Domenica 18 aprile 2020, San Galdino (“la Domenica di Emmaus”)
GLI USA, L’EUROPA, LA CINA, LA RUSSIA
Sembra che uncle Joe stia diventando anche Tiger Joe. Buona parte della stampa europea ne sembra entusiasta: soprattutto quella italiana, alcuni organi cattolici inclusi. Zio Tigre sembra al meglio della sua energia, e Wonder Woman-Kamala Harris lo sta affiancando al meglio (anzi, par quasi lo preceda e lo guidi al tempo stesso). Zio Tigre, nelle migliori tradizioni del partito democratico statunitense, è convinto che Dio abbia affidato al suo popolo il còmpito di sorvegliare affinché in tutto il mondo trionfino la Pace e la Libertà: e a questo fine elargisce patenti di buona o di cattiva (“dittatoriale”) condotta, semina missili a testata nucleare dovunque può, si preoccupa della concorrenza-ostilità cinese ma a questo fine – anziché cercar d’isolare l’avversario, come qualunque leader politico farebbe al posto suo – fa di tutto per inimicarsi il più possibile anche Russia e Iran, e magari la stessa Turchia, e in prospettiva anche l’India, in modo da costringerle ad avvicinarsi sempre di più al suo rivale.
Una politica dissennata, si direbbe. Che difatti comincia a seminare qualche dubbio, se Angela Merkel ha potuto dichiarare, in occasione della recente riunione virtuale del “Vertice europeo”, che “comunanza di valori tra UE e USA non significa necessariamente concordanza di opinioni”. Quanto ai “diritti umani”, un argomento usato da Zio Tigre come una clava, ci si chiede di quali diritti umani possa essere maestro e custode il capo di un paese dove la polizia spara impunemente o quasi sugli inermi, dove l’impoverimento cresce a vista d’occhio e i più poveri non hanno nemmeno diritto alle cure più elementari o quasi, dove si mantiene impunemente e in dispregio di tutte le leggi internazionali aperto il lager di Guantanamo ipocritamente installato in territorio straniero.
Ma di Zio Tigre e del suo prediletto strumento di politica estera, la NATO, l’Italia dell’“europeista e atlantista” Draghi sembra essere la più fedele e zelante gregaria: molto più, in ciò, di quanto non lo siano altri suoi partners europei. Del resto, è sotto gli occhi di tutti ch’essa sta ormai diventando sempre più esplicitamente un autentico “arsenale” delle forze USA-NATO. Di ciò, la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sembra non accorgersi e non curarsi. Certo, essa cambierebbe istantaneamente idea se un qualunque anche piccolo incidente di quelli che da diplomatici possono trasformarsi in militari venisse a ricordarci ciò ch’è già evidente: vale a dire che tutti noi siamo insediati lungo una vera e propria “prima linea”.
Allora: esiste davvero, e fino a che punto, una “comunanza di valori” tra USA ed Europa, come sostiene Frau Angela? E fino a che punto essa coincide con la “concordanza di opinioni”? E dove, e in che misura, e fino a che punto comunanza e concordanza divergono?
Queste ed altre cose, espresse naturalmente nel cauto ed equilibrato linguaggio che a documenti del genere conviene, sono contenute o sottintese nel messaggio che la professoressa Daniela Caruso dell’Università per la Pace (organo ufficiale dell’ONU, istituito nel 1980 e dal 2015 insediato anche in Italia con sede a Roma, in Via Nomentana) ha inviato al Presidente della Repubblica. Un documento al quale è legittimo e consigliabile aderire.
UNA LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
“Illustrissimo Presidente della Repubblica, Onorevole Sergio Mattarella,
Con profondo rammarico ma anche con grande fiducia e rispetto per la più alta carica dello Stato, Le scriviamo in un momento che ci sembra di grande turbolenza nei rapporti internazionali, così come nei giochi degli equilibri geopolitici mondiali.
La nuova amministrazione degli Stati Uniti di cui siamo stretti alleati si sta mostrando ancora più proattiva di quella precedente nel voler contrastare l’ascesa della Cina. Quali studiosi ed attenti analisti della sua realtà sociale, politica e culturale siamo molto preoccupati dalla campagna anticinese ormai lanciata da quasi tutti i media italiani e che fa da eco, amplificandola, a quella degli Stati Uniti.
