Minima Cardiniana 327/2

Domenica 16 maggio 2021, Ascensione del Signore

EDITORIALE
“SE TI DIMENTICO, GERUSALEMME…”
Mi guardo bene dal farne un caso personale e da ridurre la grandezza degli eventi alle mie miserabili dimensioni, ma quel che accade a Gerusalemme riguarda sempre tutto il mondo. E riguarda me da quando, bambino, seguivo ogni venerdì di Quaresima per mano alla nonna le strade immaginarie di una città che non avevo mai visto, la Via Dolorosa dalla Fortezza Antonia al Calvario; da quando ragazzo percorrevo le strade di una polverosa città araba dell’Ottocento rivissuta nelle pagine di René de Chateaubriand.
Netanyahu ha vinto le elezioni, ma non ha i numeri per continuare con sicurezza a fare il premier ed è tallonato stretto dalla corte suprema perché è un ladro. Allora ha pensato bene di tornare all’assalto dell’opinione pubblica provocando gli sfratti dei palestinesi dalle case di Cheikh Jarrah e da quelle attorno alla spianata delle moschee.
I poveri sfrattati avrebbero dovuto capire che non c’è nulla da fare, invece hanno reagito: e gli estremisti palestinesi sono a loro volta caduti nella trappola (ci cadono continuamente) quando, come nel caso dei propagandisti di Hamas, non hanno colto la palla al balzo per cacciarsi a spintoni i loro poveri compatrioti. Da una parte un gruppo di potere senza scrupoli, che strumentalizza la più tragica e dolorosa storia recente e che ha tutto il mondo “che conta” a spalleggiarlo; dall’altra una banda di avventurieri fanatici con tanto di pelo sullo stomaco; nel mezzo, due-tre milioni (e ormai anche più) di poveri disperati senza patria, senza lavoro, senza passaporto, chiusi tra muri di democratico cemento e grovigli di umanitario filo spinato, ignorati da tutti perché non servono a nessuno e sono d’impiccio a molti.
Risultato: la polizia israeliana infierisce contro i palestinesi di Gerusalemme, e l’opinione pubblica mondiale non osa alzare un dito. Interviene Hamas, che sfrutta l’indignazione dei palestinesi di Gerusalemme, di Cisgiordania e di Gaza che si sentono isolati e sperano solo di poter svegliare l’opinione pubblica mondiale con il loro martirio. Ma la loro azione è intesa dalla suddetta opinione pubblica solo come l’ennesimo atto di antisemitismo: e Israele “ha il diritto di difendersi”, lo hanno dichiarato all’ONU e alla NATO, lo hanno ripetuto da noi Letta e Salvini. Quelli di Hamas sparano i loro petardi ormai più nemmeno made in Iran: ormai li fanno anche da soli, e un po’ si vede. Fuochi d’artificio inutili a quasi tutti, utili soltanto alla propaganda sionistico-fondamentalista. Sappiamo bene che il sistema “Iron Dome”, pur colto sulle prime di sorpresa, li intercetta quasi tutti. Non tutti: qualcuno deve pur far qualche morto, e pochi sono più che sufficienti perché tutto il mondo cominci a starnazzare (pochi di parte israeliana: gli altri non contano, non interessano, non si capisce nemmeno che cosa vogliono e poi comunque se la sono voluta). Ai razzi di gente che non ha nemmeno vere e proprie forze armate, Israele risponde con l’aeronautica: e per ammazzare tre capi palestinesi (non si sa di che livello e di quale responsabilità) ammazza anche dei bambini: che importa? Non protesterà nessuno. Razzi sparati da “edifici di civile abitazione” (sic) contro reattori ultimo modello: è la pietra di David contro la smisurata lancia di bronzo di Golia, solo che stavolta vince Golia.
Tutti parlano della “pioggia di missili su Israele” senza vedere (non vogliono farlo) che missili contro aerei equivale a sassi contro cannoni. Intanto Gerusalemme, con un gioco di prestigio, scompare dai nostri video sostituita da un’Israele minacciata (dove si minimizza il pogrom in tutti i centri urbani contro gli stessi cittadini israeliani arabi, che sono il 16,5% circa della popolazione dello stato ebraico): e si arriva all’impudenza di “ignorare” gli stessi comunicati del patriarcato latino.
Questa ultima “insorgenza” palestinese accelererà il processo che già Trump aveva autorizzato contro le Nazioni Unite e le leggi internazionali, e che Biden non si sogna nemmeno di fermare: la progressiva fagocitazione metro per metro di quel che resta della Gerusalemme palestinese e della Palestina ormai abitata da apolidi che non hanno nemmeno di uscire dalla loro prigione e dei quali l’ONU non si cura (altro che “fermare la violenza”, come se essa – che purtroppo c’è da entrambe le parti – fosse esercitata alla pari fra gli uni e gli altri!).
E allora, ripassiamo la lezione. Qual è la formula liturgica di ogni 27 gennaio? “Ricordare affinché tutto ciò non accada mai più”. Intanto, si fa un altro passo avanti sulla via della soluzione finale del problema palestinese; e magari anche su quella dell’aggressione all’Iran auspicata da Netanyahu, sostenuta da Biden, aspettata dal re dell’Arabia saudita (quello del “nuovo Rinascimento”: ricordate?).
Fine della comica. Risate in sottofondo, cala il sipario (FC)