Minima Cardiniana 324/3

Domenica 25 aprile 2021
IV Domenica dopo Pasqua (Domenica “del Buon Pastore”)
Festa di San Marco Evangelista

FIORENTINATE
A PROPOSITO DI “QUER PASTICCIACCIO BBRUTTO DE COSTA SAN GIORGIO”
Eccoci a un’altra Sceneggiata Fiorentina. Nella Città del giglio, ch’è anche la Città di Stenterello, ci siamo abituati. L’Italia è una repubblica democratica parlamentare fondata sulla demobilitazione sociale e quindi sulla disinformazione. Abbiamo istituzioni di governo centrali e periferiche, istituzioni amministrative, partiti politici e una grande gamma di media: eppure siamo sempre, cronicamente, disinformati. Colpa senza dubbio di noialtri governati, che siamo distratti e approssimativi; ma forse anche di coloro che a vario livello di governano, ci dirigono e ci condizionano, i quali tutto sommato amano molto la nostra distrazione che permette loro libertà altrimenti impensabili.
Piano regolatore generale, circolazione, destinazione d’immobili non usati e spesso nemmeno restaurati eccetera: le grane, se e quando escono alla luce del giorno, sono infinite. Come quella dell’ex caserma del Corpo Medico Militare ed ex convento di San Giorgio, un gioiello in rovina, da tempo proprietà demaniale, sito in un angolo di Firenze tanto bello e pittoresco quanto ormai fatiscente ed esposto a tutto, dalle frane alle speculazioni.
Un’associazione di cittadini ha lanciato l’allarme: vuoi vedere che qui, zitti ziti, si sta consumando un grosso
business privato all’insaputa dei cittadini? Circola al riguardo un documento. L’ho firmato anch’io, che a quell’associazione non appartengo ma che ritengo sia opportuno sorvegliare per impedire abusi e speculazioni illegittime.
Ho diffuso una “lettera aperta” al sindaco di Firenze. In fondo, lui è il mio sindaco e io sono un cittadino anziano, un oltrarnino DOC, per quanto ormai i casi della vita e le mie modeste finanze mi abbiano costretto a ritirarmi a Bagno a Ripoli. E poi siamo vecchi amici.

MINILETTERA APERTA DI FRANCO CARDINI AL SINDACO DARIO NARDELLA…
Carissimo Dario,
che vuoi farci, ogni tanto scoppiano delle grane. A Firenze, e di questi tempi, poi… Qualcuno ti ha detto: “L’hai voluta la bicicletta? E allora pedala!”. Non mi allineo sul parere di questi ciclofili. Quella bicicletta, qualcuno doveva pure inforcarla. E tu sapevi quel che sapevi quando l’hai fatto, ti aspettavi ringraziamenti e contumelie, auguri e anatemi, gioie e dolori, onori e disonori, osanna e crucifige. Sta scritto che solo chi non fa non sbaglia, ma nella nostra bella città non è vero nemmeno quello: a fare o a non fare, si sbaglia sempre.
La “variante”, pare per il momento solo “adottata”, preoccupa me non meno di tanti altri. Io sono nato al confine tra i rioni di porta Romana e di San Frediano, a un tiro di sasso da quella strana, bellissima Via del Ronco oggi mozza ma dalla quale si accedeva un tempo direttamente al giardino di Boboli, quasi di fronte alla Vasca dell’Oceano e poche decine di metri a sinistra della splendida Limonaia, molto più bella – ebbene, sì – della celebratissima orangerie delle Tuileries. Tutto quello che succede in quel fazzoletto di terra, in quel giardino incantato e nelle sue adiacenze, tocca direttamente me e la mia infanzia, i miei ricordi, tutta la mia vita. Qui si parla di una fetta dell’Oltrarno ch’è un’autentica meraviglia, un tesoro inestimabile, e che da Porta Romana fiancheggiando Palazzo Pitti e i Viali dei Colli arriva dritta fino a San Miniato e a San Niccolò. Capisco che ci sia chi ambisce a utilizzarla per vacanze di sogno adatte agli happy few. Mi rendo conto che sarebbe un business arcimiliardario e che tanta ricchezza così mobilitata avrebbe una discreta ricaduta anche sulla città nel suo insieme. Mi pongo però un serio problema del rapporto costi-ricavi. E i costi, esattamente come i ricavi, non sono mai soltanto economici o finanziari.
Non ti chiedo di non farne di nulla. Anche perché so bene che non mi staresti a sentire e che non potresti farlo nemmeno se tu volessi. Ti dico soltanto: ripensiamoci, valutiamo, discutiamo. Magari siamo davanti a una di quelle occasioni che capitano una sola volta nella vita: a un taxi che passa una volta sola. Non ti chiedo di farlo saltar per aria. Ti chiedo solo se non c’è un mezzo per farlo ritardare un po’. Magari invitandolo a un diversivo, a una bella ma tortuosa passeggiata sulle nostre belle colline con vista sui panorami mozzafiato che tu ed io ben conosciamo.
Con affetto, tuo FC