Consapevoli che si discute di realtà complesse, nelle quali prima o poi l’Europa e quindi anche il nostro paese dovranno delineare le proprie politiche, ci auguriamo che esse siano quanto più possibile frutto di giudizi equi, non condizionati né condizionanti.
Consideriamo anche che la Cina ha creato ottime opportunità di sviluppo e possibilità di lavoro negli ultimi anni per tutta l’Europa. Se, ad esempio, assumiamo il dato che nel solo febbraio 2020 le esportazioni italiane verso il paese sono aumentate su base annua del 54%, ci rendiamo subito conto che queste attività hanno tenuto l’Italia in piedi in piena pandemia. A prescindere dagli aspetti economici, i nostri due paesi sono legati da rapporti antichi all’insegna della pace, del decoro e della massima amicizia. Scambi commerciali e culturali bilaterali sono sempre stati condotti nel mutuo interesse e senza tensioni, le università cinesi ed italiane insieme internazionalizzano la ricerca e costruiscono cluster di valore per la scienza mondiale. Ancora, non va dimenticato il leale soccorso che Pechino ha fornito ad un’Italia annichilita dai suoi morti; e questo accadeva solo un anno fa.
Nonostante ciò, dopo alcuni mesi e in un momento così delicato per il mondo intero, assistiamo ogni giorno alla manipolazione di notizie ed alla legittimazione del pregiudizio che, nel nostro paese – sempre così aperto e attento al dialogo interculturale – francamente preoccupano molto. Siamo davvero perplessi dall’uso acritico delle informazioni e dalle accuse mosse che spesso rimangono senza prove né fondamento.
Naturalmente, riconosciamo l’importanza del rispetto dei diritti umani così come il fatto che essi rappresentino le radici della civiltà occidentale. La loro tutela è fondamentale per ogni popolo, per questo richiede attenzione costante ed una luce sempre accesa. Eppure, una questione tanto delicata non può essere utilizzata come clava per scatenare nuove ed improbabili guerre fredde; sarebbe invece auspicabile tenere alta l’attenzione attraverso un dialogo costante ed un impegno etico globale, condotto su un piano paritario. Parlare alla Cina come se fosse una colonia occidentale, ingerendo nei suoi affari interni senza averne la titolarità, rappresenta di per sé già una mancanza di rispetto del Diritto. L’auspicio invece è che certe questioni diventino una preoccupazione condivisa sul piano della parità, dell’equità e della giustezza, e che siano basate sul principio dell’uguaglianza dei popoli e della sovranità di ogni Stato.
Siamo convinti che le informazioni diffuse contro la Cina siano più frutto di uno schieramento politico che non della necessità di offrire notizie oggettive e scientifiche su un paese politicamente e culturalmente molto complesso. Sarebbe davvero auspicabile che i media utilizzassero meglio e senza manipolarlo, ciò che il nostro lavoro riesce a produrre.
L’informazione e la politica stanno tessendo una trama pericolosa che non tarderà a riflettersi anche in tensioni sociali, così come sta già accadendo negli Stati Uniti. Tra le nostre preoccupazioni la necessità di continuare a convivere pacificamente con le numerose comunità cinesi in Italia è una priorità. Ad esse appartengono quasi sempre cittadini onesti ed operosi che non meritano di diventare oggetto di pregiudizi e mortificazioni da parte di un Paese ogni giorno più intollerante perché condizionato dalle scelte degli alleati. Al contrario, riteniamo che l’Italia possa svolgere un importante ruolo di pacificazione culturale, ponendosi in Europa come attore autorevole di mediazione. D’altra parte, allo scopo di impedire l’imbarbarimento del discorso pubblico il Senato della Repubblica ha istituito una specifica commissione nata proprio per monitorare e calmierare i fenomeni d’odio e xenofobia sempre pronti a manifestarsi.
