederci chiaro in quest’imbroglio siriano che sembra non poter finire mai e a proposito del quale tanto vi (ci) hanno disinformato e controinformato. Allora procuratevi il libro della studiosa e diplomatica Marija Chodynskaja Goleniščeva, Siria. Il tormentato cammino verso la pace, Roma, Teti, 2019, pp. 718: ne uscirete trasformati. E a confortarvi che le cose che vi avete appreso sono ben solide, ecco una Prefazione di Alessandro Politi (pp. 7-12) e un’Introduzione di Alessandro Bifolchi (pp. 13-24), due firme che, in tema di geopolitica, non hanno senza dubbio bisogno di presentazione.