…E PRONTA RISPOSTA DELL’INTERPELLATO…
Caro Franco,
la tua lettera parla di un pezzo di città che tutti amiamo, il giardino di Boboli. A fianco c’è la ex caserma Vittorio Veneto, chiusa da oltre 25 anni e in stato di grave abbandono. Un patrimonio storico-artistico che se non recuperiamo a breve sarà perso per sempre.
Si tratta di un luogo che non è mai stato accessibile alla città, nato come convento e infine utilizzato come caserma dal Ministero della Difesa, che nel 2014 lo ha alienato a un privato con l’autorizzazione della Soprintendenza, trattandosi di un bene demaniale vincolato.
Per recuperare un bene di tale valore, non era possibile stabilire a priori le destinazioni d’uso, e per questo fu deciso di imporre al privato l’espletamento di un concorso internazionale di idee per individuare le funzioni compatibili. Il concorso, con i suoi primi tre classificati, ha individuato nella funzione ricettiva quella più adeguata ad essere accolta nel complesso. A valle del concorso, sono stati portati avanti studi approfonditi da parte del privato insieme alla Soprintendenza e alle direzioni del Comune.
È un percorso che in questi sei anni non abbiamo mai tenuto nascosto, ma è sempre stato condiviso sia pubblicamente sia con il Consiglio comunale, che ha adottato la variante lo scorso giugno, e all’interno del quale tutti i cittadini singoli e associati hanno potuto presentare le proprie osservazioni che il Consiglio comunale esaminerà puntualmente. Dopo sei anni di ‘pensieri, valutazioni e discussioni’, indugiare ancora significherebbe assistere alla definitiva rovina di un luogo magico accanto a due dei luoghi più belli del mondo: Forte Belvedere e il Giardino di Boboli. Il collegamento tramite cremagliera tra questi due poli di interesse non verrà peraltro realizzato: si trattava di una proposta avanzata dal privato, che l’avrebbe sostenuto economicamente, previe indagini sulla fattibilità, rendendo questo collegamento fruibile a tutti; ma lo stesso privato non ha poi proceduto in questo senso.
In vista dei nuovi strumenti urbanistici, abbiamo inoltre dato il via ad un nuovo percorso di partecipazione – “Firenze Prossima” – a cui invito tutti a partecipare: è ora che dobbiamo immaginare la città del futuro e chiunque può farlo portando il proprio contributo sulle grandi scelte che ancora ci attendono. Costruiamo insieme, piuttosto che demolire ciò che invece aspetta di rinascere.
Dario Nardella

…CONTESTATA PERÒ DALL’ASSSOCIAZIONE IDRA
Dopo la risposta di Dario Nardella alla lettera di Franco Cardini (entrambe pubblicate sul quotidiano “La Nazione”), ecco la replica dell’Associazione Idra promotrice del documento di denunzia:

NARDELLA SU COSTA S. GIORGIO: REPLICA INCONSISTENTE A CARDINI. PAROLE IN LIBERTÀ, SMENTITE DAGLI ATTI E DAI FATTI
Privi di corrispondenza con la realtà gli argomenti con cui il sindaco di Firenze Dario Nardella si difende oggi, su “La Nazione”, dal garbato e fermo j’accuse dello studioso fiorentino Franco Cardini, che sul pasticciaccio brutto del resort negli ex conventi di Costa San Giorgio ha raccolto l’appello dei cittadini suggerendo “ripensiamoci, valutiamo, discutiamo”.
Le parole del sindaco sono smentite dagli atti.
Una variante urbanistica a dir poco lasca ha accordato al privato, a ridosso di Boboli, una monocultura alberghiera (86% turistico-ricettivo +5% direzionale), mentre la stessa procedura concorsuale preliminare alla definizione delle nuove destinazioni d’uso, come previsto dal Regolamento urbanistico, esigeva la formulazione di un concept “caratterizzato da un adeguato mix funzionale”. Può mai un turistico-ricettivo-direzionale al 91% definirsi un “un adeguato mix funzionale”?
Quel concorso internazionale, peraltro, è stato lasciato al 100% nelle mani del privato, dalla formulazione del bando alla valutazione degli elaborati prodotti. Ed è stato così trasparente che la stessa direzione urbanistica risponde a Idra di non disporre di tutti i sedici concept prodotti, ma solo dei tre vincitori (ottenuti dall’associazione – che li sta analizzando – dopo mesi di solleciti, e solo grazie all’intervento del Difensore civico della Toscana). E dire che la stessa arch. Silvia Viviani, intervenuta a novembre per conto della proprietà del complesso della ex caserma nel corso di un’audizione in Commissione consiliare Urbanistica, aveva dichiarato: “Una volta che noi abbiamo finito quel lungo percorso che ci ha portato per tre anni a lavorare e a produrre moltissimi tipi diversi di approfondimenti, di elaborati, di studi, di analisi, e di componenti progettuali, alla fine […] abbiamo lasciato correttamente nelle mani dell’Amministrazione tutte queste elaborazioni e l’Amministrazione […] ha fatto proprio tutto questo materiale”. Secondo i rappresentanti della proprietà quel materiale non solo è “di piena titolarità dell’Amministrazione comunale”, ma addirittura meritevole di un palcoscenico pubblico. “Io avevo proposto – ha spiegato in Commissione l’arch. Viviani – che in realtà a un certo punto nella raccolta degli esiti delle procedure concorsuali via via per questi patrimoni in città forse l’Amministrazione aprisse, come dire, uno spazio-archivio anche consultabile, perché i contributi che hanno dato i tanti professionisti che si sono misurati via via con queste procedure concorsuali sono contributi che sono piuttosto interessanti”.
Che fine hanno fatto quegli elaborati?
Quanto alla cremagliera, si badi bene, non è assolutamente scomparsa dall’orizzonte, perché la scheda della variante adottata rimanda semplicemente ad “apposito separato atto” la soluzione per i percorsi di collegamento del complesso alberghiero con la città limitrofa, in particolare con il Giardino di Boboli e con il Forte Belvedere. Percorsi che sono programmati come condizioni caratterizzanti il progetto di intervento. Potrebbe trattarsi dunque di una cremagliera, di una funicolare, di un tunnel, di una funivia…
Più che mettere paletti pubblici, Palazzo Vecchio sembra aver spalancato pertanto porte e finestre. E non è detto che sia la soluzione migliore. In ogni caso, perché non discuterne, visto che la popolazione – con buona pace delle ottimistiche convinzioni del sindaco – è ignara di tutti i dettagli della variante?
E qui veniamo all’altro punto, ai fatti. Il sindaco Nardella dovrebbe considerare con senso di responsabilità politica il peso e il valore delle oltre 1000 firme (677 delle quali nell’Oltrarno, tutte corredate dai dati di un documento di identità) raccolte per richiedere un percorso di trasparenza e di dibattito pubblico. Queste centinaia di cittadini non si sono evidentemente accorti dei contenuti di una ipotesi di intervento che, come lo stesso sindaco ammette, ha visto ‘sei anni di pensieri, valutazioni e discussioni’, e più cambi di scenari. E forse non è solo colpa loro se l’informazione manca. Dei trenta giorni concessi a luglio dell’anno scorso (in pandemia) per le osservazioni sulla variante, Palazzo Vecchio non ha dato notizia neppure con un comunicato stampa. Nel frattempo, la Giunta aveva ben provveduto a sottrarre il procedimento a quella elementare valutazione ambientale che – come il direttore degli Uffizi ha evidenziato – sarebbe stata quanto meno opportuna.
Sei mesi massimi di trasparenza, dunque, non guasterebbero: si tratta di un percorso normato da una legge regionale sulla partecipazione, la 46 del 2013, fiore all’occhiello di Palazzo Strozzi Sacrati in tutta Italia. E il progetto presentato da Idra è già pronto per partire: è stato ammesso e pre-finanziato l’11 febbraio dall’Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione “in ragione della rilevanza dei temi affrontati e della loro corretta impostazione metodologica”.
A ben pensarci forse, allora, una sola posizione dignitosa ha espresso negli ultimi mesi in questa vicenda la giunta di Palazzo Vecchio (che vanamente i cittadini hanno cercato di contattare con lettere, Pec e telefonate per un incontro, un dialogo, una collaborazione…): il silenzio. Delegando a un amministrativo – come ha fatto un evanescente assessore alla partecipazione e alla cittadinanza attiva – di rappresentare ai cittadini il diniego politico alla partecipazione. Dal Segretario generale del Comune Idra attende peraltro una risposta alla lettera con cui ha chiesto graditi chiarimenti nel merito degli argomenti portati a motivazione del respingimento.