Onorevole Presidente, il nostro paese non ha mai avuto grandi ambizioni espansionistiche (se non per un breve ed oscuro periodo) né quello dell’aggressività è un linguaggio che gli appartiene. È piuttosto un’entità politica il cui ruolo può e dovrebbe essere spiccatamente di accoglienza, condivisione e riequilibrio. Allo stesso modo la Cina è un paese grande ma pacifico che non può essere penalizzato perché dopo quarant’anni di infiniti sacrifici ha finalmente spiccato il volo. Riteniamo pertanto che ogni giudizio, discussione e critica nei suoi confronti debbano essere ricondotti su un piano di equità, attraverso la trasparenza e la veridicità dell’informazione e che qualsiasi richiamo ammissibile debba essere fatto esclusivamente dalle istituzioni internazionali preposte così come attraverso le procedure formali previste. L’Italia non può usare l’informazione per cannibalizzare né amici né nemici, perché non è nella sua natura di Paese con una profonda cultura ed una grande storia. Il nostro auspicio sincero è che i toni vengano abbassati e che, anche se la congiuntura internazionale suggerisce un triste ritorno al maccartismo, l’Italia non perda autonomia di giudizio così come le libertà di pensiero e di parola che si auspicano ricche di diplomazia, di decoro e di rispetto verso un paese che ci è amico da secoli”.
Prof.ssa Daniela Caruso, Università Internazionale per la Pace, ONU
… eppure, maiora premunt. Dite e pensate quel che vi pare, ma frattanto il nostro governo e quelli che eufemisticamente definiremo i suoi “alleati” (un tempo per essere alleati bisognava essere dello stesso livello e possedere forze confrontabili: ma, si sa, i tempi cambiano…) continuano zitti zitti a schierarci in prima linea nel Risiko che hanno deciso di giocare, e per il quale la decrepita norma diplomatica secondo al quale i patti di alleanza vanno di tanto in tanto rivisti e ridiscussi non sembra valere. Difatti…
MANLIO DINUCCI
UCRAINA, BOMBA USA IN EUROPA
Caccia F-16 Usa, inviati dalla base di Aviano, sono impegnati in “complesse operazioni aeree” in Grecia, dove ieri è iniziata l’esercitazione Iniochos 21. Essi appartengono al 510th Fighter Squadron di stanza ad Aviano, il cui ruolo è indicato dall’emblema: il simbolo dell’atomo, con tre fulmini che colpiscono la terra, affiancato dall’aquila imperiale. Sono dunque aerei da attacco nucleare quelli impegnati dalla US Air Force in Grecia, che ha concesso nel 2020 agli Stati Uniti l’uso di tutte le sue basi militari.
Partecipano all’Iniochos 21 anche cacciabombardieri F-16 e F-15 di Israele ed Emirati Arabi Uniti. L’esercitazione si svolge sull’Egeo a ridosso dell’area comprendente Mar Nero e Ucraina, dove si concentra la maxi esercitazione Defender-Europe 21 dell’Esercito Usa.
Queste e altre manovre militari, che fanno dell’Europa una grande piazza d’armi, creano una crescente tensione con la Russia, focalizzata sull’Ucraina. La Nato, dopo aver disgregato la Federazione Iugoslava inserendo il cuneo della guerra nelle sue fratture interne, si erge ora a paladina dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Il presidente del Comitato Militare della Nato, il britannico Stuart Perch capo della Royal Air Force, incontrando a Kiev il presidente Zelenskyy e il capo di stato maggiore Khomchak, ha dichiarato che “gli alleati Nato sono uniti nel condannare l’illegale annessione della Crimea da parte della Russia e le sue azioni aggressive nell’Ucraina orientale”.
Ha così ripetuto la versione secondo cui sarebbe stata la Russia ad annettersi con la forza la Crimea, ignorando che sono stati i russi di Crimea a decidere con un referendum di staccarsi dall’Ucraina e rientrare nella Russia per evitare di essere attaccati, come i russi del Donbass, dai battaglioni neonazisti di Kiev. Quelli usati nel 2014 quale forza d’assalto nel putsch di piazza Maidan, innescato da cecchini georgiani che sparavano sui dimostranti e sui poliziotti, e nelle azioni successive: villaggi messi a ferro e fuoco, attivisti bruciati vivi nella Camera del Lavoro di Odessa, inermi civili massacrati a Mariupol, bombardati col fosforo bianco a Donetsk e Lugansk. Un sanguinoso colpo di stato sotto regia Usa/Nato, col fine strategico di provocare in Europa una nuova guerra fredda per isolare la Russia e rafforzare, allo stesso tempo, l’influenza e la presenza militare degli Stati Uniti in Europa.
