Minima Cardiniana 326/1

Domenica 9 maggio 2021, VI Domenica di Pasqua

EDITORIALE
DON MILANI E IL RINASCIMENTO DELL’EUROPA. “IL SUO I CARE DIVENTI IL NOSTRO MOTTO”
Dalla tornata fiesolana dello “Stato dell’Unione”, e dall’appropriata sede dell’Istituto Universitario Europeo, ci sono giunte il 7 maggio scorso le lodi all’Italia e a Firenze della Presidentessa della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che tutti apprezziamo per il tatto, la misura, la sobria e raffinata eleganza.
Se l’Unione Europea fosse qualcosa di più e di diverso di un’associazione cooperativa economico-tecnologico-finanziaria, se fosse cioè una Federazione o Confederazione politicamente sovrana, sarebbe bello poter parlare di lei come della vera e propria leader della comune patria europea.
Nell’attesa – che sarà lunga… – di poterlo fare, è stato apprezzabile, quasi commovente, che ci abbia parlato di Barbiana, di don Milani e del suo I care, aggiungendo che le piacerebbe come motto dell’Europa. Un motto che certo è stato inflazionato e svalutato da troppi politici e influencer, ma che resta tuttavia nobilissimo. Qualcuno ha osservato che esso sia il rovesciamento del “Me ne frego!” fascista. Forse non è proprio così: quel motto, che proveniva dall’arditismo, era una sfida strafottente ma che tuttavia voleva indicare la disponibilità a sacrificarsi senza esitare per la “patria”, cioè la comunità nazionale cui apparteniamo, incuranti di tutto il resto. I care, in un modo più adeguato ai nostri tempi che non sono più quelli del nazionalismo di cento anni or sono, invita comunque non solo alla solidarietà, ma a qualcosa di più profondo: uscire dalla mentalità generalizzata dei soli diritti e accedere di nuovo a una coscienza comunitaria fondata anche sui doveri. E doveri che oggi debbono andare al di là di un “Prima gli italiani!” (o “Prima gli europei!”), perché tutto il mondo è diventato un’astronave un po’ avariata sulla quale siamo imbarcati tutti insieme. E bisogna cercar di salvarci tutti. Può esser questa la base di un “nuovo Rinascimento”? La signora Von der Leyen onora Firenze come la città dalla quale decollò la nuova Europa del Quattrocento, quella che seppe egemonizzare tutto il mondo con le sue arti e la sua cultura. E anche con le sue navi e con i suoi cannoni. Ma quel Rinascimento si è chiuso. Quale potrebb’essere il contenuto di un Rinascimento a misura del XXI secolo?
Forse è proprio l’I care, la chiave di una possibile nuova Modernità adatta non alla globalizzazione nascente, che furono gli imprenditori, i mercanti, gli umanisti fiorentini più di altri a inventare, bensì ai tempi d’oggi. Imparare a riscoprire il senso della comunità umana al di là di egoismi che sono diventati mostruosi; imparare a riscoprire il bello di una vita che torni a basarsi sull’Essere, non più sull’Avere, ad avere altri scopi oltre il guadagno e la volontà d figurare nella “società dello spettacolo”. Da certi giovani che si sono dati a un volontariato attivo e concreto e che sperimentano modi nuovi di vivere insieme con sobrietà e allegria ci viene forse un insegnamento. Che starà a noi interpretare. Ricordando che non è soltanto il mondo che ha bisogno di noi. Siamo noi ad aver bisogno di lui.