…E IL TUTTO GLOSSATO DALLA LETTRICE DONATELLA DAMIANI
Egr. Prof. Cardini, ho letto un articolo relativo alla lettera che lei ha inviato al Sindaco, che condivido. Il problema però non è solo relativo al Sindaco, alla Costa di San Giorgio e a come vengono fatte le modifiche al regolamento urbanistico della città. Più in generale il problema è che il Governo si dovrebbe preoccupare della tutela del patrimonio italiano ponendo un vincolo alla vendita di beni di interesse nazionale, anche privati di particolare pregio, e di consistenti porzioni di territorio. A mio avviso, non è solo un problema di costi/ricavi ma, fondamentalmente, un problema di portafoglio. Se non vogliamo finire ancora più poveri e ospiti a casa nostra, dovremmo porre un limite all’acquisto di beni e di territorio italiano da parte di soggetti non cittadini italiani di non oltre il 49%. Venezia, Firenze, Forte dei Marmi, Viareggio Margherita di Savoia, l’isola di S. Clemente insegnano. Alla fine, come Fantine che vende i capelli e i denti, ci venderemo un Tintoretto o un Piero della Francesca: ne abbiamo così tanti che il mondo ci fa la posta! Né l’impossibilità di gestirlo può essere ragione per dismettere un patrimonio. Distinti saluti.
Donatella Damiani

Insomma, come dice Marco Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare alla fine della sua orazione dinanzi al cadavere del Dittatore assassinato: “Ora, o malanno, tu sei combinato!”. Spero che l’amico Dario mi perdonerà pwer aver suscitato questo vespaio: d’altra parte, prima o poi il bubbone sarebbe scoppiato da solo. E poi, non è deto sia unbubbone: magari è solo un foruncolo. E infine, oportet ut scandala eveniant. Il problema esiste. L’edificio ex-conventuale, ex-militare, non poteva esser lasciato a se stesso; il privato che l’ha acquistato può averlo fatto anche in una prospettiva di speculazione e dunque di guadagno – che in un sistema politico come il nostro è legittima, se nel solco delle leggi –, ma con ciò stesso si è assunto anche delle responsabilità nei confronti dell’amministrazione e della cittadinanza. Un monumento-documento come quello acquistato non è uno scherzo: quanto tempo e quanto denaro occorreranno per restaurarlo? Sulla base di progetti già completati e approvati? Un tempo i progetti di costruzione o di restauro usavano venir presentati alla cittadinanza, si usava esaminarli e discuterli pubblicamente: quando arriveremo a questa fase dell’impresa di restauro e di risanamento? E la destinazione? Firenze è una grande città d’arte: ha fame e sete di spazi deputati all’ospitalità, e mi rendo conto che non sia il caso di abbandonarci a sogni romantici. Occorrono capitali da investire e rischi da assumersi. Certo, nessuno proporrà che quello spazio sia adibito a ostello per la gioventù o a “spazio per la cultura”. Qualcuno ci guadagnerà: ma dovranno essere rispettati i diritti pubblici, quelli comunitari, la ridistribuzione della ricchezza, la trasparenza in termini di costi, di ricavi, di destinazione di spazi, di calcolo dei tempi. La notizia, data dal sindaco, di un’opera che l’acquirente avrebbe costruito a sue spese per mettere al servizio del pubblico salvo poi rimangiarsi offerta e promessa, è molto grave: non si può passar sopra a una cosa del genere. Ma i partiti e i consiglieri comunali e circoscrizionali che ci stanno a fare? Latitano? E la stampa cittadina? O vogliamo aspettare che intervenga la magistratura, come accadrà prima o poi perché in questi casi accade sempre così? O per muovere le acque bisognerà che qualche cittadino si rivolga a quelli che in Italia sono diventati ormai gli unici efficienti Tribunali d’istanza urgente, vale a dire Le iene e Striscia la notizia? O saremo costretti ad aspettare la D’Urso e la Ferragni?
Quanto al vendere i gioielli di famiglia, come lamenta la signora Damiani, in Italia siamo già un bel pezzo avanti. Un modesto suggerimento ai nostri amministratori e ai nostri politici: perché non vi studiate la prassi usata negli Anni Sessanta dal deprecato governo del dittatore Francisco Franco in Spagna? Lì vennero salvati in pochissimo tempo con leggerissimo aggravio del pubblico bilancio importanti immobili storici e artistici convertendo conventi e castelli, a spese d’imprenditori in maggioranza stranieri e senza alienare la proprietà di pubblici beni, in
Paradores de Turismo.