Il conflitto nel Donbass, le cui popolazioni si sono auto-organizzate nelle Repubbliche di Donetsk e Lugansk con una propria milizia popolare, ha attraversato un periodo di relativa tregua con l’apertura dei colloqui di Minsk per una soluzione pacifica. Ora però il governo ucraino si è ritirato dai colloqui, col pretesto che rifiuta di andare a Minsk non essendo la Bielorussia un paese democratico. Allo stesso tempo le forze di Kiev hanno ripreso gli attacchi armati nel Donbass. Il capo di stato maggiore Khomchak, che Stuart Perch ha lodato a nome della Nato per il suo “impegno nella ricerca di una soluzione pacifica del conflitto”, ha dichiarato che l’esercito di Kiev “si sta preparando per l’offensiva nell’Ucraina orientale” e che in tale operazione “è prevista la partecipazione di alleati Nato”.
Non a caso il conflitto nel Donbass si è riacceso quando, con l’amministrazione Biden, ha assunto la carica di segretario di Stato Antony Blinken. Di origine ucraina, è stato il principale regista del putsch di piazza Maidan in veste di vice-consigliere della sicurezza nazionale nell’amministrazione Obama-Biden. Quale vice-segretaria di Stato Biden ha nominato Victoria Nuland, nel 2014 aiuto-regista dell’operazione Usa, costata oltre 5 miliardi di dollari, per instaurare in Ucraina il “buon governo” (come lei stessa dichiarò).
Non è escluso che a questo punto abbiano un piano: promuovere una offensiva delle forze di Kiev nel Donbass, sostenuta di fatto dalla Nato. Essa metterebbe Mosca di fronte a una scelta che tornerebbe comunque a vantaggio di Washington: lasciar massacrare le popolazioni russe del Donbass, o intervenire militarmente in loro appoggio. Si gioca col fuoco, non in senso figurato, accendendo la miccia di una bomba nel cuore dell’Europa.
(il manifesto, 13 aprile 2021)
ALESSANDRO BEDINI
LA SPIA ITALIANA
Centottantuno tra documenti riservati e foto contenuti in una microscheda che il capitano di fregata Walter Biot, in carcere dal trenta marzo, avrebbe venduto ai servizi segreti russi. Alexey Nemudrov, addetto navale e aeronautico dell’ambasciata russa a Roma, e Dmitri Ostroukhov, impiegato nello stesso ufficio della sede diplomatica sono stati espulsi dal nostro paese in seguito al traffico di informazioni. Le accuse nei confronti dell’ufficiale di marina sono pesantissime: rivelazione di segreti militari, procacciamento di notizie segrete, esecuzione di fotografie, tutto a scopo di spionaggio, rivelazione di notizie di carattere riservato. La pena andrebbe dai vent’anni di reclusione all’ergastolo. Nella famigerata microscheda vi sarebbero in particolare nove documenti, riservatissimi, riguardanti la NATO e le operazioni militari all’estero nelle quali sono impegnati i nostri militari. Lasciando da parte ogni valutazione riguardo i capi d’accusa, spetterà gli organi competenti giudicare, alcune considerazioni però vale la pena farle. La prima domanda è: come mai un “semplice” capitano di fregata, avrebbe accesso a informazioni tanto riservate? Non esiste forse una precisa gerarchia per poter disporre di documenti altamente sensibili? Inoltre agli avvocati difensori non è stato permesso di prendere visione di quella microscheda che inchioderebbe il capitano Biot, il che lede palesemente il diritto alla difesa sancito dalla nostra Costituzione. Come può un avvocato difendere il proprio cliente se non conosce la documentazione relativa ai capi d’accusa? Inoltre la somma percepita dall’ufficiale per i suoi servigi ammonterebbe a cinquemila, dico cinquemila euro. Per una somma del genere il capitano Biot avrebbe potuto giusto vendere un elenco telefonico. Ma tant’è. Il nostro paese, lo si sa, anche se nessuno o quasi vuole ammetterlo, non è un paese sovrano, nel senso schmittiano della definizione, ovvero in grado di decidere autonomamente sullo stato di eccezione. Dipendiamo insomma da decisioni che vengono assunte in altre sedi, segnatamente oltre Atlantico. Ospitiamo, si fa per dire, un centinaio di basi militari a tête américaine e questo condiziona ogni nostra iniziativa, specialmente in politica estera. Un esempio? L’ Italia ha acquistato dall’americana Lockheed Martin alcune decine di cacciabombardieri F35 al modico prezzo di quattordici miliardi di euro. Ma c’è un piccolo particolare: tutta la parte elettronica, di puntamento di controllo del terreno e delle banche dati è legata al centro di controllo di Fort Worth, nel Texas. Quindi se gli americani non vogliono una determinata operazione possono ostacolarla. A proposito di sovranità nazionale. In sintesi si fa fatica a credere che informazioni al massimo grado strategiche siano facilmente accessibili anche a chi non ricopre cariche di vertice nei servizi italiani, ammesso e non concesso che anche loro possano venirne a conoscenza. Non dimentichiamo che siamo sudditi… pardon membri della NATO. Vuoi vedere che quando c’è di mezzo la Russia del Presidente Vladimir Putin le questioni diventano ancor più gravi di quanto non lo siano davvero? L’attività spionistica esiste da che mondo è mondo, non occorre aver letto i romanzi di John Le Carrè per saperlo, è ovvio che se lo spione di turno viene pizzicato paga il fio. Fa parte del gioco. Quello che colpisce, tuttavia, è che accreditati opinionisti e figure istituzionali di alto livello, mi riferisco in particolare ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.) nonché consigliere del Ministro della Difesa e Giampiero Massolo, presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e diplomatico di carriera, durante un talk show di qualche giorno fa, riferendosi al caso Biot, abbiano indicato la Russia come nemico. Il capitano di fregata insomma avrebbe venduto documenti riservati a un paese nemico, hanno sostenuto i due, un’affermazione molto grave. A quale logica risponde una simile denuncia? Non risulta che la Russia abbia dichiarato guerra al nostro paese, né che abbia intenzione di farlo. Ha forse minacciato di bombardare qualche nostra base militare? O di invadere il nostro paese? perché un nemico dovrebbe fare questo. Niente di tutto ciò! Anzi, l’Italia dipende per il 40% dalle forniture di gas naturale provenienti dai giacimenti della Siberia e l’ENI fu la prima società occidentale a stringere accordi commerciali con l’allora Unione Sovietica. Le relazioni commerciali tra il nostro paese e la Federazione Russa ammontano a ben sei miliardi di euro all’anno, nonostante che l’odioso regime sanzionatorio nei confronti della Russia penalizzi fortemente le aziende italiane nel quadro dell’import-export. Con un nemico non si fa di certo un simile volume d’affari! Al contrario, chiuderebbe i rubinetti del gas e ci lascerebbe al freddo. Come minimo. E allora? Si sa, a pensar male si fa peccato, diceva il divo Giulio, ma ci si azzecca. Ebbene non è peregrino pensare che il caso Biot rientri in un gioco molto più ampio, ovvero in quella strategia dell’accerchiamento che NATO e Stati Uniti stanno da tempo mettendo in atto nei confronti della Russia. Un’ostilità che ha fatto recentemente dichiarare al presidente USA Joe Biden che Putin è un assassino, toni simili non si erano mai sentiti neppure durante i periodi più bui della guerra fredda. Ecco che la Russia diventa un nemico e l’improvvido ufficiale di marina una pedina da giocare sullo scacchiere di una rinnovata guerra fredda che vede in prima fila il democratic party salito al potere negli Stati Uniti con il duo Biden-Harris, come da consolidata tradizione. Per la cronaca dopo l’espulsione dei due diplomatici russi, il presidente Putin ha rinunziato a qualunque ritorsione nei confronti dei nostri diplomatici a Mosca.